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“OFFICINA 2014: l’ITALIA IN EUROPA” AFFRONTA I TEMI DELLA COMPETITIVITÀ

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“OFFICINA 2014: l’ITALIA IN EUROPA” AFFRONTA I TEMI DELLA COMPETITIVITÀ

Lo scorso venerdì, 18 marzo, ha avuto luogo presso la sede della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, il quinto Seminario del progetto “Officina 2014, l’Italia in Europa”, promosso dal CIME. Tale appuntamento ha voluto trattare contemporaneamente e trasversalmente i temi di competenza del Consiglio dell’Unione “Competitività” e quindi alcuni dossier relativi a politiche quali mercato interno, industria, ricerca e spazio.

 


Dopo una breve presentazione di apertura a cura del presidente del CIME, Pier Virgilio Dastoli, introduce, per quanto riguarda in particolare temi relativi al mercato interno, il min. Vincenzo Celeste, Consigliere diplomatico del Ministro per gli Affari Europei. Egli evidenzia come la politica europea in tema mercato interno degli ultimi anni, sia stata essenzialmente incentrata alla concreta realizzazione dei cosiddetti “Single Market Act I e II” che contengono una varietà molto diversificata di programmi e misure in grado di generare crescita aumentando l’efficienza del sistema di mercato integrato europeo nel suo complesso (standardizzazioni, qualifiche professionali, mobilità ed accesso, reti integrate, portabilità pensioni, economia digitale, partecipazione e fiducia dei consumatori, ecc..). Sottolinea poi che pur essendosi dovuto spesso registrare un certo ritardo su alcune di queste misure, oggi nel complesso si vorrebbe che questo percorso possa concludersi ancora con l’attuale legislatura del Parlamento europeo e quindi prima dell’inizio del semestre italiano di Presidenza, ma attualmente non è escluso che invece alcune questioni strategiche anche per il nostro Paese, quali ad esempio il tema della sicurezza dei prodotti possano ancora finire sul tavolo della Presidenza italiana.

La seconda parte del seminario viene dedicata ai temi della ricerca, sui quali introducono Raffaele Liberali (Capo dipartimento del MIUR per l’Università , l’AFAM e la ricerca) e Massimo Gaudina (Commissione europea – Consiglio europeo della Ricerca). Viene evidenziato come lo stato della ricerca in Italia, in particolare quella di base, rimane di ottimo livello, ma che vari elementi (quali regole e tipologie di finanziamento, le procedure di valutazione dei progetti, difficoltà a fare sistema e dispersione amministrativa) la rendono di poco impatto a livello europeo e quindi il tema dell’apertura all’internazionalizzazione della ricerca nazionale rimane strategico. Molti risultati potrebbero quindi essere raggiunti attraverso riforme migliorative della specifica gestione nazionale della ricerca e per questo si punta molto sull’agenda digitale e progetti di smart communities in grado di riformare anche la pubblica amministrazione.
Comunque l’Italia a livello europeo è anche già riuscita a introdurre alcune linee importanti nel contesto del programma Horizon 2020, quali la priorità del Cultural Heritage (non solo conservazione, ma anche gestione e fruibilità dei beni cuturali) o il riconoscimento del cofinanziamento in kind in aree della social innovation particolarmente dedicate ai giovani ricercatori. Altri temi su cui l’Italia dovrebbe puntare: il nuovo concetto di dottorato, la mobilità dei ricercatori,
In prospettiva del semestre di Presidenza italiano il MIUR punta molto sulla l’approvazione di un progetto quadro di ricerca dedicato all’area mediterranea (art.185) e sono programmate alcune conferenze (ad es. su nano-materiali, su biotecnologie e chimica verde) in cui L’Italia registra delle sperimentazioni molto avanzate.
Viene anche evidenziato come è necessario che la ricerca di dimensione europea rapidamente sia in grado di fare un salto di qualità inserendo più strumenti che con effetti di regolamentazione e programmazione dall’effetto vincolante che eliminino in particolare problemi ancora esistenti sul fronte della mobilità dei ricercatori. Da questo punto di vista la Presidenza italiana cadrà in un momento particolarmente strategico per definire questa impostazione generale e il nostro Paese potrebbe guadagnarci molto da un rafforzamento della dimensione europea sul fronte della gestione globale della ricerca. Viene portato come modello particolarmente interessante, l’esperienza dell’ERC come sistema che premia le eccellenze piuttosto che la frammentazione e alcuni eccessi di sussidiarietà.
L’ultima introduzione, curata da Antonello Lapalorcia del Ministero dello Sviluppo economico (Dirigente per la programmazione delle politiche industriali comunitarie) ha evidenziato quali siano ancora invece i limiti della politica industriale europea che non prende quasi mai decisioni in questo settore ma ci si limita spesso ad uno scambio di best practices e di riflessioni prospettiche di tipo generale. Come spesso evidenziato anche dai relatori precedenti, egli sottolinea come sia la difficoltà di dialogo nel nostro sistema che indebolisce la nostra capacità di influenza, malgrado continuino ad esserci eccellenze però non coordinate con la parte restante del Paese.
Porta invece come esempio positivo il dialogo strutturato con gli stakeholders nazionali, che si è riuscito a fare nel periodo di negoziato relativo al cosiddetto regolamentoREACH. Questo tipo di procedura però dovrebbe divenire strutturale, in qualsiasi occasione di partecipazione alle scelte europee.

Intervengono quindi al dibattito molti rappresentanti delle varie organizzazioni accreditate (30 diverse realtà) chiedendo in alcuni casi alcuni chiarimenti ai relatori ma introducendo anche propri spunti quali. Il miglioramento del monitoraggio dei progressi effettivi nel quadro del mercato interno, la compatibilità delle diverse politiche a favore della competitività con la sostenibilità ambientale, la questione della dimensione europea del sistema pensionistico, sul problematico ritardo del Sud del Paese.
Gran parte del dibattito però si incentra sul tema delle debolezza del Sistema Paese, sulle difficoltà di dialogo tra il micro e il macro nella nostra struttura interna, che finisce per annullare anche i buoni risultati ogni tanto ottenuti nelle scelte di alto livello. Questione in cui paiono intrecciarsi una mentalità non ancora adeguata con grandi ritardi e resistenze da parte delle realtà amministrative a incisive riforme. Una dicotomia che non potrà che ripresentarsi anche in occasione del prossimo semestre di Presidenza dove la necessaria autorevolezza della nostra mediazione si dovrà confrontare prima di tutto con l’esigenza di miglioramento del nostro sistema interno per poter risultare credibile di fronte ai partner.

 

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