Lo strano concetto di ‘sostenibilità’ della Commissione Ue

DISCLAIMER: Le opinioni espresse in questo articolo riflettono unicamente la posizione personale dell'autore/autrice.

Avvio del semestre europeo 2022, 24 novembre 2021

Il 24 novembre scorso la Commissione Europea ha pubblicato la Annual Sustainable Growth Survey per il 2022, che ogni anno fissa gli obiettivi di sostenibilità della Ue.

Un concetto, quello della sostenibilità, che non può più essere, come negli anni Ottanta (quando si diffuse pubblicamente grazie al Rapporto Bruntland delle Nazioni Unite) semplicemente intesa come giustizia intergenerazionale. Oltre alle considerazioni relative alla necessità di lasciare alle generazioni future lo stesso stock di risorse a disposizione delle generazioni presenti, esistono considerazioni anche di sostenibilità orizzontale, connessa alla giustizia distributiva, sociale (inclusività), ed altre ancora.

Il tutto, in un contesto fortemente evolutivo, caratterizzato da costose ma inevitabili transizioni verso un’era sempre più digitale ed attenta alle ragioni dell’ecosistema; alla necessità di declinare il concetto di resilienza così da includerne gli aspetti economici, sociali, culturali; alla crescente urgenza di produrre beni pubblici globali innovando i sistemi di scelta collettiva a livello internazionale.

Naturalmente (ed è invece su questi che la Commissione sembra porre maggiormente l’accento) anche alla sostenibilità finanziaria dei conti pubblici, in gran parte legate a riforme strutturali richieste agli Stati membri. Un’allusione preoccupante al rigore finanziario che, pur essendo chiaramente cruciale per la tenuta dell’euro e dell’intera Ue, non può essere dissociato dal tema della crescita, del finanziamento dei beni pubblici a vari livelli di scelta collettiva, della giustizia sociale, dell’occupazione, del finanziamento delle transizioni digitale e verde e dei cambiamenti strutturali che esse richiederanno per evitare il disagio sociale.

Il tema esplicitamente affrontato dal documento è come implementare le priorità fissate per il 2022 nel quadro semestre europeo. E scopriamo che le indicazioni della Commissione sono per una visione articolata della ‘sostenibilità competitiva’ in quattro sezioni/priorità: sostenibilità ambientale, produttività, giustizia, stabilità macroeconomica. Tutti obiettivi meritevoli, sia chiaro. Ma che rischiano di entrare in conflitto fra loro, esattamente come è stato negli ultimi decenni.

E allora ci pare che vi sia un solo modo per far si che quei quattro fattori non siano fra loro in contraddizione: inserirli in una cornice istituzionale e di governance che non faccia prevalere la stabilità macroeconomica sulla crescita. Che quando si parla di transizione ecologica non ci si affidi solo ai fondi del Recovery Plan, che come ben sappiamo può solo avviare una transizione verde che richiede ben altri investimenti, in un ordine di grandezza che Ursula von der Leyen si era lasciata sfuggire nelle scorse settimane pari a circa 600 miliardi l’anno! Mentre il Recovery destina meno di 300 miliardi in 6 anni a quell’obiettivo.

E poi si legge nel documento: “la dimensione sociale deve essere al cuore dell’ambiziosa agenda verde della Ue”. Con quali risorse? Lasciate a scelte di bilancio decentrate a livello nazionale? Quando i singoli Stati membri devono contemporaneamente perseguire l’obiettivo della stabilità macroeconomica? Gl’impegni non credibili sono sempre un boomerang.

La verità è che esiste un solo modo per rendere questo documento una guida seria per indirizzare la politica economica degli Stati Ue per il prossimo anno: rendere strutturale uno strumento di spesa collettiva per gl’investimenti in queste priorità. Fintanto che si continuerà, in Europa, a voler fare le nozze coi fichi secchi, il processo d’integrazione sarà destinato a veder erodere il consenso faticosamente guadagnato negli ultimi mesi con la reazione delle istituzioni europee alla pandemia. Non possiamo più permetterci di guardare indietro; serve il coraggio di andare avanti. Rendere permanente uno strumento d’investimenti collettivi è il passo necessario nella giusta direzione.