MARTINI L’EUROPEO, UN RICORDO DEL CIME

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Cardinale Carlo Maria MartiniIn occasione della scomparsa del Cardinal Carlo Maria Martini, il Consiglio Italiano del Movimento Europeo si unisce al cordoglio del paese e della Chiesa cattolica. In questo spirito, il CIME ha apprezzato anche il ricordo europeo del premier Monti che rileva un aspetto del magistero culturale del Cardinal Martini di cui non si trova traccia nell’ampiezza delle rievocazioni della stampa e del mondo politico italiani.


Il CIME ha condiviso nel tempo le analisi fatte dal Cardinale Martini della situazione europea, soprattutto all’indomani della caduta del Muro di Berlino che ha aperto la strada all’unificazione del continente come obiettivo prioritario del pensiero e dell’azione federalista dei padri fondatori e in particolare di Altiero Spinelli. Dalla profondità della sua analisi è emersa costantemente una visione del futuro dell’Europa sulla quale vale la pena di tornare a riflettere nel momento in cui si riapre la prospettiva di un’unificazione democratica dei paesi del continente e si pone con drammatica urgenza la questione del rapporto con i paesi vicini.

Per ricordare “Martini l’Europeo”, il CIME attira la rispettosa attenzione dei media, del mondo politico e della società civile sulla riflessione fatta dieci anni fa dal Cardinale sulla “nuova Europa”.

 


LA "NUOVA EUROPA" DA COSTRUIRE
di Carlo Maria Martini

Si tratta, a questo punto, di provare a delineare alcuni tratti del volto della "nuova Europa" che si intende costruire, così da precisare la direzione da imprimere all'intero processo europeo.


La meta da raggiungere in questo vasto e articolato processo è quella di un'Europa intera, che torni pienamente a respirare con i suoi "due polmoni", quello della cultura, tradizione e spiritualità orientale e quello della cultura, tradizione e spiritualità occidentale. È ormai tempo, infatti, di dare davvero al nostro Continente quel volto e quell'ampiezza che sono richiesti dalla geografia, ma più ancora dalla storia e dalla cultura; si tratta di dare attuazione non tanto a una "amplificazione dell'Europa verso oriente", ma a una "europeizzazione" dell'intera area continentale. In questo quadro va adeguatamente inteso anche il tema dell'allargamento dell'Unione Europea. Occorre proseguire, con coraggio e con tempestività, il processo dell'integrazione europea allargando la cerchia dei popoli membri dell'Unione, valorizzando in una saggia armonia le diversità storiche e culturali delle nazioni, assicurando la globalità e l'unità dei valori che qualificano l'Europa in senso umano e culturale.


Quella da edificare per l'oggi e per il futuro è un'Europa che sappia presentarsi, interpretarsi e realizzarsi come una "famiglia di nazioni" aperta agli altri Continenti e coinvolta nell'attuale processo di "globalizzazione mondiale". In un'autentica famiglia non c'è il dominio dei forti; al contrario, i membri più deboli sono, proprio per la loro debolezza, doppiamente accolti e serviti. Sono questi, trasposti al livello della "famiglia delle nazioni", i sentimenti che devono intessere, prima ancora del semplice diritto, le relazioni fra i popoli. Ne segue la necessità e l'urgenza di rafforzare l'unione tra i popoli e gli Stati dell'Europa, fino a individuare, secondo la logica della sussidiarietà, sia ciò che deve essere sempre più demandato alla competenza e alla responsabilità diretta dell'Unione Europea, sia ciò che sembra assai più opportuno mantenere nella competenza delle singole Nazioni.


Nello stesso tempo e nella medesima linea, la "nuova Europa" da costruire deve presentarsi sempre più come vera "casa comune", ossia come realtà capace di dare spazio a forme di intelligente e matura apertura, accoglienza e ospitalità, nella quale non ci sia spazio per discriminazioni, disuguaglianze e ingiustizie, ma tutti - a qualunque cultura o religione appartengano - siano trattati come membri di una sola famiglia. È questa un'esigenza che si accompagna al crescente fenomeno delle immigrazioni, che provoca l'intera società europea e le sue istituzioni a ricercare modi di convivenza rispettosi di tutti e della legalità, in un processo di sempre più vera integrazione. Solo così si potrà realizzare, tra l'altro, una globalizzazione umana e umanizzante, che non diventi una radice mortifera di esclusione e di emarginazione, ma una sorgente di inclusione progressiva di tutti nella partecipazione solidale allo scambio dei beni: la grandezza di una civiltà, infatti, si misura anche dalla sua capacità di condividere le proprie risorse con chi ne avesse bisogno.


Coerentemente con quanto è già avvenuto nella storia, la "nuova Europa" è pure chiamata a presentarsi e ad operare come un Continente aperto e solidale: lungi dall'arrestare e dall'affievolire il suo slancio di solidarietà verso i Paesi meno favoriti, l'Europa deve continuare a realizzare, anche nel contesto attuale della globalizzazione, forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e culturale. Essa, infatti, non può ripiegarsi su se stessa. Non può né deve disinteressarsi al resto del mondo, ma deve al contrario conservare la piena coscienza che altri Paesi, altri continenti, si aspettano da essa iniziative coraggiose per offrire ai popoli più poveri i mezzi per il loro sviluppo e la loro organizzazione sociale, e per costruire un mondo più giusto e più fraterno.


Siamo pure chiamati a costruire un'Europa che sia artefice ed esportatrice di pace. Essa deve adoperarsi fattivamente per contribuire a ricercare e a realizzare il bene comune della comunità internazionale, nella pace e nella giustizia, offrendo una testimonianza originale e concreta di vita democratica, nella convinzione che la pace richiede l'azione comune e solidale di tutte le Nazioni di un Continente e che la costruzione della grande Europa non può che favorire la pace e l'intesa fra tutti i popoli, nel rispetto delle peculiarità, poste al servizio di tutti. Perché tutto ciò si possa realizzare, occorre tendere a un’unificazione e integrazione europea vista e interpretata come tappa e passaggio per l'unità di tutto il genere umano e, quindi, come figura e anticipazione di una pace mondiale giusta e duratura. In particolare - nella lotta contro il terrorismo, di fronte all'annoso e sempre più tragico conflitto in Medio Oriente, come di fronte alle tragedie e alle guerre che continuano ad attraversare popoli e Nazioni - l'Europa non può rimanere assente, inerme o in posizione supinamente gregaria: insieme con l'intera comunità internazionale e facendo sentire in essa la sua voce chiara e concordemente precisata, essa deve prendere l'iniziativa, deve farsi parte attiva nei negoziati, deve mostrare la sua capacità effettiva di influire sul nuovo ordine mondiale, concorrendo ad assicurare a tutti popoli le condizioni per un libero sviluppo, un'autentica democrazia, una pace vera basata sulla giustizia e sulla solidarietà e animata dall'amore, dal perdono, dalla riconciliazione.


(Intervento all’Università Bocconi, 28 gennaio 2002)