Roma, 10 luglio 2012

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IL CONSIGLIO EUROPEO DEL 28 E 29 GIUGNO HA TIMIDAMENTE APERTO UNA FINESTRA A MODIFICHE AL TRATTATO DI LISBONA NEL QUADRO DEL RAFFORZAMENTO DELL’UNIONE MONETARIA. Anni fa Tommaso Padoa Schioppa diceva che occorre risolvere la dicotomia fra governance economica europea e governi politici nazionali procedendo sulla strada di un governo politico europeo con poteri limitati ma reali. Vediamo se le decisioni del Vertice danno ragione a Padoa Schioppa e vediamo quel che si dovrebbe fare per creare un governo europeo. Aprendo la finestra i capi di Stato e di governo si sono affrettati a precisare che sono solo essi i titolari (nel testo inglese si parla di ownership: proprietà) dei trattati.

Qualcuno si sarebbe aspettato una reazione forte dell’assemblea di Strasburgo per rivendicare non solo i poteri formali che le sono stati attribuiti dal Trattato ma il suo ruolo di rappresentante dei cittadini che l’hanno eletta. La risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 4 luglio «plaude» invece e «si compiace» per le decisioni prese dal Consiglio europeo considerandole «importanti e sostanziali tappe fondamentali» associando al plauso anche la foglia di fico di un piano di crescita privo di reale impatto su un economia europea in fase di recessione, chiede di essere coinvolto su un piano di parità con il Consiglio e sollecita infine la Commissione «a presentare in settembre un pacchetto di misure legislative» per attuare nello stesso tempo i quadri finanziari, di bilancio, di politica economica integrati e la legittimità e responsabilità democratica nel processo decisionale dell’unione monetaria.
Nulla dice l’assemblea di Strasburgo sul sigillo di proprietà messo dai governi sulla riforma dell’Unione né ricorda che il Trattato le attribuisce un ruolo di proposta per la revisione dei trattati. Sarebbe interessante capire in che misura il pacchetto di misure legislative proposto dalla Commissione possa garantire, se e quando adottato, la legittimità e responsabilità democratica del processo decisionale europeo.

La strada verso l’Europa federale, richiamata da Jacques Attali su queste colonne ricordando il manifesto del 9 maggio da lui promosso insieme al Movimento europeo, è impervia e per questo richiede una determinazione politica che ci possiamo attendere dai partiti innovatori europei. Il Movimento europeo è convinto che un’iniziativa europea che associ partiti e organizzazioni della società civile debba essere presa rapidamente per chiarire gli elementi essenziali del progetto, l’agenda ed il metodo per raggiungere l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa. Per quanto riguarda il progetto, noi riteniamo che l’esercizio avviato dal Consiglio europeo non possa limitarsi ad una “genuina unione economica” né tanto meno a garantire la sola legittimità democratica dei governi nazionali ma debba mettere in discussione l’intera integrazione politica ponendo la questione della cessione di sovranità in aree che sono ancora di proprietà degli Stati membri come la dimensione sociale, i flussi migratori, la lotta alla criminalità organizzata, la sicurezza energetica e lo sviluppo delle energie rinnovabili, la politica industriale e, naturalmente, la politica estera e della sicurezza ivi compresa la dimensione della difesa. Ma la cessione di sovranità sarà possibile solo all’interno di un quadro democratico europeo nel quale siano garantiti i diritti del Parlamento europeo e la partecipazione dei cittadini. Per quanto riguarda l’agenda, Romano Prodi ci ha ricordato che il termine ad quem sono le elezioni europee della primavera 2014 sapendo che bisogna prepararle con un grande dibattito pubblico sull’avvenire dell’Europa e che con le elezioni europee deve ripartire un processo costituente.

Per quanto riguarda il metodo, il Movimento europeo ritiene che la via migliore sarebbe l’attribuzione al Parlamento Europeo che sarà eletto nel 2014 di un mandato costituente come avvenne il 10 settembre 1952 su proposta del governo italiano o, in mancanza di un accordo unanime, dell’elezione di un’assemblea costituente ai cui lavori possano contribuire leader nazionali ed europei ed il cui risultato venga sottoposto ad un referendum paneuropeo. Vaste programme, si potrebbe dire aggiungendo che in nessun governo nazionale c’è la volontà di cedere la ownership sui trattati. Lo dissero a Spinelli quando fondò il Club del Coccodrillo il 9 luglio 1980 contrapponendo all’iniziativa del Parlamento Europeo quella dei governi sfociata nell’inutile dichiarazione di Stoccarda che rinviava alle calende greche la trasformazione delle Comunità in Unione.

Per contrastare l’immobilismo dei governi va creato un Fronte Democratico Europeo proponendolo al Congresso del Partito Socialista Europeo di Bucarest a fine settembre.