Contrariamente agli Stati Uniti, l’Unione europea non è uno stato sovrano o lo è solo parzialmente nei settori in cui ha una competenza esclusiva come la politica monetaria, l’unione doganale, la politica commerciale e la concorrenza. Al di là di queste competenze, l’Unione europea non lo è perché può agire solo nell’ambito delle altre competenze (condivise o “di sostegno”) che i governi – i “padroni dei trattati” – le hanno attribuito e abbiamo appreso che ci sono competenze essenziali per far fronte a sfide epocali come la salute, il controllo dei flussi migratori o la politica industriale per non parlare della politica estera che i governi hanno deciso di tenere ciascuno per sé. Non lo è perché uno Stato sovrano si finanzia senza apparenti limiti fatta eccezione di quelli di natura economica e finanziaria non solo stampando moneta ma imponendo tasse o rivolgendosi ai propri cittadini chiedendo denaro in prestito in cambio di titoli di debito pubblico pluriennali che fruttano a chi li compra interessi attivi (e passivi per lo Stato).
Se l’Unione non è uno stato sovrano, non lo sono o non lo sono più gli Stati che hanno deciso di far parte di una stessa comunità con un’unica moneta sia perché essi fanno parte di un sistema di ineludibili interdipendenze economiche, sia perché ogni Stato – ciascuno per sé – non è in grado di far fronte a crisi simmetriche come quelle che stiamo vivendo da tre mesi a causa del coronavirus.
Il paradosso del sovranismo
Di fronte a questa situazione ci sono due strade opposte ma teoricamente tutte e due percorribili. La prima è quella indicata dai cosiddetti sovranisti che non esistono solo in Italia ma che sono delle minoranze rumorose in quasi tutti i paesi europei e che vorrebbero riaccaparrarsi delle competenze attribuite all’Unione nella politica monetaria, nelle relazioni commerciali con i paesi terzi o nella concorrenza salvo poi strepitare con Bruxelles perché non difende adeguatamente gli interessi nazionali e ignorare il fatto che è praticamente impossibile difendere contemporaneamente ventisette interessi nazionali.
Nel settore dell’economia e della moneta, l’Unione europea è sovrana a metà e cioè è malata di zoppìa, come diceva Carlo Azeglio Ciampi, perché è sovrana nella moneta (ma non tanto quanto la politica monetaria è federale negli USA) ma non lo è affatto nell’economia. Per risolvere il problema della zoppìa i sovranisti che occupano gli scranni del Tribunale costituzionale tedesco a Karlsruhe sognano di ridurre la gamba monetaria in modo tale che l’Unione disponga di due zampine piccole piccole, quella della moneta e quella dell’economia.
La seconda strada è quella che conduce ad un’Unione sovrana e cioè ad una comunità all’interno della quale i membri (quelli collettivi che sono gli Stati e quelli individuali che sono i cittadini) condividano la sovranità laddove le ineludibili interdipendenze e le sfide epocali rendono impotenti gli stati nazionali e cioè non più sovrani.
Di fronte alla crisi provocata dal coronavirus e nella convinzione che ci sono situazioni in cui interesse nazionale e interesse europeo coincidono, Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno deciso di accantonare anni se non decenni di resistenze nazionali esclamando alea iacta est e proponendo di rendere sovrana l’Unione in almeno tre settori custoditi per ora gelosamente dalle apparenti sovranità nazionali: il potere di indebitarsi per finanziare le proprie spese e ricorrendo al mercato attraverso titoli europei emessi dalla Commissione, la difesa della salute declinata nei vari aspetti della ricerca, della produzione e delle norme e la politica industriale trasferendo a livello europeo e nei settori in cui appare necessario competere in un mondo globalizzato la dottrina economica adottata in Francia nel 1600 dal ministro di Luigi XIV Jean-Baptiste Colbert.
L’esempio di Mitterrand e Willy Brandt
Quando Giulio Cesare attraversò il Rubicone aveva con sé l’esercito e il partito dei populares sapendo che la Repubblica romana disponeva solo di due legioni. Emmanuel Macron e Angela Merkel dispongono di forze molto più limitate perché il primo ha visto progressivamente assottigliarsi la sua maggioranza all’Assemblea nazionale e la seconda dispone di un consenso crescente fra i cittadini ma di scarso sostegno nel mondo dell’economia e della finanza. In più – e questo conta ancor di più nel complicato mondo delle istituzioni europee – Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno compiuto l’errore tattico di mettere sullo stesso piatto del Consiglio europeo l’affermazione della sovranità europea per la creazione di debito pubblico – un potere che la Commissione ha esercitato in dimensioni minime fin dai tempi della CECA – e l’attribuzione all’Unione di una capacità fiscale autonoma rispetto a quella degli Stati sapendo che nel primo caso si tratta di una diversa modalità di esercitare una funzione già prevista dai trattati e che nel secondo caso si tratta di incamminarsi sul sentiero impervio delle decisioni all’unanimità dei governi e di 27 ratifiche parlamentari nazionali.
Per ora Emmanuel Macron e Angela Merkel dispongono solo di un motore a due cilindri che non basta per percorrere il sentiero impervio che conduce ad una Unione genuinamente sovrana.
Se potessimo far avere loro un consiglio, diremmo loro di presentarsi insieme davanti al Parlamento europeo il 27 maggio quando la Commissione presenterà le sue proposte sul bilancio pluriennale e sul piano di rilancio cercando l’alleanza dei populares nell’Assemblea dove il 15 maggio si è già espressa un’ampia maggioranza che potremmo definire costituente e sostenendo il tentativo della Commissione di uscire dalle strettoie del voto all’unanimità e delle ratifiche nazionali.
Diremmo loro di chiedere al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di rendere pubblico il dibattito sul piano di rilancio al Vertice dei 27 del 18 e 19 giugno in modo tale che ogni capo di Stato e di governo si assuma la responsabilità delle sue scelte davanti all’opinione pubblica europea e non solo davanti a quella del proprio paese.
Diremmo loro di chiarire quali sono le riforme necessarie per rendere l’Unione sovrana per permettere alle cittadine ed ai cittadini europei di riconquistare – insieme – la loro sovranità indicando il metodo e l’agenda per realizzarle che deve escludere le decisioni unanimi e a porte chiuse del Consiglio europeo.
Diremmo loro infine di prendere esempio da François Mitterrand che disse al Parlamento europeo alla vigilia della caduta del Muro di Berlino “rivendicate il potere costituente” e da Willy Brandt che disse alla vigilia delle elezioni europee: “domani eleggiamo una assemblea costituente permanente”.
Pier Virgilio Dastoli
21/05/2020