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Roma, 1 luglio 2012

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Leader politici, opinion makers, investitori ed imprenditori hanno tirato un sospiro di sollievo. Dopo 26 vertici europei conclusi con un nulla di fatto o con decisioni di corto respiro incapaci di far fronte all'emergenza della crisi, i capi di Stato e di governo dell'UE, nella formazione a 27 ed in quella più ristretta a 17 hanno adottato misure che non riguardano solo il breve termine ma che toccano elementi importanti della governance dell'unione monetaria. Gli accordi raggiunti fra i 27 sono, come è normale per la maggior parte delle conclusioni dei Consigli europei, di natura politica e dovranno ora essere tradotti in testo di diritto su proposta della Commissione e su decisione del Consiglio e del PE o sulla base di cooperazione rafforzate.


In breve sintesi, gli accordi presi dal Consiglio europeo che dovranno essere adottati a breve termine riguardano la sorveglianza unica sugli istituti di credito che sarà affidata alla BCE, la ricapitalizzazione delle banche da parte del Fondo Salva-Stati, il cosiddetto scudo antispread per consentire prima al meccanismo provvisorio EFSF e poi al Meccanismo europeo di Stabilità di acquistare titoli di Stato dai paesi “virtuosi”, una tassa sulle transazioni finanziarie entro la fine dell'anno nel caso in cui sarà raggiunto un accordo fra almeno nove paesi per introdurre una cooperazione rafforzata.

Sul medio e lungo termine le discussioni del Consiglio europeo hanno riguardato il cosiddetto “Compact for Growth” per il quale è stato raggiunto un accordo su un ammontare globale una tantum di 120 miliardi di Euro, le prospettive finanziarie pluriennali 2014-2020 che richiederanno un accordo fra il Parlamento ed il Consiglio sulla base delle proposte presentate dalla Commissione europea nel giugno 2010 ed infine la roadmap proposta da Van Rompuy, Barroso, Draghi e Juncker per rafforzare l'unione economica e monetaria nel quadro di una maggiore integrazione politica. Dopo un rapporto a mid term in occasione del Consiglio europeo di metà ottobre, la road map dovrebbe essere adottata dal Consiglio europeo di dicembre.

Non sta a noi entrare nel merito tecnico degli accordi sulla sorveglianza degli istituti bancari che colmano una grave lacuna del Trattato di Maastricht (e guariscono la miopia del comitato per l'unione monetaria presieduto da Jacques Delors) e dovrebbero accantonare i farraginosi comitati proposti dalla Commissione europea nel 2011 su suggerimento di Delarosière, gli interventi per aiutare (per ora) le banche spagnole ma forse domani (se ci saranno ancora risorse finanziarie !) le banche irlandesi e portoghesi, lo scudo antispread voluto con determinazione da Monti (con tassi per ora drammaticamente elevati) ed infine gli effetti e l'uso dei proventi della futura tassa sulle transazioni finanziarie.

Per ognuno di     questi accordi la soddisfazione è quasi unanime, salvo forse in coloro che avevano investito nel crollo dell'Euro (che era stato pronosticato in un massimo di cento giorni) o in coloro che avevano scommesso nella sconfitta di Monti a Bruxelles ed in elezioni anticipate nel prossimo autunno.

Ci permettiamo di condividere minoritarie perplessità sull'impatto del Compact for Growth “per stimolare l'economia” che qualcuno (Tito Boeri) ha definito il miracolo dei pani e dei pesci. Come è noto a chi lo ha adottato ma come è meno noto all'opinione pubblica a cui è mancata una spiegazione trasparente sui media e nei giornali (ma De Bortoli sul Corriere ha espresso ragionevoli dubbi) i 120 miliardi esistono sulla carta e, di fatto, l'iniezione di liquidità europea nelle economie dei paesi membri sarà largamente inferiore.

Ci permettiamo inoltre di reiterare le nostre preoccupazioni sugli esiti del negoziato intergovernativo relativo alle prospettive finanziarie pluriennali. Le proposte della Commissione prevedevano una crescita vicino allo zero ed i segnali che vengono dalla maggioranza dei governi dei paesi membri nulla fanno sperare né sulla dimensione della spesa europea, né sulla qualità e quantità delle entrate né sulla disciplina democratica del bilancio e cioè sul ruolo del PE.

Infine sulle prospettive dell'Unione politica condividiamo in pieno quel che ha scritto Romano Prodi (Il Messaggero, 30 giugno 2012): “la parte meno concreta del rapporto (Van Rompuy, Barroso, Draghi, Juncker, ndr)...i successi dell'Europa si sono sempre basati su una visione, un progetto ed un percorso per realizzarlo. E' insostenibile pensare di poter realizzare una unione fiscale senza controllo democratico...ed i controlli sui bilanci sono possibili ed accettabili solo in un'Unione federale”. Ci propone Prodi: “Fissiamo il nuovo obiettivo 2014, usiamo le elezioni europee per riavviare il processo politico e costituente europeo, attraverso  una vera legittimazione democratica ed una forte partecipazione popolare”

Creiamo un fronte democratico europeo per dare gambe all'appello di Romano Prodi.

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