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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- La settimana del Movimento europeo

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

- Attiriamo la vostra attenzione

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 


 L'EDITORIALE

DAL CAOS UN NUOVO ORDINE EUROPEO?

Si è di fatto concluso il primo round delle procedure, in parte previste dai trattati (art. 17 TUE) e in parte immaginate unilateralmente dai gruppi politici e dai partiti europei prescindendo dall’eventuale accordo del Consiglio europeo, per la nomina/elezione del(la) Presidente della Commissione europea sulla base - come recita il Trattato – delle elezioni europee.

Il PPE ha scelto nel Congresso di Bucarest con un voto a maggioranza Ursula von der Leyen sostenuta dal suo partito CDU e dal greco Nuova Democrazia, il PSE ha acclamato a Roma la candidatura del lussemburghese Nicolas Schmit commissario al lavoro ed iniziatore del programma SURE e della direttiva sul salario minimo, i Verdi hanno scelto nel Congresso di Lione e a larga maggioranza i parlamentari europei Terry  Reintke e Bas Eickhout mentre la Sinistra ha scelto il leader dei comunisti austriaci Walter Baier.

I partiti sovranisti di Identità e Democrazia e dei Conservatori e Riformisti, che contestano il metodo sovranazionale degli Spitzenkandidaten, non hanno scelto candidati di punta e i Liberali dell’ALDE non indicheranno molto probabilmente un loro candidato per lasciare la scelta del nuovo Presidente della Commissione ai negoziati post elettorali per puntare su una personalità europea che abbia il consenso di una maggioranza europeista nel Consiglio europeo e nel Parlamento europeo lasciando aperta la strada ad un presidente unico dell’Unione europea.

Prima di arrivare all’attuale round vale la pena di ricordare che, pur spettando al Consiglio europeo a maggioranza qualificata il potere di nomina del(la) Presidente della Commissione europea, i gruppi politici e poi i partiti  europei seguirono nell’autunno 2013 e con un entusiasmo degno di miglior causa l’idea – “une fausse, bonne idée” scrisse Le Monde – dell’allora presidente del Parlamento europeo Martin Schulz di far precedere la decisione dei capi di Stato e di governo da una sorta di “premierato europeo” ante litteram con l’indicazione europea di “candidati di punta” nella traduzione dal tedesco di Martin Schulz della parola Spitzenkandidaten.

Poiché nel Consiglio europeo i Capi di Stato e di governo del PPE erano vicini alla maggioranza (13 su 28), Martin Schulz era convinto che sarebbe avvenuto il sorpasso elettorale dei socialisti sui popolari e suggerì dunque che il Consiglio europeo avrebbe dovuto piegarsi alla apparente volontà delle elettrici e degli elettori europei e nominare il candidato di punta del partito europeo di maggioranza relativa.

Cosicché il PPE scelse a Dublino il lussemburghese Jean-Claude Juncker che vinse sul francese Michel Barnier (384 contro 245), non contando le 173 astensioni e gli assenti – e quella nomina fu la decisione imposta da  Frau Merkel - guardandosi bene Jean-Claude Juncker dal metterci la faccia ed evitando la conta sul suo nome alle elezioni europee nel Lussemburgo, i socialisti - rafforzati dall’adesione del PD al partito europeo - incoronarono a Roma per acclamazione Martin Schulz unico candidato alla candidatura, i liberali il fiammingo Guy Verhofstadt, i verdi la coppia gender balance Joseph Bové e Ska Keller e le sinistre il greco Alexis Tspiras che, come Juncker, si guardò bene dal metterci la faccia nelle elezioni europee in Grecia.

Le elezioni europee nel maggio 2014 – con tredici reti televisive che si rifiutarono di trasmettere il dibattito fra i candidati di punta e 15 paesi su 28 dove si recò alle urne molto meno del 50% degli elettori con punte al di  sotto del 20% - non sorrisero a Martin Schulz e ai socialisti europei, nonostante l’exploit del PD di Matteo Renzi, che furono distaccati di ben quaranta seggi dal PPE per cui la nomina di Jean-Claude Juncker, battezzato da Frau Merkel, avvenne nel Consiglio europeo senza discussione malgrado la piroetta parlamentare di Martin Schulz che si dimise temporaneamente da presidente del PE per tornare a sedersi sulla poltrona di capo-gruppo al fine di partecipare ad inutili negoziati inter-istituzionali e riprendere poi lo scranno di presidente del PE con l’unico caso di un doppio mandato nella storia dell’Assemblea.

Le elezioni europee del 2014 sorrisero anche ai conservatori egemonizzati dai britannici, dai polacchi del PiS e dalla crescente AFD con l’arrivo fra i non-iscritti di 17 pentastellati ma popolari e socialisti mantennero insieme la maggioranza assoluta dell’assemblea confermando la storica grande coalizione.

Essendo storia relativamente più recente, sappiamo che le elezioni europee nel 2019 segnarono una netta sconfitta di popolari e socialisti che persero globalmente ottanta seggi e la maggioranza assoluta nell’assemblea, la crescita di liberali e verdi, l’exploit di Identità e Democrazia di Marine Le Pen e Matteo Salvini, il flop dei conservatori passati da terzo a sesto gruppo dell’assemblea e l’ulteriore crescita dei pentastellati alleati al governo in Italia con la Lega nel Conte-I.

Sappiamo anche che il metodo dei candidati di punta fallì miseramente per l’incapacità dei gruppi politici di trovare un’intesa da imporre o cercare di imporre al Consiglio europeo un nome condiviso al di fuori dell’improbabile candidatura dell’improbabile bavarese Manfred Weber, e per la forza di imposizione di Frau Merkel che concordò con Emmanuel Macron  - ahimè! – la litigiosa coppia di Ursula von der Leyen togliendola dalla scomoda e discussa posizione di ministro della difesa e Charles Michel con l’unica fortunata occasione europea di portare alla presidenza del PE David Sassoli.

La storia recente ci ricorda che Ursula von der Leyen fu eletta dal Parlamento europeo nel luglio 2019 con la risicata maggioranza di nove voti in più della maggioranza assoluta di 376 parlamentari sapendo che ella disponeva sulla carta di 444 voti (PPE, S&D e Renew Europe) e che le copiose assenze fra socialisti, liberali e fors’anche popolari furono compensate dal voto insperato dei pentastellati coerenti con il favore di Giuseppe Conte nel Consiglio europeo ed in netto dissenso con gli alleati della Lega.

Quattro mesi dopo, la virata ecologica di Ursula von der Leyen sul Patto Verde Europeo – frutto di un accordo dì programma fra tutta la Commissione e la coalizione PPE-S&D-Renew Europe e Verdi e non della cosiddetta “ideologia ambientalista” di Frans Timmermans – produsse la “maggioranza Ursula” e cioè un campo largo, per usare un’espressione alla moda oggi in Italia, che ha funzionato fino a quando una parte dei popolari ha deciso di seguire le pulsioni populiste dei sondaggi d’opinione e tentare di consolidare una inedita alleanza con i conservatori guidati da Fratelli d’Italia, dal PiS polacco e da Vox spagnolo simile a quella che è al governo in Italia, Svezia, Finlandia e Repubblica Ceca.

Cosicché, la realizzazione del Patto Verde Europeo è stata recentemente frenata dalla nuova alleanza di centro-destra, i nuovi equilibri politici nel Parlamento europeo hanno trovato sponde favorevoli nell’immobilismo del Consiglio non solo sulla transizione ecologica ma anche sulle questioni sociali e sulle politiche migratorie e, last not least, l’europeismo parlamentare inizialmente maggioritario è evaporato nel voto sulla riforma del Trattato di Lisbona del 22 novembre 2023 quando i due terzi del PPE si sono uniti al sovranismo di conservatori ed estrema destra e la strada della revisione appare ora bloccata fra i governi che sono ostili anche all’idea di infilarsi nel labirinto da loro stessi inventato con il metodo della Convenzione dopo le cui conclusioni prevale il principio confederale secondo cui gli Stati sono “i padroni dei Trattati”.

Ursula von der Leyen è perfettamente cosciente del fatto che il rinnovo del suo mandato di presidente della Commissione fino al 2029 deve passare attraverso strette forche caudine prima nel Consiglio europeo dove la sua scelta sorprendente di avere l’imprimatur della CDU e poi la nomina a Spitzekandidatin del PPE ha suscitato malumori fra i governi ma anche nella sua stessa famiglia politica europea quando al Congresso di Bucarest della scorsa settimana ha ottenuto 400 voti su 737 aventi diritto al  voto con molti assenti, molti astenuti e 89 contrari il che avrà un effetto nel voto di elezione al Parlamento europeo il 17 luglio quando dovrà ottenere una maggioranza assoluta di 361 voti mettendo insieme popolari, socialisti e liberali e cioè una nuova maggioranza europeista che uscirà  tuttavia indebolita dalle elezioni europee.

Le forche caudine parlamentari hanno spinto Ursula von der Leyen sulla via perigliosa di un accordo con Giorgia Meloni e i futuri parlamentari di Fratelli d’Italia sposando la causa della campagna populista contro la cosiddetta “ideologia ambientalista”, tradendo il programma del Patto Verde Europeo su cui si era formata la sua maggioranza nel novembre 2019, violando i trattati e le regole interne della Commissione con gli inattesi imprimatur ai fallimentari memorandum di intesa del governo italiano con la Tunisia, l’Albania e l’Egitto, accelerando le procedure di adesione dell’Ucraina e fuggendo in avanti in modo confuso e inconcludente sulla difesa europea.

Questa campagna a metà elettorale (sapendo che Ursula von der Leyen, come fu il caso del suo predecessore Jean-Claude Juncker, non si candiderà al Parlamento europeo) potrebbe apparire sorprendente per chi non conosce i meandri della vita politica europea e potrebbe provocare un caos istituzionale dopo le elezioni europee.

Speriamo che al caos si applichi il principio filosofico positivo che da esso – come “spazio aperto” - possa nascere un nuovo ordine delle cose europee.

Per far questo appare tuttavia indispensabile avviare una fase costituente e che in questa fase ci sia fin dalle origini un’alleanza fra una maggioranza europeista nel Parlamento europeo e la nuova Commissione così come fu nel 2019 con l’accordo sul Patto Verde Europeo.

Roma, 11 marzo 2024

coccodrillo

 

 

 

 


LA SETTIMANA DEL MOVIMENTO EUROPEO

 

15 marzo

  • Perugia, “A 40 anni dal progetto Spinelli. Scriviamo insieme il futuro dell’Europa. Progetto di un “Libro verde””
  • Foligno, “A 40 anni dal Progetto Spinelli. Scriviamo insieme il futuro dell’Europa”

 

16 marzo

  • Norcia, “A 40 anni dal progetto Spinelli scriviamo insieme il futuro dell’Europa. Progetto di un “Libro verde””

 

 

   


IN EVIDENZA

 

VI SEGNALIAMO

  • 12 marzo, ore 12:45, Rai 3. "Quante Storie", l'Unione Europea da Ventotene a oggi. La guerra in Ucraina ha risollevato i dubbi intorno all'efficacia dell'Unione Europea. È ancora possibile rilanciare il progetto di un continente unito? E su quali basi? Se ne parla a “Quante Storie” in onda martedì 12 marzo alle 12.45 su Rai 3. Corrado Augias e Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento Europeo, approfondiranno con il conduttore Giorgio Zanchini il tema del sogno comunitario, dal manifesto di Ventotene ai nostri giorni.
  • 14-15 marzo, Bologna. La Scuola di Politiche Europee del Lavoro e delle Relazioni Industriali propone una sessione invernale di aggiornamento sugli sviluppi più recenti delle politiche europee in materia economica e sociale. Servirà da bussola per chi desidera orientarsi nell’offerta politica che i vari partiti proporranno in vista delle elezioni europee di giugno 2024. Promosso dal LUCI SUL LAVORO nel ricordo e nell’insegnamento di Jacques Delors. Per iscriversi, registrarsi QUI. MAGGIORI INFORMAZIONI E PROGRAMMA.
  • 15 marzo, ore 10:00-12:30, Perugia. Il Centro di coordinamento del Movimento europeo della Regione Umbria organizza l’incontro dal titolo “A 40 anni dal progetto Spinelli scriviamo insieme il futuro dell’Europa. Progetto di un “Libro verde””, al quale parteciperanno, per il Movimento europeo, Filippo Ciavaglia (Ufficio di Presidenza), Giuseppe Bronzini (Segretario generale) e Pier Virgilio Dastoli (Presidente). Saranno presenti Marco Squarta, del Consiglio Regionale dell‘Umbria, Camilla Laureti, Parlamentare europea, Claudio Cappellini della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media impresa e Giorgia Sorrentino per la Gioventù Federalista Europea. L’incontro costituirà anche l’occasione per la presentazione del “Libro verde” del Movimento europeo in vista delle elezioni europee del prossimo mese di giugno. E' prevista la possibilità di partecipazione tramite collegamento online, inviano una conferma all'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre il 13 marzo. PROGRAMMA.
  • 15 marzo, ore 17:30, Foligno. “A 40 anni dal Progetto Spinelli. Scriviamo insieme il futuro dell’Europa” incontro promosso dal Movimento europeo Italia attraverso il suo Centro di coordinamento territoriale della Regione Umbria e l’Associazione La Scintilla. Presso la Sala della Biblioteca Jacobilli di Foligno il Presidente Pier Virgilio Dastoli, già assistente parlamentare di Altiero Spinelli, introduce il volume “A che ci serve l‘Europa“ (edito da Marsilio NODI), con introduzione di Renato Cesca, Presidente dell’Associazione La Scintilla e su coordinamento della Consigliera del Comune di Foligno, Rita Barbetti. LOCANDINA.
  • 16 marzo, ore 10:00-12:30, Norcia. Il Centro di coordinamento del Movimento europeo della Regione Umbria organizza l’incontro dal titolo “A 40 anni dal progetto Spinelli scriviamo insieme il futuro dell’Europa. Progetto di un “Libro verde””. Presieduto da Filippo Ciavaglia dell’Ufficio di Presidenza del Movimento europeo, interverranno Maria Rita Paggio (CGIL regionale), Angelo Manzotti (CISL regionale), Maurizio Molinari (UIL regionale) e un rappresentante del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE). Le conclusioni saranno affidate al Presidente del Movimento europeo Pier Virgilio Dastoli. Sono stati invitati l’Amministrazione Comunale di Norcia e l’Istituto Omnicomprensivo De Gasperi - Battaglia di Norcia. PROGRAMMA.
  • 19 marzo, ore 14:30-17:00, Roma. L'Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale organizza, in concomitanza con l'Assemblea nazionale dei Soci, un incontro dal titolo “Intelligenza istituzionale: la comunicazione pubblica tra ambienti digitali etici, competenze e complessità delle relazioni tra cittadini e istituzioni in Italia nella traiettoria europea”, che si terrà a Roma, presso lo Spazio Europa, gestito dall'Ufficio del Parlamento europeo in Italia e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Obiettivo dell'appuntamento è esplorare le differenti "intelligenze" necessarie per governare e abitare la relazione tra cittadini, istituzioni, imprese, organizzazioni no profit nel contesto italiano ed europeo. In particolare, saranno affrontate le implicazioni etiche, le opportunità e i potenziali rischi dell'utilizzo di intelligenza artificiale generativa e delle declinazioni operative della comunicazione e dell'informazione, partendo dalle competenze e dai profili formativi e professionali per la costruzione di una comunità europea partecipativa e inclusiva. Per partecipare in presenza o a distanza, scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro venerdì 15 marzo. In caso di partecipazione da remoto, il link verrà inviato via email il giorno prima dell'evento. PROGRAMMA. N.B. per i non soci, sarà possibile seguire solamente la sessione pomeridiana.
  • - SAVE THE DATE - 25 marzo, ore 16:00, Roma. Presso la Facoltà di Giurisprudenza, sala lauree, della Sapienza Università di Roma, la Fondazione Lelio e Lisli Basso, Salviamo la Costituzione e Movimento Europeo Italia promuovono l’incontro “Perché è come riformare l’UE”. Coordina Gaetano Azzariti. Introduce Franco Ippolito. Relazioni di Pier Virgilio Dastoli e Nicoletta Parisi. Interventi di Giuseppe Allegri, Maria Romana Allegri, Claudio De Fiores, Elena Granaglia, Maria Rosaria Marella, Fausta Guaraniello, Pasqualina Napoletano, Dino Rinoldi, Laura Ronchetti. Conclude Giuseppe Bronzini. L’incontro verrà trasmesso anche in streaming sul canale YouTube della Fondazione Basso. PROGRAMMA.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

  • Calendario delle attività della Camera dei deputati in materia di Unione europea (Settimana 11-17 marzo). Ufficio Rapporti con l'Unione europea

 

 


 ATTIRIAMO LA VOSTRA ATTENZIONE

Ci serve davvero l’Europa? Non staremo perdendo tempo ed energie dietro a un’idea? Quella di oggi è la terra dei diritti immaginata a Ventotene? Mentre l’Unione è sotto attacco da più parti, accusata di essere una matrigna distante dai problemi reali dei cittadini, Emma Bonino e Pier Virgilio Dastoli, protagonisti indiscussi del progetto europeista, scelgono di intraprendere un viaggio nella memoria personale e collettiva che ci riguarda tutti da vicino. Ripercorrono lotte e progressi, sconfitte e conquiste, recuperano le tracce delle esistenze e delle aspirazioni di tante donne e tanti uomini che si sono battuti per costruire e difendere questo ideale, e invitano a prendere coscienza di quanto ancora resta da fare, senza però commettere l’errore di dimenticare, o peggio di gettare via, l’enorme lavoro svolto finora.

Il risultato è un dialogo serrato e coinvolgente, stimolato dalle ricostruzioni del documentarista Luca Cambi, in cui si dà conto delle innumerevoli tappe di questo processo, si ravviva il dibattito sulle nuove sfide che ci attendono, e si offre il ritratto appassionato e avvincente di Altiero Spinelli, vero padre fondatore capace di intuire e ispirare con lungimiranza, in un continente lacerato dalla guerra, quei principi di fratellanza, pace e libertà a cui ancora oggi dobbiamo tendere.

COPERTINA.

A che ci serve l'Europa

di Emma Bonino, Pier Virgilio Dastoli

Prefazione di Corrado Augias, postfazione di Romano Prodi, con la collaborazione di Luca Cambi

(edito da Marsilio NODI)

 

 

 

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VI SEGNALIAMO

  • 5 marzo, ore 18:30, Roma. ELEZIONI EUROPEE 2024. CICLO DI INCONTRI AL CIRCOLO. Dal 6 al 9 giugno 2024 si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo. Per favorire una maggiore conoscenza della politica europea e una scelta consapevole nel voto, il Circolo PD Parioli organizza un ciclo di incontri che, a partire dall’approfondimento dello sviluppo dell’Unione Europea e del funzionamento degli Organismi, arriva a ragionare sul futuro dell’Europa e sui Grandi Progetti Europei che incidono sulle economie degli Stati Membri. "ORIGINE E SVILPPO DELL’UNIONE EUROPEA E FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANISMI EUROPEI". Ne discutono Silvia Costa – già parlamentare europea e membro della Direzione Nazionale PD e Pier Virgilio Dastoli – Presidente del Movimento Europeo Italia. ULTERIORI INFORMAZIONI E LOCANDINA.
  • 8 marzo, ore 9:00-13:00, Nuoro. L'Istituto Tecnico Commerciale Salvatore Satta di Nuoro promuove il convegno dal titolo "Il controllo delle frontiere statali ed i respingimenti nel diritto internazionale e nel diritto del mare. Il ruolo ed i codici di condotta delle ong nel flusso del Mediterraneo", presso il Teatro San Giuseppe bocheteatro di Nuoro, nell’ambito del Progetto Nuoro for Europe di cui è capofila e che ha lo scopo di coinvolgere la partecipazione attiva alla vita dell'Europa sensibilizzando in particolare i giovani sui diritti connessi alla cittadinanza attiva. LOCANDINA.
  • 8 marzo, ore 16:00, Nuoro. Promosso dal Centro Europe Direct del Comune di Nuoro, con la collaborazione del Movimento europeo, si svolgerà un incontro pubblico per la presentazione del libro “A che ci serve l’Europa” di Emma Bonino e Pier Virgilio Dastoli, presso l’Aula Magna di UniNuoro. Da Altiero Spinelli agli Stati Uniti d’Europa, il racconto appassionato di ottant’anni di lotte e conquiste. Attraverso un dialogo serrato e coinvolgente, nel libro si dà conto delle innumerevoli tappe del processo di integrazione europea, si ravviva il dibattito sulle nuove sfide che ci attendono, e si offre il ritratto appassionato e avvincente di Altiero Spinelli, vero padre fondatore capace di intuire e ispirare con lungimiranza, in un continente lacerato dalla guerra, quei principi di fratellanza, pace e libertà a cui ancora oggi dobbiamo tendere. L’evento sarà trasmesso anche in streaming dall’emittente Telesardegna. ULTERIORI INFORMAZIONI E PROGRAMMA.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 

 

 

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5 marzo

  • Consiglio Direttivo Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale
  • Roma, "Elezioni europee 2024 Ciclo di inconrtri per una scelta consapevole"

6 marzo

  • Roma, Comitato Scientifico Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale

8 marzo

  • Nuoro, Convegno "IL CONTROLLO DELLE FRONTIERE STATALI ED I RESPINGIMENTI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E NEL DIRITTO DEL MARE. IL RUOLO ED I CODICI DI CONDOTTA DELLE ONG NEL FLUSSO DEL MEDITERRANEO" (Istituto Tecnico Commerciale Salvatore Satta di Nuoro)
  • Nuoro, presentazione del volume “A che ci serve l’Europa” di Emma Bonino e Pier Virgilio Dastoli (Centro Europe Direct Comune di Nuoro)

 

 

 

   

 

 

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Le sfide del processo di regolazione europeo dell’Ai e delle tecnologie digitali

Introduzione (rivista) al Webinar organizzato il 28 febbraio dal Movimento europeo e dall’Associazione Italiana della Comunicazione pubblica e istituzionale.

Il tema che tratteremo oggi è di evidente, estrema, complessità, toccando da un lato praticamente ogni disciplina da quelle più generali come la filosofia o la sociologia a quelle più settoriali come il diritto, l’economia, l’educazione sino alle discipline squisitamente tecniche-operative, dall’altro direttamente o indirettamente riguarda tutte le politiche pubbliche ed i rapporti privati. Abbiamo deliberatamente scelto di non limitarci a valutare l‘emanando regolamento sull’AI (ci dirà più dettagliatamente l’introduzione sul punto dell’On. Benefei) ma più in generale il processo regolativo sovranazionale delle tecnologie digitali che ha già prodotto quella che alcuni commentatori  hanno definito come un’ “alluvione normativa”  (dal Digital Service Act (DSA), al Digital Market Act (DMA), al Data act) che potrebbe anche recuperare la questione dei diritti dei lavoratori delle piattaforme con un voto in extremis l’11 marzo. Si tratta di un processo iniziato con la Strategia 20-30 e con il cosidetto Digital compass che ha già portato a fare della transizione digitale uno dei tre pilastri delle politiche dell’Unione insieme alla sostenibilità verde  (Green Deal) e a quella sociale (attuazione del Social Pillar) che naturalmente andrebbero assunti nella loro sinergia non atomisticamente come reso evidente anche nel Recovery plan. I tre pilastri nel loro insieme costituiscono quella “condizionalità buona” cui sono stati sottoposti gli aiuti per la ripresa post-pandemica.

Stiamo parlando del lato forte, vincente, che apre possibilità inedite, e che dovrebbe rendere noi europei orgogliosi del processo di integrazione che rafforza così le sue istituzioni mostrando come l’UE, sia comunque arrivata a sviluppare un proprio modello ed a generare nuovi istituti ed una originale narrativa della tecnologia in rapporto allo sviluppo sociale ([1]).

Dal punto di vista istituzionale però esistono della fragilità e delle incertezze come la sopravvivenza anacronistica di 27 garanti che pur dovrebbero applicare tutti il diritto dell’Unione i cui orientamenti non sembrano essere sempre convergenti ( cfr. il recente caso di chiusura per la sola Italia e per pochi giorni del programma di  Chatpot GPT appena uscito e con già 100 milioni di fruitori nel mondo). C’è una parte ancora abbozzata di questo processo e cioè l’obiettivo di offrire all’80% dei cittadini europei  competenze digitali di base che dimostra che l’Unione mira non solo a dirigere il progresso tecnologico ed a renderlo  coerente con i fundamental rights ma anche a rafforzare le capacità di controllo e partecipazione dei cittadini, a riprogettare la democrazia anche se, a parte la Conferenza sul futuro dell’Unione (Cofoe),  ancora latitano i progetti e le anticipazioni di questa  nuova capacitazione partecipativa dei soggetti.

In questa materia magmatica la nostra  cartina di tornasole è la natura della scelta regolativa dell’Unione e la sua qualità oggi che i suoi prodotti sono stati quasi tutti varati e dovranno necessariamente essere tra loro coordinati ed interpretati unitariamente e  che saranno certamente sottoposti all’ortopedia della Corte di giustizia il cui timbro, grazie  all’art. 8 della Carta che dobbiamo a Stefano Rodotà, è particolarmente penetrante ed innovativo.

Sono, quindi, possibili prime valutazioni: innanzitutto sulla razionabilità ed accettabilità della metafisica influente la lunga catena regolativa e le sue sfide  e cioè il principio dell’umanesimo digitale, o di libertà dal dominio, se vogliamo utilizzare una espressione più generale ([2])

In realtà tale principio non sembra sempre accolto essendo ancora molto forti le forme di  resistenza (tra i sindacati così come nei partiti) che ancora  credono al possibile arresto dell’innovazione. Troppi epigoni, un po’ fuori tempo massimo, della Scuola di Francoforte ([3]) tengono il broncio al proprio tempo conferendo una radicale tonalità negativa ad una certa disillusione diffusasi dopo la prima fase della digitalizzazione ed alla preoccupazioni (in sé razionali) che si possano diffondere modalità di controllo oppressivo e sviamenti del gioco politico democratico. Ma questa forma di  Kultur pessimismus finisce, a mio parere, solo per indebolire il grandioso tentativo di offrire una direzione ed una prospettiva alla “grande trasformazione”, a quello che il “mitico” direttore di Wired (la rivista più autorevole degli anni ruggenti di Internet) Kevin Kelly ha definito come l’”inevitabile”([4]).

Inoltre l’ondata regolativa è coerente con le sue premesse: come si disciplina una rivoluzione tecnologica come questa? Che tipo di cautele rispetto agli evidenti rischi da quelli alla blade runner sino alle dinamiche oligopolistiche ed anticoncorrenziali ed alle denunciate  invasioni passivizzanti dei mondi della vita (cfr. l’ultimo volume di Habermas ([5]) ? Il digital constitutionalism (che in Ue ha optato per la linea forte e non solo per l’autoregolamentazione del settore, nella scelta di settori di grave  rischio e di divieti assoluti di alcune prassi) è all’altezza dei principi e degli obiettivi che declama o opererà come la Nottola di Minerva (come ha rischiato di essere lo stesso regolamento AI ACT nel non aver previsto originariamente i meccanismi di intelligenza generativa) ?

Ci sono infine gli aspetti rischiosi già ampiamente esaminati in una sterminata letteratura: gli effetti sul mondo del lavoro ([6]) e sul lavoro giudiziario ([7]) che potrebbero, se non governati o bilanciati, provocare reazioni molto negative nell’opinione pubblica: aspetti sui quali anche l’UE sembra essere in affanno, se non altro nella progettazione di misure all’altezza delle sfide in corso.

Termino accennando all’altra dimensione più politico- istituzionale del tema: una cosa è disciplinare un settore, un’ altra governarlo e indirizzarlo. La competitività UE può essere solo legata, come sino ad oggi è avvenuto sul tema della privacy (con il cosiddetto Bruxelles effect), ai suoi aspetti legal-costituzionali ma senza politiche pubbliche adeguate e di caratura globale? E’ mai possibile che tra le 10 maggiori aziende tecnologiche non vi sia neppure una impresa europea e che nessuno stato (la migliore è la Francia) disponga di una sua policy su questo fronte correlata ad investimenti di un qualche rilievo? Vorrei ricordare i dubbi espressi dal Prof. Oreste Pollicino sulle pagine del Sole24ore sulla possibilità di replicare i successi del Bruxelles effect anche in questa materia (AI)  ben più delicata e strategica.

Da ultimo la questione del dominio sui dati personali (non uso l’indigeribile termine “sovranità”): anche l’imponente normativa UE è sufficiente  per arrivare a conferire ad ogni individuo la possibilità di disporre liberamente dei suoi dati?

Importanza straordinaria del tema se si assume, come necessario, che il capitalismo è ormai prevalentemente “estrattivo” e “data driven” per cui da questa utilizzazione di dubbia legalità la comunità che  produce questi dati in una sorta di “intelligenza collettiva” (per usare l’espressione di Pierre Lévy ([8]) non riceve abbastanza, non guadagna per i suoi appartenenti una libertà di partenza. Anche il sistema europeo completato sarà davvero “umanista”, senza robusti correttivi di politiche e fiscali e sociali ([9])?  

Giuseppe Bronzini

Segretario generale Movimento europeo 

 

 

[1] Cfr. la  pregevole Dichiarazione sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale del 15.12. 2022 che rappresenta una sorta di Manifesto filosofico-istituzionale del processo di regolazione nel suo complesso. Sulla Dichiarazione rimando al mio  Diritti e principi per il decennio digitale: i tre Presidenti sottoscrivono la Dichiarazione comune in Newsletter del Movimento europeo Gennaio 2023

[2] Cfr. la Tavola rotonda su “Le iniziative dell’Unione europea sul lavoro tramite piattaforme digitali” in RGL, n.3/2022 p. 507 ss. in particolare l’intervento di Adalberto Perulli

[3]  Cfr. T.W. Adorno, M. Horkeimer Dialettica dell’illuminismo, 1974 Einaudi, p. 45: "quanto è più complicato e più sottile l’apparato sociale, economico e scientifico, a cui il sistema produttivo ha adattato da tempo il corpo che lo serve e tanto più povere le esperienze di cui questo corpo è capace".

[4] K. Kelly  L’Inevitabile , Il Mulino, 2022

[5] J. Habermas Nuovo mutamento della sfera pubblica e politica deliberativa, Raffaello Cortina Editore 2023 

[6] Cfr. la survey appena pubblicata di E. Dagnino sul sito del Cnel su  Intelligenza  artificiale e mercati del lavoro: INTELLIGENZA ARTIFICIALE E MERCATO DEL LAVORO (cnel.it).

[7] Cfr. il parere del Febbraio 2024 del Comitato consultivo dei giudici europei per il Consiglio d’Europa Moving forward: the use of assistive technology in the judiciary che offre paletti importanti, anche se non paralizzanti l’innovazione, per l’uso dell’AI nel lavoro giudiziario: The CCJE adopts Opinion No. 26 (2023) “Moving forward: the use of assistive technology in the judiciary” - Human Rights and Rule of Law (coe.int)

[8] Cfr. la bella introduzione del Volume Il virtuale. La rivoluzione digitale l’umano, Meltemi 2023

[9] Questa necessità sembra avvertita anche dai grandi innovatori come Sam Altman, il fondatore di Open AI, società produttrice di Chatpot GBT, che insieme ad altri imprenditori della Silicon Valley, anni orsono  fondò un’associazione  filantropica (X Combinator)  con lo scopo di assicurare forme di “reddito minimo” per le zone più colpite dalla disoccupazione tecnologica  in un paese come gli USA nel quale il pubblico non garantisce neppure  l’accesso a tutti all’assistenza sanitaria.

 

 

 

 

 

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Come e perché serve un’autentica difesa europea al servizio della pace

L’aggressione imperialista della Federazione Russa all’Ucraina il 24 febbraio 2022, preceduta dall’occupazione della Crimea nel 2014, ha riaperto sul Continente europeo il solco storico fra l’Occidente delle democrazie liberali - che condividono l’idea di un superamento delle sovranità assolute nel quadro del sistema comunitario ma anche della promozione delle libertà individuali nel Consiglio d’Europa - e l’Oriente delle autocrazie illiberali.

L’autocrazia non finisce a Mosca ma si estende all’Azerbajan, alla Bielorussia e al Kazakistan con evidenti pulsioni nazionaliste in tutta l’Europa Centrale e Orientale che permangono - ed anzi si sono rafforzate a causa dalle violenze putiniane - in tutti quei Paesi che hanno scelto di “passare ad Occidente” con l’adesione alla NATO e all’Unione europea o che sono candidati per superare quel solco.

Apparentemente, il grande allargamento dal 2004 al 2013 aveva lasciato sperare che si colmasse quel solco superando le tre divisioni: religiose fra cristiani d’Occidente e cristiani d’Oriente, geografiche e culturali fra mondo slavo e mondo latino che aveva permeato il mondo anglosassone, politiche e costituzionali sul rispetto dello Stato di diritto.

Ciò non è avvenuto perché i tentativi del dialogo e della cooperazione, prima con l’Unione Sovietica ai tempi di Helsinki (1975) e Parigi (1990) e poi con la Federazione Russa dal Founding Act con la NATO nel 1997 al Consiglio NATO-Russia nel 2002, si sono progressivamente interrotti per la conflittuale volontà degli Stati Uniti di George Bush ma anche di Barak Obama di consolidare il vantaggio strategico dell’egemonia americana  ottenuto con la fine della Guerra Fredda e la decisione di Vladimir Putin, dopo la momentanea presidenza di Dmitrij Medvedev, di riprendere in mano il controllo della Russia come attore internazionale e non più regionale.

Ciò non è avvenuto perché, con la ripresa del nazionalismo o, meglio, della volontà imperialista di Vladimir Putin, la reazione russofoba degli ex Paesi satelliti dell’Unione sovietica non si è indirizzata a rafforzare la sovranità europea ma a rilanciare invece ciascuno la propria identità e la propria sovranità sotto l’ombrello protettivo della NATO.

Questa nuova e solo in parte inattesa situazione geopolitica e militare ha riaperto la questione della difesa europea - settanta anni dopo la caduta della Comunità europea di Difesa - la cui soluzione appare urgente e necessaria sia per l’inconsistenza di quello che è stato realizzato finora con la inutile cooperazione strutturata permanente nel 2018 e con la cosiddetta “Bussola Strategica” nel 2022 sia per l’avvio di una vera autonomia strategica europea come pilastro della Alleanza Atlantica anche in vista delle elezioni presidenziali americane del prossimo 5 novembre e di chi entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio 2025.

L’esito del conflitto russo-ucraino è solo una parte della questione della difesa europea sapendo tuttavia che la riemergente e inarrestabile russofobia nei Paesi Baltici e nell’Europa centrale - con la sola, temporanea eccezione dell’Ungheria di Viktor Orban - esige dall’Unione europea una più ampia risposta alla richiesta di solidarietà all’Ucraina oltre al (consistente) sostegno finanziario e all’uso (irrisolto) dei 350 miliardi di asset sequestrati alla Russia.

Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione europea nella soluzione del conflitto russo-ucraino, né il Consiglio europeo né l’Alto Rappresentante - che pure potrebbe essere autorizzato ad esprimersi davanti al Consiglio di Sicurezza a nome dei Ventisette e se i Ventisette avessero raggiunto una posizione comune - hanno mai elaborato una proposta per una via d’uscita che garantisca la sicurezza, la stabilità e la pace.

Con l’esclusione della “soluzione finale” o di una vittoria globale di Volodymyr Zelensky e cioè della liberazione dei territori occupati dalle truppe russe nel 2014 in Crimea e nel 2022 nelle regioni russofone o di una vittoria globale di Vladimir Putin e cioè con la sostituzione dell’attuale governo ucraino legittimo con un governo-fantoccio agli ordini di Mosca, ci sono tre soluzioni di cui si parla fin dall’inizio del conflitto:

  • la soluzione “coreana” e cioè la divisione dell’Ucraina in due parti così come fu suddivisa nel 1953 la penisola coreana al trentottesimo parallelo con un confine armato, un armistizio permanente e l’inesistenza di un trattato d pace fra Corea del Nord e Corea del Sud. Ciò significherebbe la resa di Volodymyr Zelensky, un rigido controllo militare fra le due “Ucraine” con una presenza permanente di forze di interposizione delle Nazioni Unite in una situazione di instabilità e di insicurezza che si aggraverebbe e potrebbe precipitare in un conflitto “caldo” con l’adesione dell’Ucraina “occidentale” all’Unione europea e alla NATO.
  • la soluzione “austriaca” e cioè il ritiro totale delle truppe russe dai territori occupati, la rinuncia da parte dell’Ucraina dell’adesione alla NATO e la sua adesione all’Unione europea come Paese permanentemente neutrale così come l’Austria aderì nel 1995 all’Unione europea inserendo il suo status di Paese neutrale nel Trattato di adesione. Ciò richiederebbe l’accettazione da parte dell’Ucraina e della Russia di condizioni che né Volodymyr Zelensky né Vladimir Putin sembrano attualmente disposti ad accettare e la concessione di una forte autonomia alle regioni attualmente occupate dalla Russia con la sottoscrizione di un accordo simile a quello firmato il 5 settembre 1946 dal ministro degli esteri italiano Alcide De Gasperi e il ministro degli esteri austriaco Karl Gruber per l’autonomia dell’Alto Adige o Sud Tirolo. In questo caso e per il rispetto della indipendenza e della inviolabilità dell’Ucraina, l’accordo dovrebbe essere elaborato da una commissione indipendente come quella di Venezia del Consiglio d’Europa e inserito nella Costituzione ucraina come condizione per la sua adesione all’Unione europea sulla base dell’art. 2 del Trattato sull’Unione europea. La soluzione “austriaca” dovrebbe essere garantita anche militarmente dall’Unione europea sulla base dell’art. 42.7 del Trattato sull’Unione europea e con la creazione di una forza multinazionale in attuazione degli articoli 42.3 e 44 del Trattato sull’Unione europea, una forza destinata a diventare strumento permanente della difesa comune per la protezione di tutte le frontiere esterne dell’Unione europea da aggressioni armate sul suo territorio. In questo caso, l’Unione europea dovrebbe proporre e organizzare una Conferenza di pace nel quadro dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa come primo passo per la riapertura di negoziati ispirati dagli accordi di Helsinki del 1975 e del Trattato di Parigi del 1990 che comprendano anche il rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti Fondamentali del 1948 e dei Patti delle Nazioni Unite del 1965.
  • La soluzione “Germania occidentale”, come l’ha definita Ivan Krastev sul Financial Times il 17 febbraio 2024, con una decisione simile a quella che garantì con le truppe americane della NATO la sicurezza della Germania Ovest con settanta basi a Ramstein, a Heidelberg, a Braaschaat, a Stoccarda, a Hanau, a Wiesbaden, a Rhein-Main ed a Einsiedlerhof a fronte della presenza delle truppe sovietiche nel quadro del Patto di Varsavia nella Germania Orientale con pesanti conseguenze sulle relazioni fra i Paesi dell’Europa occidentale e in particolare fra la Francia e la Germania. Oltre ad essere inaccettabile per Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, lasciando in sospeso e in una situazione di tensione e di instabilità la riunificazione futura delle due Ucraine, la soluzione del bulgaro Ivan Krastev - membro del molto euro-tiepido e londinese European Council of Foreign Relations - ripeterebbe il grave errore che l’Unione europea ha compiuto più di venticinque anni fa acconsentendo all’accelerazione dell’adesione dei Paesi dell’Europa centrale alla NATO prima della loro adesione all’Unione europea e metterebbe una pietra pesantissima sulla prospettiva di un’autonomia strategica dell’Unione europea nel quadro dell’Alleanza Atlantica e più in generale della difesa europea.

Noi riteniamo che il futuro dell’Europa e in particolare della sua politica estera, della sicurezza e della difesa – sapendo che il processo di allargamento dell’Unione europea all’Europa orientale (Ucraina, Moldova e Georgia) e ai Balcani cosiddetti Occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia) è una parte importante di questa politica – passa in primo luogo dalla soluzione che l’Unione europea sarà in grado di proporre e di contribuire a trovare per il conflitto russo-ucraino (e, naturalmente, per il conflitto in Medio Oriente se l’Unione europea uscirà dal suo permanente torpore rilanciando la proposta di Pedro Sanchez di una Conferenza per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo che fu, all’inizio degli anni ’90, di Gianni De Michelis e della diplomazia italiana).

La soluzione “austriaca”, che l’Unione europea dovrebbe proporre all’Ucraina nel quadro dei negoziati di adesione e dei programmi di ricostruzione del Paese che costeranno ben più dei 50 miliardi di Euro iscritti dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, può essere un passo importante e pragmatico sulla via della difesa europea evitando fughe in avanti come l’illusione di un’accelerazione della creazione di un esercito europeo o l’idea – buona solo per la stampa e per la campagna elettorale  – di Ursula von der Leyen di un “commissario… agli armamenti europei” senza forze armate e senza competenze.

Prima di creare un debito pubblico europeo – pur necessario e ben al di là di 1.5 miliardi di Euro che Ursula von der Leyen, ormai lanciata verso il bis, intende proporre nel suo piano strategico – il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovrebbero definire gli elementi essenziali di una autentica condivisione degli obiettivi di politica estera, di sicurezza e di difesa insieme ad una comune percezione delle minacce esterne, alla disponibilità alla messa in comune di strumenti di difesa ivi compresi quelli legati alla deterrenza nucleare, al servizio di missioni e di strategie comuni a sostegno della costruzione e del mantenimento della pace, alla maggiore interoperabilità delle forze armate nazionali, ad una base finanziaria comune per una graduale industria pubblica europea e per acquisti comuni, a regole comuni e vincolanti nella vendita degli armamenti a Paesi terzi.

Nella prospettiva di un nuovo Trattato-costituzionale, noi vorremmo che il titolo dedicato alla difesa europea sia preceduto da un articolo in cui si proclama che “l’Unione europea ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. L’Unione europea consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia, promuove e favorisce l’Organizzazione delle Nazioni Unite rivolta a tale scopo”.

Roma, 4 marzo 2024

coccodrillo

 

 

 

 

 

 

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