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4 dicembre

  • Roma, Assemblea Nazionale UNCEM - Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani
  • Milano, focus di approfondimento "Comunicare la sostenibilità, anche nella PA" (PoliS-Lombardia e Compubblica)
  • Roma, Tavola rotonda “Approccio europeo alle migrazioni: verso nuove forme di partenariato?” (Istituto Luigi Sturzo e Martens Centre for European Studies)

 

5 dicembre

  • Roma, anteprima del documentario sul Manifesto di Ventotene "La bussola - Gli orizzonti di un’Europa libera e unita"

 

6 dicembre

  • Roma, cena solidale in compagnia di Mimmo Lucano

 

8 dicembre

  • Bruxelles, ‘brown bag lunch’ Democratic Odyssey: "A Peoples' Assembly for Europe: top-down, bottom-up convergences" (The School of Transnational Governance (EUI))

 

 

 

   

 

 

 

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PALESTINA E UCRAINA/ Il ruolo mondiale del “vecchio Continente” alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo nel 2024

Di fronte ai conflitti internazionali, armati o economici, l’Unione europea può avere un ruolo da protagonista? (*)

Mentre fra israeliani e palestinesi si sono dipanate (e non par facile la loro ripresa) parziali tregue nei combattimenti con scambi di detenuti, e mentre in Ucraina si è in una fase di logoramento che avvantaggia la Russia (più dotata di uomini da gettare, volenti o nolenti, sul campo di battaglia), l’Europa che fa? Meglio: cosa fa quell’Organizzazione sovrannazionale denominata Unione europea che annovera fra i propri membri 27 Stati del nostro “vecchio Continente”?

Dell’UE, comunque la si veda, non possono essere ignorati i successi economici di libera circolazione di merci, persone, servizi (banche, assicurazioni, ecc.) e capitali che hanno portato a un ampliamento di competenze in tanti campi del cosiddetto «spazio di libertà, sicurezza e giustizia», comprensivo della cooperazione fra gli Stati membri nel settore della giustizia, dell’attività di polizia, della (difficile, faticosa, controversa) regolazione delle migrazioni.

L’economia europea oggi è fra l’altro alle prese della riforma del Patto di stabilità e crescita, sospeso in periodo di pandemia ma alle soglie di riprender applicazione: con quali mutate caratteristiche lo si sta negoziando di questi tempi e il compromesso da trovare fra Paesi membri ((alcuni in estrema sintesi definiti “frugali” e altri “spendaccioni”) non è facile!

La soluzione individuata peserà sulle elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento europeo cui procederanno i popoli delle 27 nazioni fra il 6 e il 9 giugno dell’anno prossimo.

Intanto proprio il Parlamento europeo ha avviato un nuovo percorso di modifica dei trattati che disciplinano l’Unione per renderli più efficienti e fra l’altro in grado di non subire vincoli nell’esercizio delle varie attività a causa del veto, nel percorso decisionale, anche di un solo Stato membro. Al riguardo va fatto rinvio, in particolare, alla risoluzione che il Parlamento “comunitario” ha adottato il 22 novembre scorso (con una maggioranza peraltro assai contenuta e ristretta), dove si parla di interventi ad esempio in tema di «riforme istituzionali», di «mercato unico, economia e bilancio», di «scambi commerciali e investimenti», di «politica energetica», di «clima e ambiente» di «sanità», di «scienza e tecnologia». E si parla anche di «politica estera, di sicurezza e di difesa».

Quest’ultima questione è evidentemente di particolare rilevanza nel contesto bellico odierno, riguardo al quale si è certamente manifestato un ampio sostegno dell’UE al Paese del Presidente Zelensky specie attraverso sanzioni economiche verso la Russia, forniture d’armamenti all’Ucraina e avvio dei negoziati di adesione di quest’ultima all’Unione. Ma si sono pure evidenziate criticità, com’è il caso dell’Ungheria che, vistisi bloccati fondi europei a motivo di normative interne illiberali contrarie al diritto “comunitario”, ha a propria volta utilizzato la possibilità del veto sulla concessione di 50 miliardi di aiuti economici all’Ucraina fino al 2027, nonché di 20 miliardi in aiuti militari, al fine di vedersi infine attribuire almeno una parte (circa 900 milioni di euro del programma REPowerEU) di fondi UE congelati (attorno ai 30 miliardi). E il rapporto di Viktor Orbàn con Vladimir Putin non è certo fra quelli deteriorati…

Quanto ai palestinesi è noto che l’Unione europea ne è contributore in termini di finanziamenti a titolo umanitario (circa 28 milioni nel 2023) e che da ultimo è stata necessaria una revisione degli interventi a seguito della quale la Commissione europea, a fine novembre, non ha evidenziato che sostegni dell’UE siano in specie pervenuti ad Hamas, e che insomma «il denaro sia stato deviato per scopi non voluti». Speriamo che davvero così sia avvenuto in una realtà dove è eufemistico sottolineare che le verifiche sono assai complicate.

Insomma, qui (Palestina) e lì (Ucraina) conta parecchio il denaro - che certo una dimensione politica l’assume – ma non ancora il ruolo da protagonista politico che eventuali, possibili, futuribili, Stati Uniti d’Europa (lo Stato federale unitario evocato pochi giorni fa da Mario Draghi) potrebbero esercitare.

Gli elementi di federalismo nell’Unione attuale già ci sono: si pensi proprio al Parlamento europeo ma anche alle modalità di stampo appunto federale che la cooperazione europea ha assunto in molti campi. Eppure resta la considerazione del ruolo internazionale mondiale di poco rilievo dell’UE quando si esce dalla dimensione economica e ci si confronta con le “grandi potenze” (a proposito: anche per la situazione in Medio Oriente la Cina, come fatto per l’Ucraina ha elaborato un piano di pace, in cinque punti). Già il fatto che a rappresentare l’UE nei rapporti internazionali ci sia tanto la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, quanto il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è espressione formale di frammentazione. Per non parlare del così denominato «Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la sicurezza», Josep Borrell, che già per il fatto di esser definito «Alto» richiama qualche ironia rispetto ai (pochi) poteri di cui è dotato.

Insomma: occorrono modifiche istituzionali per l’evoluzione in senso statuale di un’Unione europea (che del resto ha nel cassetto l’assegnazione nel 2012 del premio Nobel per la pace, avendo «contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa») in grado di competere sul piano globale affermando i propri valori «del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze» (così l’art. 2 del Trattato sull’Unione europea).

Sono dubbioso circa la possibilità che questo percorso si approfondisca e diventi rapido con le prossime elezioni del Parlamento europeo, quando la politica nazionale è, come mi pare di poter dire non solo per l’Italia, orientata a “fatti di casa” appunto nazionale, senza capire che la casa moderna ed efficiente, capace di reggere agli scossoni mondiali, è quella comune (o “comunitaria”) continentale europea. Anche recuperando quanti al momento ne stanno fuori in modo apparentemente chiaramente inconciliabile e addirittura distruttivo.

di Dino Rinoldi 

(*) [Pubblicato su www.ilsussidiario.net del 3.12.2023]

 

 

 

 

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PER LA RIFORMA EUROPEA CHIEDIAMO UN AMPIO CONSENSO E UN METODO DEMOCRATICO

Abbiamo esaminato, nel nostro editoriale del 27 novembre, il risultato del voto nella sessione plenaria del Parlamento europeo, che si è tenuta a Strasburgo il 22 novembre, sul progetto di revisione del Trattato di Lisbona o meglio dei trattati di Lisbona (il TUE e il TFUE) che furono posti su un piano di uguaglianza dal Consiglio europeo di Salonicco nel giugno 2003 trasformando il breve trattato-costituzionale elaborato dalla Convenzione sull’avvenire dell’Europa in quello che Giuliano Amato definì un “ermafrodito” dove “il trattato-maschio prevalse sulla costituzione-femmina”.

Abbiamo sottolineato i passi indietro compiuti dall’Assemblea, le cui cause devono essere ascritte a tre ragioni convergenti:

  • la decisione dei sei relatori (divenuti cinque dopo la scelta sovranista del PiS polacco, di Fratelli d’Italia e dello spagnolo Vox di abbandonare il comitato redazionale) di scegliere la via di una revisione molto dettagliata dei trattati di Lisbona in contrasto con la proposta iniziale dei gruppi politici di concentrarsi su due articoli del TUE e poi della commissione affari costituzionali di selezionare trenta elementi essenziali dei trattati da modificare. Cosicché le proposte di emendamenti ai trattati sono diventate duecentocinquanta nell’illusione che ciò avrebbe rafforzato il consenso in aula rendendo invece il testo finale illeggibile, contraddittorio e sottomesso a reciproci compromessi fra i gruppi politici
  • la mancanza di trasparenza e di pubblicità dei lavori del comitato di redazione nella convinzione che ciò avrebbe reso più facile l’accordo fra i relatori nel chiuso dei reciproci accordi secondo la logica del minimo comun denominatore
  • il doppio gioco del PPE e del suo capogruppo Manfred Weber che hanno formalmente sostenuto la linea del comitato di redazione ma hanno di fatto aperto la porta alle richieste soppressive del Gruppo ECR e del Gruppo ID aiutandole con l’imposizione di voti divisi o separati o per appello nominale su oltre centosessanta emendamenti in un numero molto maggiore dei voti separati o divisi o per appello nominale richiesti dagli altri gruppi.

Cosicché sono cadute in aula, a causa della convergenza fra i sovranisti di destra e una parte maggioritaria del Gruppo della Sinistra (ricordate “la linea di divisione” del Manifesto di Ventotene?) le proposte per introdurre il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio e nel Consiglio europeo nell’armonizzazione fiscale, nel bilancio pluriennale e nelle risorse proprie, nella difesa, il referendum paneuropeo mentre non sono stati accolti per il voto contrario del centro-destra nuovi emendamenti sulle questioni sociali, sulle politiche migratorie e sulla lotta alle discriminazioni sessuali.

Purtroppo, e con una ampia maggioranza che ha unito PPE, Renew Europe, i Verdi e quasi tutti i parlamentari S&D oltre a ECR e ID è stato respinto l’emendamento del gruppo della Sinistra che proponeva di premettere all’art. 42 TUE un testo simile all’art. 11 della Costituzione italiana per il rifiuto della guerra come strumento per la soluzione delle controversie fra Stati.

Come abbiamo ricordato il 27 novembre, il voto del 22 novembre – frutto del tentativo del comitato di redazione di imporre in blocco un compromesso secondo la logica del minimo comun denominatore – ha messo in luce profonde divisioni fra i gruppi e nei gruppi ispirate dalle reticenze dei governi nazionali come è dimostrato dal fatto che nel PPE i voti favorevoli sono stati 46 su 178 membri, nel gruppo S&D 97 su 141, nel gruppo della sinistra 6 su 36 mentre più compatti sono stati a favore i Verdi con 55 voti su 71, i Liberali con 72 voti su 101 e, dimostrando una rigorosa disciplina sovranista, nell’ECR con 62 contrari su 66 membri (quattro assenti)  e nel gruppo ID  con 52 contrari su 60 (con otto assenti) con un risultato finale che registra una esigua maggioranza semplice nei voti espressi, dopo le abituali correzioni nel voto elettronico (296 a favore 275 contro e 44 astensioni) ben lontano dalla maggioranza assoluta di 353 membri.

Insieme ai passi in avanti nella ripartizione delle competenze fra l’Unione europea e gli Stati membri (con l’eccezione rilevante della transizione ambientale), nel voto a maggioranza qualificata, nel rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e della democrazia partecipativa vale la pena, tuttavia, di ricordare i silenzi della commissione affari costituzionali e poi dell’aula su quegli elementi che consideriamo essenziali per il passaggio ad un’Europa autenticamente federale:

  • il principio della attribuzione delle competenze che rimane nelle mani degli Stati membri lasciando loro il potere di restituirsi competenze attribuite all’Unione europea
  • la cittadinanza europea che si aggiunge a quella nazionale e non la sostituisce
  • il diritto di recesso dall’Unione europea indipendente dalla sua evoluzione
  • il primato del diritto dell’Unione europea su quello degli Stati membri nei settori di competenza dell’Unione europea
  • l’eguale valore giuridico del TUE e del TFUE e la frammentazione della politica estera fra i due trattati
  • le procedure di adesione all’Unione europea che escludono o rendono marginale il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali.

Dopo il voto del 22 novembre il progetto approvato dal Parlamento europeo è stato inviato al Consiglio con l’obbligo di trasmetterlo senza dibattito e senza voto al Consiglio europeo che ha il potere di convocare o di non convocare – senza limiti di tempo – una convenzione per esaminare i progetti di modifica dei trattati e formulare per consenso delle raccomandazioni ad una conferenza intergovernativa che decide all’unanimità sull’eventuale revisione dei trattati in vista della ratifica da parte di tutti gli Stati membri.

Il servizio giuridico del Consiglio – andando al di là e contro il Trattato – ha invece sostenuto che il Consiglio “decide” di trasmettere il progetto del Parlamento europeo al Consiglio europeo e cioè di sottoporlo ad un voto “di procedura”, come si dice nel linguaggio istituzionale, come “punto A” e cioè con un sistema di voto che si applica normalmente ai 2/3 delle decisioni del Consiglio quando si è trovato un accordo unanime nel Comitato dei Rappresentanti Permanenti (COREPER) a meno che uno Stato membro si opponga a questo voto procedurale.

Nel COREPER le delegazioni francese e tedesca si sono opposte all’iscrizione come “punto A” all’ordine del giorno del Consiglio affari generali del 12 dicembre che precede il Consiglio europeo del 14-15 dicembre.

È ora aperta la possibilità che il progetto del Parlamento europeo venga iscritto come “punto A” al Consiglio Ambiente del 18 dicembre (che, a fine presidenza spagnola, ha un ordine del giorno carico di molte decisioni legislative, fra cui la modifica del regolamento sugli “imballaggi”).

Questa possibilità non è ancora certa perché non è scontato che il COREPER dia il suo accordo e la presidenza spagnola potrebbe rinunciare a forzare la mano nel caso in cui si manifestasse informalmente una maggioranza contraria di almeno quattordici governi.

Il dossier passerebbe allora alla presidenza belga che potrebbe tentare di iscriverlo all’ordine del giorno del Consiglio affari generali del 29 gennaio o del 20 febbraio in tempo utile per il Consiglio europeo del 21-22 marzo, normalmente dedicato alle questioni economiche, o piuttosto ad un Consiglio europeo straordinario ad aprile che Charles Michel vorrebbe dedicare all’approvazione della “agenda strategica 2024-2029” ben prima di conoscere il risultato delle elezioni europee. 

Questo calendario ipotetico rafforza la proposta che abbiamo avanzato il 27 novembre, rivolta ai presidenti dei gruppi politici o ad un intergruppo di parlamentari, affinché il progetto votato il 22 novembre venga rinviato alla commissione affari costituzionali che verifichi le incongruenze e le contraddizioni del testo proponendo emendamenti innovativi, organizzando un’audizione degli “ambasciatori” nella Conferenza sul futuro dell’Europa e dei partner sociali e esprimendo un nuovo voto il 14 febbraio 2024 (e cioè nel giorno del quarantesimo anniversario dell’approvazione del “Progetto Spinelli”) in vista di un secondo dibattito nella sessione plenaria di fine febbraio con l’obiettivo di garantire una più ampia partecipazione al voto ed una approvazione del progetto alla maggioranza assoluta dei membri del Parlamento europeo.

Così la proposta del Parlamento europeo avvierebbe un dibattito pubblico sulla revisione dei trattati di Lisbona in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 sulla base di un indispensabile ampio consenso.

Tale consenso creerebbe le condizioni politiche per l’apertura di una fase costituente capace di superare l’immobilismo e la cecità dei governi che - di veto in veto, di distinguo in distinguorischiano di condurre l’Unione europea verso la sua dissoluzione.

È invece necessario e urgente coinvolgere tutte le forze politiche e le associazioni rappresentative della società civile anche nei paesi candidati con un metodo trasparente ed autenticamente democratico ed è questo l’impegno assunto dal Movimento europeo, dai suoi militanti chiamando ad impegnarsi i suoi membri collettivi

Bruxelles, 4 dicembre 2023

coccodrillo

 

 

 

 

 

 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024.

Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Ultime da Bruxelles

- La settimana del Movimento europeo

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

- Risultati Assemblea Federale EMI

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 

 

 

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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024.

Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Ultime da Bruxelles

- La settimana del Movimento europeo

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

- Risultati Assemblea Federale EMI

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 


 L'EDITORIALE

PER LA RIFORMA EUROPEA CHIEDIAMO UN AMPIO CONSENSO E UN METODO DEMOCRATICO

Abbiamo esaminato, nel nostro editoriale del 27 novembre, il risultato del voto nella sessione plenaria del Parlamento europeo, che si è tenuta a Strasburgo il 22 novembre, sul progetto di revisione del Trattato di Lisbona o meglio dei trattati di Lisbona (il TUE e il TFUE) che furono posti su un piano di uguaglianza dal Consiglio europeo di Salonicco nel giugno 2003 trasformando il breve trattato-costituzionale elaborato dalla Convenzione sull’avvenire dell’Europa in quello che Giuliano Amato definì un “ermafrodito” dove “il trattato-maschio prevalse sulla costituzione-femmina”.

Abbiamo sottolineato i passi indietro compiuti dall’Assemblea, le cui cause devono essere ascritte a tre ragioni convergenti:

  • la decisione dei sei relatori (divenuti cinque dopo la scelta sovranista del PiS polacco, di Fratelli d’Italia e dello spagnolo Vox di abbandonare il comitato redazionale) di scegliere la via di una revisione molto dettagliata dei trattati di Lisbona in contrasto con la proposta iniziale dei gruppi politici di concentrarsi su due articoli del TUE e poi della commissione affari costituzionali di selezionare trenta elementi essenziali dei trattati da modificare. Cosicché le proposte di emendamenti ai trattati sono diventate duecentocinquanta nell’illusione che ciò avrebbe rafforzato il consenso in aula rendendo invece il testo finale illeggibile, contraddittorio e sottomesso a reciproci compromessi fra i gruppi politici
  • la mancanza di trasparenza e di pubblicità dei lavori del comitato di redazione nella convinzione che ciò avrebbe reso più facile l’accordo fra i relatori nel chiuso dei reciproci accordi secondo la logica del minimo comun denominatore
  • il doppio gioco del PPE e del suo capogruppo Manfred Weber che hanno formalmente sostenuto la linea del comitato di redazione ma hanno di fatto aperto la porta alle richieste soppressive del Gruppo ECR e del Gruppo ID aiutandole con l’imposizione di voti divisi o separati o per appello nominale su oltre centosessanta emendamenti in un numero molto maggiore dei voti separati o divisi o per appello nominale richiesti dagli altri gruppi.

Cosicché sono cadute in aula, a causa della convergenza fra i sovranisti di destra e una parte maggioritaria del Gruppo della Sinistra (ricordate “la linea di divisione” del Manifesto di Ventotene?) le proposte per introdurre il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio e nel Consiglio europeo nell’armonizzazione fiscale, nel bilancio pluriennale e nelle risorse proprie, nella difesa, il referendum paneuropeo mentre non sono stati accolti per il voto contrario del centro-destra nuovi emendamenti sulle questioni sociali, sulle politiche migratorie e sulla lotta alle discriminazioni sessuali.

Purtroppo, e con una ampia maggioranza che ha unito PPE, Renew Europe, i Verdi e quasi tutti i parlamentari S&D oltre a ECR e ID è stato respinto l’emendamento del gruppo della Sinistra che proponeva di premettere all’art. 42 TUE un testo simile all’art. 11 della Costituzione italiana per il rifiuto della guerra come strumento per la soluzione delle controversie fra Stati.

Come abbiamo ricordato il 27 novembre, il voto del 22 novembre – frutto del tentativo del comitato di redazione di imporre in blocco un compromesso secondo la logica del minimo comun denominatore – ha messo in luce profonde divisioni fra i gruppi e nei gruppi ispirate dalle reticenze dei governi nazionali come è dimostrato dal fatto che nel PPE i voti favorevoli sono stati 46 su 178 membri, nel gruppo S&D 97 su 141, nel gruppo della sinistra 6 su 36 mentre più compatti sono stati a favore i Verdi con 55 voti su 71, i Liberali con 72 voti su 101 e, dimostrando una rigorosa disciplina sovranista, nell’ECR con 62 contrari su 66 membri (quattro assenti)  e nel gruppo ID  con 52 contrari su 60 (con otto assenti) con un risultato finale che registra una esigua maggioranza semplice nei voti espressi, dopo le abituali correzioni nel voto elettronico (296 a favore 275 contro e 44 astensioni) ben lontano dalla maggioranza assoluta di 353 membri.

Insieme ai passi in avanti nella ripartizione delle competenze fra l’Unione europea e gli Stati membri (con l’eccezione rilevante della transizione ambientale), nel voto a maggioranza qualificata, nel rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e della democrazia partecipativa vale la pena, tuttavia, di ricordare i silenzi della commissione affari costituzionali e poi dell’aula su quegli elementi che consideriamo essenziali per il passaggio ad un’Europa autenticamente federale:

  • il principio della attribuzione delle competenze che rimane nelle mani degli Stati membri lasciando loro il potere di restituirsi competenze attribuite all’Unione europea
  • la cittadinanza europea che si aggiunge a quella nazionale e non la sostituisce
  • il diritto di recesso dall’Unione europea indipendente dalla sua evoluzione
  • il primato del diritto dell’Unione europea su quello degli Stati membri nei settori di competenza dell’Unione europea
  • l’eguale valore giuridico del TUE e del TFUE e la frammentazione della politica estera fra i due trattati
  • le procedure di adesione all’Unione europea che escludono o rendono marginale il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali.

Dopo il voto del 22 novembre il progetto approvato dal Parlamento europeo è stato inviato al Consiglio con l’obbligo di trasmetterlo senza dibattito e senza voto al Consiglio europeo che ha il potere di convocare o di non convocare – senza limiti di tempo – una convenzione per esaminare i progetti di modifica dei trattati e formulare per consenso delle raccomandazioni ad una conferenza intergovernativa che decide all’unanimità sull’eventuale revisione dei trattati in vista della ratifica da parte di tutti gli Stati membri.

Il servizio giuridico del Consiglio – andando al di là e contro il Trattato – ha invece sostenuto che il Consiglio “decide” di trasmettere il progetto del Parlamento europeo al Consiglio europeo e cioè di sottoporlo ad un voto “di procedura”, come si dice nel linguaggio istituzionale, come “punto A” e cioè con un sistema di voto che si applica normalmente ai 2/3 delle decisioni del Consiglio quando si è trovato un accordo unanime nel Comitato dei Rappresentanti Permanenti (COREPER) a meno che uno Stato membro si opponga a questo voto procedurale.

Nel COREPER le delegazioni francese e tedesca si sono opposte all’iscrizione come “punto A” all’ordine del giorno del Consiglio affari generali del 12 dicembre che precede il Consiglio europeo del 14-15 dicembre.

È ora aperta la possibilità che il progetto del Parlamento europeo venga iscritto come “punto A” al Consiglio Ambiente del 18 dicembre (che, a fine presidenza spagnola, ha un ordine del giorno carico di molte decisioni legislative, fra cui la modifica del regolamento sugli “imballaggi”).

Questa possibilità non è ancora certa perché non è scontato che il COREPER dia il suo accordo e la presidenza spagnola potrebbe rinunciare a forzare la mano nel caso in cui si manifestasse informalmente una maggioranza contraria di almeno quattordici governi.

Il dossier passerebbe allora alla presidenza belga che potrebbe tentare di iscriverlo all’ordine del giorno del Consiglio affari generali del 29 gennaio o del 20 febbraio in tempo utile per il Consiglio europeo del 21-22 marzo, normalmente dedicato alle questioni economiche, o piuttosto ad un Consiglio europeo straordinario ad aprile che Charles Michel vorrebbe dedicare all’approvazione della “agenda strategica 2024-2029” ben prima di conoscere il risultato delle elezioni europee. 

Questo calendario ipotetico rafforza la proposta che abbiamo avanzato il 27 novembre, rivolta ai presidenti dei gruppi politici o ad un intergruppo di parlamentari, affinché il progetto votato il 22 novembre venga rinviato alla commissione affari costituzionali che verifichi le incongruenze e le contraddizioni del testo proponendo emendamenti innovativi, organizzando un’audizione degli “ambasciatori” nella Conferenza sul futuro dell’Europa e dei partner sociali e esprimendo un nuovo voto il 14 febbraio 2024 (e cioè nel giorno del quarantesimo anniversario dell’approvazione del “Progetto Spinelli”) in vista di un secondo dibattito nella sessione plenaria di fine febbraio con l’obiettivo di garantire una più ampia partecipazione al voto ed una approvazione del progetto alla maggioranza assoluta dei membri del Parlamento europeo.

Così la proposta del Parlamento europeo avvierebbe un dibattito pubblico sulla revisione dei trattati di Lisbona in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 sulla base di un indispensabile ampio consenso.

Tale consenso creerebbe le condizioni politiche per l’apertura di una fase costituente capace di superare l’immobilismo e la cecità dei governi che - di veto in veto, di distinguo in distinguorischiano di condurre l’Unione europea verso la sua dissoluzione.

È invece necessario e urgente coinvolgere tutte le forze politiche e le associazioni rappresentative della società civile anche nei paesi candidati con un metodo trasparente ed autenticamente democratico ed è questo l’impegno assunto dal Movimento europeo, dai suoi militanti chiamando ad impegnarsi i suoi membri collettivi

Bruxelles, 4 dicembre 2023

coccodrillo

 

 

 

 


ULTIME DA BRUXELLES

PALESTINA E UCRAINA/ Il ruolo mondiale del “vecchio Continente” alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo nel 2024

Di fronte ai conflitti internazionali, armati o economici, l’Unione europea può avere un ruolo da protagonista? (*)

Mentre fra israeliani e palestinesi si sono dipanate (e non par facile la loro ripresa) parziali tregue nei combattimenti con scambi di detenuti, e mentre in Ucraina si è in una fase di logoramento che avvantaggia la Russia (più dotata di uomini da gettare, volenti o nolenti, sul campo di battaglia), l’Europa che fa? Meglio: cosa fa quell’Organizzazione sovrannazionale denominata Unione europea che annovera fra i propri membri 27 Stati del nostro “vecchio Continente”?

Dell’UE, comunque la si veda, non possono essere ignorati i successi economici di libera circolazione di merci, persone, servizi (banche, assicurazioni, ecc.) e capitali che hanno portato a un ampliamento di competenze in tanti campi del cosiddetto «spazio di libertà, sicurezza e giustizia», comprensivo della cooperazione fra gli Stati membri nel settore della giustizia, dell’attività di polizia, della (difficile, faticosa, controversa) regolazione delle migrazioni.

L’economia europea oggi è fra l’altro alle prese della riforma del Patto di stabilità e crescita, sospeso in periodo di pandemia ma alle soglie di riprender applicazione: con quali mutate caratteristiche lo si sta negoziando di questi tempi e il compromesso da trovare fra Paesi membri ((alcuni in estrema sintesi definiti “frugali” e altri “spendaccioni”) non è facile!

La soluzione individuata peserà sulle elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento europeo cui procederanno i popoli delle 27 nazioni fra il 6 e il 9 giugno dell’anno prossimo.

Intanto proprio il Parlamento europeo ha avviato un nuovo percorso di modifica dei trattati che disciplinano l’Unione per renderli più efficienti e fra l’altro in grado di non subire vincoli nell’esercizio delle varie attività a causa del veto, nel percorso decisionale, anche di un solo Stato membro. Al riguardo va fatto rinvio, in particolare, alla risoluzione che il Parlamento “comunitario” ha adottato il 22 novembre scorso (con una maggioranza peraltro assai contenuta e ristretta), dove si parla di interventi ad esempio in tema di «riforme istituzionali», di «mercato unico, economia e bilancio», di «scambi commerciali e investimenti», di «politica energetica», di «clima e ambiente» di «sanità», di «scienza e tecnologia». E si parla anche di «politica estera, di sicurezza e di difesa».

Quest’ultima questione è evidentemente di particolare rilevanza nel contesto bellico odierno, riguardo al quale si è certamente manifestato un ampio sostegno dell’UE al Paese del Presidente Zelensky specie attraverso sanzioni economiche verso la Russia, forniture d’armamenti all’Ucraina e avvio dei negoziati di adesione di quest’ultima all’Unione. Ma si sono pure evidenziate criticità, com’è il caso dell’Ungheria che, vistisi bloccati fondi europei a motivo di normative interne illiberali contrarie al diritto “comunitario”, ha a propria volta utilizzato la possibilità del veto sulla concessione di 50 miliardi di aiuti economici all’Ucraina fino al 2027, nonché di 20 miliardi in aiuti militari, al fine di vedersi infine attribuire almeno una parte (circa 900 milioni di euro del programma REPowerEU) di fondi UE congelati (attorno ai 30 miliardi). E il rapporto di Viktor Orbàn con Vladimir Putin non è certo fra quelli deteriorati…

Quanto ai palestinesi è noto che l’Unione europea ne è contributore in termini di finanziamenti a titolo umanitario (circa 28 milioni nel 2023) e che da ultimo è stata necessaria una revisione degli interventi a seguito della quale la Commissione europea, a fine novembre, non ha evidenziato che sostegni dell’UE siano in specie pervenuti ad Hamas, e che insomma «il denaro sia stato deviato per scopi non voluti». Speriamo che davvero così sia avvenuto in una realtà dove è eufemistico sottolineare che le verifiche sono assai complicate.

Insomma, qui (Palestina) e lì (Ucraina) conta parecchio il denaro - che certo una dimensione politica l’assume – ma non ancora il ruolo da protagonista politico che eventuali, possibili, futuribili, Stati Uniti d’Europa (lo Stato federale unitario evocato pochi giorni fa da Mario Draghi) potrebbero esercitare.

Gli elementi di federalismo nell’Unione attuale già ci sono: si pensi proprio al Parlamento europeo ma anche alle modalità di stampo appunto federale che la cooperazione europea ha assunto in molti campi. Eppure resta la considerazione del ruolo internazionale mondiale di poco rilievo dell’UE quando si esce dalla dimensione economica e ci si confronta con le “grandi potenze” (a proposito: anche per la situazione in Medio Oriente la Cina, come fatto per l’Ucraina ha elaborato un piano di pace, in cinque punti). Già il fatto che a rappresentare l’UE nei rapporti internazionali ci sia tanto la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, quanto il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è espressione formale di frammentazione. Per non parlare del così denominato «Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la sicurezza», Josep Borrell, che già per il fatto di esser definito «Alto» richiama qualche ironia rispetto ai (pochi) poteri di cui è dotato.

Insomma: occorrono modifiche istituzionali per l’evoluzione in senso statuale di un’Unione europea (che del resto ha nel cassetto l’assegnazione nel 2012 del premio Nobel per la pace, avendo «contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa») in grado di competere sul piano globale affermando i propri valori «del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze» (così l’art. 2 del Trattato sull’Unione europea).

Sono dubbioso circa la possibilità che questo percorso si approfondisca e diventi rapido con le prossime elezioni del Parlamento europeo, quando la politica nazionale è, come mi pare di poter dire non solo per l’Italia, orientata a “fatti di casa” appunto nazionale, senza capire che la casa moderna ed efficiente, capace di reggere agli scossoni mondiali, è quella comune (o “comunitaria”) continentale europea. Anche recuperando quanti al momento ne stanno fuori in modo apparentemente chiaramente inconciliabile e addirittura distruttivo.

di Dino Rinoldi 

(*) [Pubblicato su www.ilsussidiario.net del 3.12.2023]

 

 


LA SETTIMANA DEL MOVIMENTO EUROPEO

 

4 dicembre

  • Roma, Assemblea Nazionale UNCEM - Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani
  • Milano, focus di approfondimento "Comunicare la sostenibilità, anche nella PA" (PoliS-Lombardia e Compubblica)
  • Roma, Tavola rotonda “Approccio europeo alle migrazioni: verso nuove forme di partenariato?” (Istituto Luigi Sturzo e Martens Centre for European Studies)

 

5 dicembre

  • Roma, anteprima del documentario sul Manifesto di Ventotene "La bussola - Gli orizzonti di un’Europa libera e unita"

 

6 dicembre

  • Roma, cena solidale in compagnia di Mimmo Lucano

 

8 dicembre

  • Bruxelles, ‘brown bag lunch’ Democratic Odyssey: "A Peoples' Assembly for Europe: top-down, bottom-up convergences" (The School of Transnational Governance (EUI))

 

 

   


IN EVIDENZA

VI SEGNALIAMO

  • 4 dicembre, ore 14:30-16:30, Milano. PoliS-Lombardia e Compubblica propongono un focus di approfondimento sui temi dello sviluppo sostenibile declinati dall'Agenda ONU 2030. Lo spunto è il “Rapporto Lombardia”, la ricerca che da sette anni PoliS-Lombardia realizza per analizzare, nel contesto regionale, i risultati degli obiettivi individuati dall'Organizzazione delle Nazioni Unite fin dal 2015 e che sarà presentata sempre il 4 dicembre, alle ore 10:00. Incontro moderato da Claudio Trementozzi, consigliere nazionale di Compubblica. Interventi del segretario generale Marco Magheri e del presidente del Comitato scientifico Pier Virgilio Dastoli. Un confronto con le esperienze di enti locali come Basiglio, dove l'amministrazione comunale ha deciso di declinare le linee strategiche di mandato sulla base dei Goals dell'Agenda ONU, e Cesano Boscone, che ha promosso una serie di iniziative specifiche sia in ambito ambientale sia sociale. Nel panel dei relatori sono stati invitati anche esperti di comunicazione d'impresa, amministratori delegati e manager di alcune realtà che da Milano e dalla Lombardia hanno esportato un modello sostenibile, in stretta collaborazione con le istituzioni pubbliche. PROGRAMMA.
  • 4 dicembre, ore 17:00, Roma. Nell’ambito del progetto “Rethinking th EU. Dialogues on the future of the EU”, l’Istituto Luigi Sturzo, insieme al Martens Centre for European Studies, promuove la Tavola rotonda dal titolo “Approccio europeo alle migrazioni: verso nuove forme di partenariato?” con il Direttore centrale per le Politiche Migratorie e la Mobilità Internazionale del MAECI, Min. Plen. Stefano Bianchi, che dialogherà con vari esperti e rappresentanti di think tanks in una “maratona di idee”. L’incontro, a porte chiuse, si svolgerà presso l’Europa Experience - David Sassoli, a Roma.
  • 5 dicembre, dalle ore 21:00, Roma. Presentazione de "La bussola - Gli orizzonti di un’Europa libera e unita". Anteprima del documentario sul Manifesto di Ventotene prodotto dalla Gioventù Federalista Europea e Piroetta. L'affascinante storia del Manifesto di Ventotene tra passato, presente e futuro di un documento che ha segnato profondamente l'Europa. Una serata unica per immergersi in un'Europa diversa, in una visione politica immaginata durante il fascismo, ma ancora attuale. Un percorso per scoprire le radici storiche del Manifesto attraverso le geografie di Ventotene, con il racconto della storia del confino fascista nella piccola isola pontina e tramite le voci di studiosi competenti e di testimoni vicini ai protagonisti del passato che entrano in dialogo con il presente di chi porta avanti le idee del Manifesto. La proiezione si terrà presso il Cinema Adriano. Prenotazione obbligatoria dei biglietti (ingresso gratuito).
  • 6 dicembre, ore 17:00, Roma. Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, divenuto un modello in tutto il mondo per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, recentemente riabilitato dalla Corte d'appello di Reggio Calabria, sarà ospite presso l’Associazione culturale “Enrico Berlinguer”, al quartiere Quadraro. INVITO e LOCANDINA.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 

 


 ASSEMBLEA FEDERALE MEI:
ELETTO IL NUOVO BOARD

L’Assemblea Federale del Movimento Europeo Internazionale del 1-2 dicembre ha rinnovato a Bruxelles i suoi organi elettivi: Presidente, Tesoriere, Vicepresidenti e membri del Board per il prossimo triennio.

Il Movimento europeo in Italia sarà rappresentato per i prossimi tre anni da Antonio Argenziano, eletto Vicepresidente.

È stata confermata alla Vicepresidenza Valeria Ronzitti, mentre nel Board Monica Frassoni e Marco Cilento.

Il nuovo Board è così composto:

Presidente: Guy VERHOFSTADT MEP (Renew Europe)

Tesoriere: Aku AARVA (EM Finlandia)

Vicepresidenti (Associazioni internazionali): Magdalena ADAMOWICZ MEP (PPE) / Valeria RONZITTI (SGI Europa) / Domènec RUIZ DEVESA MEP (PSE)

Vicepresidenti (Consigli nazionali): Antonio ARGENZIANO (EM Italia) / Tobias KÖCK (EM Germania) / Noelle O’CONNELL (EM Irlanda)

Membri del Board: Francisco ALDECOA LUZÁRRAGA (EM Spagna) / Marco CILENTO (CES) / Vanessa COTTERELL (UNITEE) / Dragana DJURICA (EM Serbia) / Elias DRAY (Forum europeo della gioventù) / Monica FRASSONI (Verdi europei) / Klaus HEEGER ( CESI) / Emmanuel JACOB (EUROMIL) / Patrizia HEIDEGGER (Ufficio europeo dell'ambiente) / Hervé MORITZ (EM Francia) / Richard MORRIS (EM UK) / Christian SKRIVERVIK (EM Norvegia)

Maggiori informazioni.

 

 

 

 

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