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Newsletter n.8/2020 - Coronavirus in Italia: l’intervento straordinario dell’Europa

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L'editoriale
Iniziative del Movimento Europeo - Italia
Documenti chiave
Carta dei diritti fondamentali
L'Europa dei diritti
Consigli di lettura
Agenda della settimana

 


Per salvarsi, l’Europa deve programmare (e realizzare) una graduale rivoluzione federalista
Primo tempo: il bilancio pre-federale

Oggi l’attenzione dei governi, delle istituzioni europee e delle opinioni pubbliche si concentra angosciosamente sui problemi quotidiani provocati dal COVID 19.
Pochi ricordano che il terzo dei diciassette Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile del 2015 riguarda la salute e l’azione necessaria per combattere le epidemie provocate da malattie trasmissibili.

L’approccio fondato sul breve periodo si traduce in una politica negativa, incapace di affrontare e risolvere le cause profonde dei problemi per estirparli alla radice e per creare dei meccanismi capaci di prevedere e ridurre l’impatto devastante delle emergenze.

Si tratta di un approccio che ricorda l’ammonimento di George Bernard Shaw: “For every complex problem there is a simple solution. Which is wrong”. All’inizio di una settimana che sarà dedicata largamente alle soluzioni economiche provocate dal COVID 19 vorremmo attirare l’attenzione sul carattere apparentemente concreto e realistico dell’insieme dei provvedimenti che, affannosamente, le istituzioni europee e i governi nazionali hanno elaborato*.

La BCE ha deciso – a maggioranza – di creare uno scudo europeo con il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) che aggiunge 750 miliardi di EURO ai 120 già previsti e al Quantitative Easing (Q.E.) per l’acquisto di titoli pubblici e privati “in a flexible way” nel tempo e in rapporto alle quote degli Stati membri (capital key).

La Commissione europea ha proposto un Coronavirus Response Investment Fund di 25 miliardi, la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita con l’attivazione della clausola di salvaguardia ed ha approvato rapidamente un quadro temporaneo per un approccio flessibile sugli aiuti di Stato, articolato in sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, garanzie per prestiti bancari alle imprese, prestiti pubblici agevolati alle PMI, salvaguardia per le banche, assicurazioni del credito all’esportazione, innovando rispetto ad una rigida ideologia che non aveva patito eccezioni dai trattati di Roma in poi.

A queste proposte e decisioni, si aggiungono ipotesi di altre misure più mirate, come l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti europei o l’assistenza finanziaria agli Stati membri e ai paesi che stanno negoziando l’adesione o la decisione di lasciare all’Italia, l’uso di 11 miliardi di EURO dei fondi regionali non impegnati che avremmo dovuto restituire alla fine dell’anno, o l’azione della BEI, o il dibattito infinito sul ruolo del Meccanismo Europeo di stabilità (MES), o l’introduzione di EUROBOND – o di CORONAVIRUS BOND – sull’esempio di quelli emessi dalla Cina ad inizio febbraio.

Alcune di queste proposte sono immediatamente operative, ma la maggior parte di esse dovranno essere approvate a maggioranza qualificata o all’unanimità dal Consiglio dei Ministri dell’Economia e delle Finanze o dal Consiglio affari generali e poi dal Parlamento europeo, riuniti gli uni in conference call e il secondo sulla base di una inedita e discutibile procedura parlamentare di voto per email, oppure dovranno passare dalle forche caudine del Consiglio europeo (si pensi all’ipotesi degli EUROBOND).

Restano aperti alcuni interrogativi di fondo, come il destino o l’interpretazione di tutto il sistema creato dopo la crisi del 2008-2009 e fondato sul Fiscal Compact, sul Six Pack, sul Two Pack e sul semestre europeo che copre ormai tutto l’anno finanziario.

Alcuni ricordano il metodo del Piano Marshall (European Recovery Plan), che prevedeva un periodo di ricostruzione dell’Europa devastata dalla guerra seguito da interventi strutturali con un’azione in due tempi, per una durata totale di quattro anni e aiuti per 14 miliardi di dollari. Al piano si era inutilmente accompagnata la sollecitazione USA di utilizzare i finanziamenti non per fronteggiare le emergenze, ma per avviare un processo di trasformazione strutturale dell’economia dei paesi europei.

Il COVID 19, che sta già provocando effetti devastanti di natura economica e sociale, non permette di agire in due tempi, privilegiando prima l’azione sanitaria e rinviando alla fine dell’emergenza l’avvio di un programma di ripresa economica e sociale. I soli interventi di natura monetaria non sono efficaci se non sono accompagnati da adeguate politiche fiscali e di bilancio.

La ripresa di una crescita sostenibile passa, di necessità, attraverso un riorientamento di fondo delle politiche economiche dell’UE e degli Stati membri, nel quadro di un progetto che definisca in modo esplicito gli obiettivi di lungo periodo dell’evoluzione economica, sociale e ambientale dell’UE.

Al centro di questo progetto, deve essere collocato il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) che il Parlamento europeo esige per una doppia durata quinquennale (5+5) per giungere fino al 2030 con una programmazione che avrebbe dovuto essere coerente con l’Agenda 2030 e lo European Green Deal e che ora deve essere collegato ad un nuovo European Social and Health Deal.

Solo un bilancio forte e credibile può consentire di garantire beni pubblici europei che gli Stati, devastati dalla crisi, non saranno in grado di assicurare alle loro cittadine e ai loro cittadini. Per essere forte e credibile, il bilancio europeo deve raggiungere entro cinque anni il 2.5% del PIL globale europeo – come fu suggerito nel 1977 dal Rapporto MacDougall – e, entro il 2030, il 5% preconizzato dallo stesso MacDougall e da Emma Bonino e Marco De Andreis nel loro Federation Lite e sulla base di una capacità fiscale autonoma dell’Unione europea.

Secondo l’art. 311 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), “il bilancio, fatte salve altre entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie” e il Consiglio con una decisione adottata all’unanimità “stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie” o può “istituire nuove categorie di risorse” previa consultazione del Parlamento europeo e il Consiglio europeo può decidere all’unanimità (“clausola della passerella”) di autorizzare il Consiglio a votare a maggioranza qualificata.

A partire dal 1970 e fino al 1988, il bilancio europeo è stato finanziato da risorse “proprie” – anche se provenienti soprattutto dai bilanci nazionali – rilevatesi poi largamente insufficienti e aprendo la strada ai contributi nazionali che coprono ormai la maggior parte delle entrate e che hanno spinto i governi a giudicare erroneamente il bilancio sulla base del principio del “giusto ritorno”.

A più riprese, la Commissione prima (“Comunicazione sul finanziamento del bilancio delle Comunità” del 1978), il Parlamento europeo poi (nei rapporti Spinelli del 1981, Pfennig del 1984, Lamassoure del 2007, Deprez e Lewandowski del 2017) e infine il Gruppo di lavoro presieduto da Mario Monti, hanno avanzato proposte per riformare il sistema delle risorse proprie e introdurre delle vere imposte europee partendo tutti – con l’eccezione del Gruppo Monti - dal principio che le une e le altre possono essere adottate senza modificare i trattati, mentre nella Convenzione europea sull’avvenire dell’Europa era stato proposto di sopprimere l’obbligo della ratifica da parte dei parlamenti nazionali.

Al bilancio europeo e non al MES devono essere legati gli EUROBOND emessi dalla Commissione europea - così come negli Stati i titoli del debito pubblico sono emessi dal Tesoro nazionale - e garantiti da flussi sicuri di entrate fiscali future (le risorse proprie dell’Unione) e dalle infrastrutture finanziate dai prestiti europei, perché gli EUROBOND, a differenza dei project bond o E-Bonds immaginati da Giulio Tremonti e da Jean Claude Juncker nel 2010 per finanziare parte dei debiti pubblici nazionali e dunque le spese correnti, dovranno servire a stimolare investimenti europei di lunga durata.

Per programmare la prima fase della rivoluzione federalista, il Parlamento europeo deve esigere dalla Commissione Von der Leyen di ritirare l’ormai inutile e superato Quadro Finanziario Pluriennale presentato da Jean-Claude Juncker il 2 maggio 2018 e sostituirlo con una nuova proposta di bilancio, sulla base dell’art. 312 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, che contenga un programma europeo di spese e entrate per una crescita socialmente sostenibile entro il 2030 e un accordo interistituzionale per riconoscere al Parlamento europeo un potere di codecisione sulle risorse proprie.

coccodrillo

 

* Tutti questi provvedimenti ed altro ancora sono pubblicati sul sito www.movimentoeuropeo.it


 

Iniziative del Movimento europeo - Italia

Siamo in un momento di difficoltà senza precedenti nella vita dell’Unione europea, per quanto riguarda la tutela della salute. Non c’è peggior timore della sensazione di dover rispondere da soli alla crisi. Se l'Europa non interviene con efficacia, per come pure è previsto dai trattati, applicando i principi di solidarietà e tutelando in maniera elevata la salute dei suoi cittadini, il rischio è quello che le forze populiste accrescano i propri consensi. Il Movimento Europeo ha aderito all’appello dei filosofi Roberto Castaldi e Daniel Innerarity perché “L’Europa risponda unita alla minaccia del virus” e a quello della Link Campus University “L’esistenza dell’Europa”.

Numerose le attività del Movimento Europeo, in settimana. Nell’ambito dell’organizzazione e della programmazione futura, proprio lo scenario di crisi attuale riapre un dibattito molto ampio sul futuro dell’Europa e della sua configurazione istituzionale. L’attenzione attuale al tema della tutela della salute si accompagna – come afferma il membro del Consiglio di Presidenza del Movimento, prof. Alberto Majocchi – alla necessità di orientare le politiche future nel senso di uno “European social Deal”. Per trattare nel dettaglio le riforme necessarie all’Europa, di una rinnovata partecipazione democratica, di una riscoperta del valore solidale e cooperativo che ha portato all’idea di unire gli Stati europei, in settimana giovedì 19, venerdì 20 e sabato 21 marzo si sono potuti svolgere alcuni interessanti incontri che hanno visto la partecipazione del Presidente, Pier Virgilio Dastoli.

Giovedì e venerdì, Eumans, con Marco Cappato tra i principali esponenti, ha tenuto il primo incontro on line del “Consiglio della democrazia partecipativa”: una due giorni molto ricca di spunti per comprendere le prospettive future della dimensione democratica europea, le riforme da compiere per colmare lo scarto esistente tra il progetto di una federazione e la configurazione attuale. In merito a ciò, questo primo incontro è stato l’occasione per ragionare sulla petizione che Eumans intende presentare alle istituzioni europee. Il Presidente Dastoli – che ha analizzato vari aspetti sul tappeto, confrontandosi anche con i relatori – è intervenuto più volte nel corso del dibattito. Riportiamo qui una sintesi delle risposte da lui fornite ai vari punti: “Dovremmo concentrarci sugli aspetti economici e sul bilancio dell'UE. C'è una sorta di deadlock nel consiglio, riguardante il Quadro finanziario pluriennale del 2021, rispetto al quale non vi è accordo, al momento. Dobbiamo concentrarci su una domanda specifica al Parlamento europeo sui suoi poteri relativi al quadro finanziario. Infatti, il Consiglio può decidere solo dopo l’approvazione del PE, che – secondo il Movimento europeo - dovrebbe chiedere alla Commissione di ritirare il testo proposto dalla Commissione Juncker il 2 maggio 2018 e presentare un nuovo quadro finanziario. In quello precedente, non vi era incluso ad esempio lo European Green Deal. Bisognerà adesso, inoltre, tener conto dell'emergenza coronavirus e del fatto che l'iniziativa della BCE non è da sola sufficiente. Pertanto è necessario un bilancio federale basato su risorse proprie, che assicuri ai cittadini dell'UE beni pubblici che non è possibile garantire a livello nazionale. Dobbiamo discutere del fatto che la Conferenza sul futuro dell’Europa è un organo senza responsabilità democratica e capacità di fornire risultati e può essere avviata solo se esiste un accordo interistituzionale. Se l'emergenza non finirà, molto probabilmente la conferenza non inizierà il 9 maggio. Ad ogni modo, dobbiamo elaborare una sorta di "Cahiers de doleances" da rivolgere alle istituzioni dell'UE, per identificare ciò di cui la CoFoE dovrà discutere, quali competenze dare all'UE. Dobbiamo preparare le proposte per cambiare l'UE.

Per quanto riguarda lo stato di diritto nell’UE, bisogna includere anche nella petizione: la tutela della solidarietà e delle minoranze, le risposte alla crisi del coronavirus.

Dopo l'emergenza, i governi manterranno il ricorso a procedure eccezionali con cui hanno combattuto l'emergenza ?. È un rischio per la democrazia liberale. Dobbiamo modificare la nostra proposta sullo stato di diritto, tenendo conto del nuovo sistema adottato dai governi per assicurarci che non rimanga così configurato”.

Un ulteriore riferimento è stato quello alle competenze dell’Ue in materia di salute: ”Il progetto di trattato Spinelli conteneva una proposta per dare all'UE la capacità di organizzare una "catena di comando" per combattere le epidemie e assicurare la protezione della salute dei cittadini. Le competenze sanitarie dovevano essere nelle mani dell'UE, non degli Stati membri. Nonostante l’approccio riduttivo del trattato di Lisbona, la Commissione europea avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti previsti dall’UE, quali gli articoli 168, 196, 222 per affrontare l'epidemia di coronavirus, attuando cioè il principio di solidarietà, quello di cooperazione, quello di azione congiunta contro l’emergenza.

Sabato, infine, si è svolto il dibattito virtuale organizzato dall’Associazione Luca Coscioni dal titolo “Coronavirus, scienza e diritti: affrontare l'emergenza, preparare il futuro”. Anche in questo caso, si è potuto assistere ad un confronto tra esperti di numerosi settori disciplinari, dal campo medico a quello giuridico, da quello dell’associazionismo a quello politico e sociologico. Il presidente Dastoli, anche in questa sede, ha sostenuto di essere “d’accordo sull’idea di riflettere su un sistema democratico che vada al di là dell’emergenza. Il rischio è che, passato il peggio, si renda perenne questo stato di emergenza e bisogna riflettere su rischio. Altro punto: è mancata una comunicazione omogenea in ambito europeo. E vi sono perplessità sul fatto che il PE la settimana prossima si riunisca online. Il Parlamento europeo avrebbe dovuto organizzare un dibattito trasparente e aperto sulla lotta al coronavirus. Sappiamo del resto che le competenze europee sulla salute sono blande, però l’articolo 168 parla di una competenza concorrente nel settore della sicurezza sanitaria a fronte di una emergenza. La prossima settimana dovrebbe essere utilizzata per spiegare all’opinione pubblica come far fronte all’emergenza e il Parlamento europeo dovrebbe cogliere questa occasione, per un dibattito finalmente europeo, che non c’è stato attraverso le decisioni del Consiglio. Attualmente c’è un blocco sulle scelte economiche future, in merito al bilancio pluriannuale e, rispetto a questo, c’è il rischio di una emergenza economica e sociale considerevole, devastante, dopo quella sanitaria. Perciò, il Parlamento europeo dovrebbe chiedere alla Commissione di fare un passo indietro rispetto alle proposte sul bilancio della Commissione Juncker del 2 maggio 2018. Abbiamo bisogno di un bilancio diverso, per esempio gli eurobond sono possibili solo se legati a un bilancio forte. Il nuovo progetto dovrebbe essere quinquennale e non settennale e disporre di risorse adeguate, proprie, a un livello maggiore di quello attuale”.

Chiudiamo riportando la dichiarazione del Movimento Europeo Internazionale sulla crisi COVID 19:

“Prendiamoci cura l'uno dell'altro. Il mondo oggi si trova davanti a una crisi che minaccia la nostra salute, la nostra economia e il tessuto stesso della nostra società. La diffusione del virus COVID 19 ha lasciato in tutti noi un senso profondo di incertezza e insicurezza.

In momenti di tale tensione fisica, mentale ed emotiva, quando le persone si sentono sole e spaventate, il miglior rimedio è la solidarietà. Per combattere una malattia che non conosce confini o nazionalità, razza o religione, dobbiamo mettere in comune le nostre risorse e lavorare insieme. In Europa, abbiamo i mezzi per proporre una risposta comune a una sfida più grande del più potente degli stati. Negli ultimi 7 decenni, abbiamo imparato a coesistere e collaborare in pace e armonia, alla ricerca dei nostri interessi comuni. Ora più che mai quegli interessi sono completamente allineati.

Non c'è modo migliore, non c'è altro modo che cercare azioni multilaterali, coordinate e congiunte per fermare l'avanzamento del virus e affrontare le ricadute finanziarie che stanno colpendo l’economia europea. Per proteggere sia i datori di lavoro che i dipendenti, dobbiamo promuovere un insieme di misure fiscali e monetarie, a livello europeo e nazionale. Non è il momento di ritirarsi in ristrette, miopi, risposte nazionalistiche e istintive. Ignorando i pareri scientifici, interrompendo il nostro mercato comune, privando i nostri vicini di assistenza, le nostre stesse condizioni semplicemente peggioreranno. Se non altro, questo virus ci ricorda che siamo forti quanto il nostro vicino. Prendiamoci cura l'uno dell'altro”.


 

Documenti chiave


 

 Carta dei diritti fondamentali

In questi ultimi giorni, a fronte del perdurare di una crisi che sta scuotendo l’Europa e l’Italia in maniera assai grave, si sono cominciate ad attribuire le responsabilità per essere giunti solo dopo 45 giorni ad attivare un meccanismo europeo di intervento rispetto a questa emergenza. Si è trattato di un periodo davvero troppo lungo, rispetto al quale una comunità federale, come si è detto, metterebbe subito in atto un’azione a livello centrale, prioritaria rispetto a quella degli Stati federati. Tale lentezza di riflessi colpisce ancora di più se si pensa che, comunque, sia i trattati che la Carta dei diritti fondamentali fissano alcuni principi comuni da rispettare. L’articolo 36 della Carta, appunto, parla del diritto di accesso ai servizi di interesse economico generale. Dov’è il legame con la salute? C’è, anche se indiretto. Infatti, ai sensi di tale articolo, l’Unione europea interviene nel settore economico per garantire che, nel rispetto dei parametri economici da parte degli Stati membri – per esempio quello relativo al rapporto deficit – PIL – sia possibile creare una rete di servizi di interesse generale. Ciò per garantire la coesione economica e sociale, e le esigenze di benessere e di protezione sociale. E la tutela della salute, come sta purtroppo emergendo nell’ambito delle risposte da trovare alla crisi generata dal virus COVID-19, può avere ricadute economiche e sociali davvero importanti. Se quindi il cittadino non ha solo il diritto di curarsi, ma è anche suo dovere farlo per tutelare la salute delle persone attorno a sé, tale processo può attuarsi solo grazie ad un intervento istituzionale che sia rapido e tempestivo e che coinvolge senza dubbio anche l’Unione europea, pur considerati i suoi numerosi affanni.


 

L’Europa dei diritti

Il 5 marzo scorso, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emesso una sentenza che riteniamo interessante, considerato l’argomento della settimana. Riguarda infatti l’interpretazione della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. Secondo l’art. 132, par. 1 della direttiva, “Gli Stati membri esentano (dal versamento delle imposte, bdr) […] l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti”.

Ma veniamo ai fatti. Nel febbraio 2014, una società a responsabilità limitata di diritto tedesco ha fornito, per conto delle casse malattia pubbliche, consultazioni telefoniche su diversi argomenti relativi alla salute e ha condotto programmi di accompagnamento, per telefono, di pazienti affetti da malattie croniche o di lunga durata. Tali prestazioni erano fornite da infermieri e da assistenti sanitari, la maggior parte dei quali disponeva anche di una formazione cosiddetta di «educatore sanitario». In più di un terzo dei casi, interveniva inoltre un medico, che prendeva in carico la consulenza o, in caso di richiesta di precisazioni, forniva indicazioni o un secondo parere. Nell’ambito di tali attività, tale società ha chiesto di beneficiare di un’esenzione dall’imposta. Ciò nonostante, l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che le prestazioni interessate fossero imponibili. La s.r.l. ha presentato ricorso al giudice competente ma, in primo grado, questo è stato respinto. Ha quindi presentato ricorso per cassazione dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania). A sua volta, tale Corte ha invocato la Corte di Giustizia dell’Ue per chiarimenti in merito sia alla possibilità di ammettere l’esenzione fiscale, sia al fatto se fosse sufficiente che la consulenza telefonica fosse effettuata da «educatori sanitari» e che, in circa un terzo dei casi, intervenisse un medico. Rispetto a ciò, ai sensi della direttiva 2006/112/CE, la Corte ha ritenuto che “prestazioni fornite per telefono, consistenti nel dare consulenze relative alla salute e alle malattie, possono rientrare nell’esenzione prevista da tale disposizione, a condizione che esse perseguano uno scopo terapeutico, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”. Inoltre, secondo la Corte, la suddetta direttiva “non impone che, per il fatto che prestazioni mediche sono fornite telefonicamente, gli infermieri e gli assistenti sanitari che offrono tali prestazioni siano soggetti a requisiti di qualificazione professionale supplementari, affinché dette prestazioni possano beneficiare dell’esenzione prevista da tale disposizione, a condizione che esse possano essere considerate come aventi un livello di qualità equivalente a quello delle prestazioni fornite da altri prestatori che utilizzano lo stesso mezzo di comunicazione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.

Per consultare il testo integrale della sentenza, clicca qui.


 

Consigli di lettura

Questa settimana, considerato il livello di attenzione concentratosi sull’aiuto economico europeo all’Italia e sulle sue possibili implicazioni future, suggeriamo la lettura di un saggio all’interno di “Studi sull'integrazione europea: rivista quadrimestrale di Diritto dell’Unione europea n. 3/2013”. È a firma del prof. Andrea Cannone, docente ordinario di Diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, e si intitola “Su alcune recenti clausole giurisdizionali relative alla Corte di Giustizia dell’Unione europea” [pp. 469 – 485]. Spiega come si risolvano le controversie interpretative in merito al Trattato istitutivo del MES, siglato a Bruxelles il 2 febbraio 2012; per chi voglia ricostruire tali aspetti del Meccanismo Europeo di Stabilità, questo testo ci è sembrato un buon punto di partenza.


 

Agenda della settimana

 

Lunedì 23 marzo

Consiglio Affari esteri. All'ordine del giorno: discussione sulla situazione attuale, con l’obiettivo di riesaminare questioni urgenti nell'agenda internazionale.

Il commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, discuterà con Filippo Grandi, alto commissario dell'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Il commissario europeo per il vicinato e l'allargamento, Olivér Várhelyi, incontrerà Valentin Inzko, alto rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina, e Nassif Hitti, ministro degli affari esteri del Libano.

 

Lunedì 23 marzo - Martedì 24 marzo
BEI - Riunione di chiamata degli stakeholder (webinar). La BEI sta portando avanti la roadmap per la Banca climatica del gruppo BEI 2021-2025 attraverso una serie di 4 webinar. Sarà un'opportunità per le parti interessate di esprimere le proprie opinioni e condividere le proprie competenze con gli esperti della BEI che guidano questa transizione. Gli esperti climatici, ambientali e sociali della BEI risponderanno anche alle domande inviate dal pubblico.

 

Martedì 24 marzo
Consiglio Affari generali. I ministri discuteranno del processo di allargamento, stabilizzazione e associazione, con particolare attenzione all'Albania e alla Macedonia settentrionale. Si tratteranno anche i temi del semestre europeo e della situazione dello stato di diritto in Polonia e Ungheria.

Il Commissario europeo per il vicinato e l'allargamento Olivér Várhelyi riceverà l'Alto Commissario OSCE per le minoranze nazionali, Lamberto Zannier.

 

Martedì 24 marzo - Mercoledì 25 marzo
Forum 2020 delle regioni ultraperiferiche. L'evento riunirà i presidenti delle regioni ultraperiferiche, i ministri dei rispettivi Stati membri, il commissario per la coesione e le riforme e altri membri della Commissione, le parti interessate e gli esperti interessati ad apprendere dall'esperienza di queste speciali regioni dell'UE. Il forum esaminerà i progressi compiuti nell'ambito della comunicazione del 2017 su un rinnovato partenariato strategico con le regioni ultraperiferiche dell'UE. Inoltre, il Forum affronterà tre temi rilevanti per le regioni ultraperiferiche: i cambiamenti climatici e la biodiversità, l'economia circolare e l'economia blu.

 

Mercoledì 25 marzo
Riunione collegiale dei commissari, che discuteranno sul piano d'azione 2020 per i diritti umani e la democrazia. Il vicepresidente della Commissione europea Joseph Borrell sarà responsabile dell'incontro.

Mercoledì la commissaria europea per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič, parlerà in videochiamata con la direttrice esecutiva dell'UNICEF Henrietta Fore.

 

Giovedì 26 marzo
Sessione plenaria di Bruxelles. Il Parlamento europeo terrà una sessione plenaria straordinaria per discutere e votare le prime tre proposte della Commissione europea per affrontare gli effetti della pandemia di COVID-19 negli Stati membri dell'UE. All'ordine del giorno: l'Iniziativa di investimento per la risposta al Coronavirus, che metterà a disposizione degli Stati membri 37 miliardi di euro dei fondi di coesione per affrontare le conseguenze della crisi, una proposta legislativa per estendere il campo di applicazione del Fondo di solidarietà dell'UE alle emergenze sanitarie, una proposta per fermare i cosiddetti ‘voli fantasma’ causati dall'epidemia di COVID. La sessione plenaria sarà la prima a utilizzare un sistema di voto a distanza.

Videoconferenza sull'epidemia di COVID-19. I membri del Consiglio europeo daranno seguito, in videoconferenza, alla risposta dell'UE all'epidemia di COVID-19. I capi di Stato e di governo si concentreranno su alcuni punti: limitare la diffusione del virus, fornire attrezzature mediche, promuovere la ricerca, compresa quella di un vaccino, affrontare le conseguenze socioeconomiche e aiutare i cittadini bloccati in paesi terzi.

Il commissario europeo per l'economia Paolo Gentiloni terrà una videoconferenza con Ana Botin, presidente esecutivo del gruppo Santander.

 

 

 

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