Newsletter 4 Marzo/2024 - L'EDITORIALE

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Come e perché serve un’autentica difesa europea al servizio della pace

L’aggressione imperialista della Federazione Russa all’Ucraina il 24 febbraio 2022, preceduta dall’occupazione della Crimea nel 2014, ha riaperto sul Continente europeo il solco storico fra l’Occidente delle democrazie liberali - che condividono l’idea di un superamento delle sovranità assolute nel quadro del sistema comunitario ma anche della promozione delle libertà individuali nel Consiglio d’Europa - e l’Oriente delle autocrazie illiberali.

L’autocrazia non finisce a Mosca ma si estende all’Azerbajan, alla Bielorussia e al Kazakistan con evidenti pulsioni nazionaliste in tutta l’Europa Centrale e Orientale che permangono - ed anzi si sono rafforzate a causa dalle violenze putiniane - in tutti quei Paesi che hanno scelto di “passare ad Occidente” con l’adesione alla NATO e all’Unione europea o che sono candidati per superare quel solco.

Apparentemente, il grande allargamento dal 2004 al 2013 aveva lasciato sperare che si colmasse quel solco superando le tre divisioni: religiose fra cristiani d’Occidente e cristiani d’Oriente, geografiche e culturali fra mondo slavo e mondo latino che aveva permeato il mondo anglosassone, politiche e costituzionali sul rispetto dello Stato di diritto.

Ciò non è avvenuto perché i tentativi del dialogo e della cooperazione, prima con l’Unione Sovietica ai tempi di Helsinki (1975) e Parigi (1990) e poi con la Federazione Russa dal Founding Act con la NATO nel 1997 al Consiglio NATO-Russia nel 2002, si sono progressivamente interrotti per la conflittuale volontà degli Stati Uniti di George Bush ma anche di Barak Obama di consolidare il vantaggio strategico dell’egemonia americana  ottenuto con la fine della Guerra Fredda e la decisione di Vladimir Putin, dopo la momentanea presidenza di Dmitrij Medvedev, di riprendere in mano il controllo della Russia come attore internazionale e non più regionale.

Ciò non è avvenuto perché, con la ripresa del nazionalismo o, meglio, della volontà imperialista di Vladimir Putin, la reazione russofoba degli ex Paesi satelliti dell’Unione sovietica non si è indirizzata a rafforzare la sovranità europea ma a rilanciare invece ciascuno la propria identità e la propria sovranità sotto l’ombrello protettivo della NATO.

Questa nuova e solo in parte inattesa situazione geopolitica e militare ha riaperto la questione della difesa europea - settanta anni dopo la caduta della Comunità europea di Difesa - la cui soluzione appare urgente e necessaria sia per l’inconsistenza di quello che è stato realizzato finora con la inutile cooperazione strutturata permanente nel 2018 e con la cosiddetta “Bussola Strategica” nel 2022 sia per l’avvio di una vera autonomia strategica europea come pilastro della Alleanza Atlantica anche in vista delle elezioni presidenziali americane del prossimo 5 novembre e di chi entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio 2025.

L’esito del conflitto russo-ucraino è solo una parte della questione della difesa europea sapendo tuttavia che la riemergente e inarrestabile russofobia nei Paesi Baltici e nell’Europa centrale - con la sola, temporanea eccezione dell’Ungheria di Viktor Orban - esige dall’Unione europea una più ampia risposta alla richiesta di solidarietà all’Ucraina oltre al (consistente) sostegno finanziario e all’uso (irrisolto) dei 350 miliardi di asset sequestrati alla Russia.

Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione europea nella soluzione del conflitto russo-ucraino, né il Consiglio europeo né l’Alto Rappresentante - che pure potrebbe essere autorizzato ad esprimersi davanti al Consiglio di Sicurezza a nome dei Ventisette e se i Ventisette avessero raggiunto una posizione comune - hanno mai elaborato una proposta per una via d’uscita che garantisca la sicurezza, la stabilità e la pace.

Con l’esclusione della “soluzione finale” o di una vittoria globale di Volodymyr Zelensky e cioè della liberazione dei territori occupati dalle truppe russe nel 2014 in Crimea e nel 2022 nelle regioni russofone o di una vittoria globale di Vladimir Putin e cioè con la sostituzione dell’attuale governo ucraino legittimo con un governo-fantoccio agli ordini di Mosca, ci sono tre soluzioni di cui si parla fin dall’inizio del conflitto:

Noi riteniamo che il futuro dell’Europa e in particolare della sua politica estera, della sicurezza e della difesa – sapendo che il processo di allargamento dell’Unione europea all’Europa orientale (Ucraina, Moldova e Georgia) e ai Balcani cosiddetti Occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia) è una parte importante di questa politica – passa in primo luogo dalla soluzione che l’Unione europea sarà in grado di proporre e di contribuire a trovare per il conflitto russo-ucraino (e, naturalmente, per il conflitto in Medio Oriente se l’Unione europea uscirà dal suo permanente torpore rilanciando la proposta di Pedro Sanchez di una Conferenza per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo che fu, all’inizio degli anni ’90, di Gianni De Michelis e della diplomazia italiana).

La soluzione “austriaca”, che l’Unione europea dovrebbe proporre all’Ucraina nel quadro dei negoziati di adesione e dei programmi di ricostruzione del Paese che costeranno ben più dei 50 miliardi di Euro iscritti dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, può essere un passo importante e pragmatico sulla via della difesa europea evitando fughe in avanti come l’illusione di un’accelerazione della creazione di un esercito europeo o l’idea – buona solo per la stampa e per la campagna elettorale  – di Ursula von der Leyen di un “commissario… agli armamenti europei” senza forze armate e senza competenze.

Prima di creare un debito pubblico europeo – pur necessario e ben al di là di 1.5 miliardi di Euro che Ursula von der Leyen, ormai lanciata verso il bis, intende proporre nel suo piano strategico – il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovrebbero definire gli elementi essenziali di una autentica condivisione degli obiettivi di politica estera, di sicurezza e di difesa insieme ad una comune percezione delle minacce esterne, alla disponibilità alla messa in comune di strumenti di difesa ivi compresi quelli legati alla deterrenza nucleare, al servizio di missioni e di strategie comuni a sostegno della costruzione e del mantenimento della pace, alla maggiore interoperabilità delle forze armate nazionali, ad una base finanziaria comune per una graduale industria pubblica europea e per acquisti comuni, a regole comuni e vincolanti nella vendita degli armamenti a Paesi terzi.

Nella prospettiva di un nuovo Trattato-costituzionale, noi vorremmo che il titolo dedicato alla difesa europea sia preceduto da un articolo in cui si proclama che “l’Unione europea ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. L’Unione europea consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia, promuove e favorisce l’Organizzazione delle Nazioni Unite rivolta a tale scopo”.

Roma, 4 marzo 2024

coccodrillo