La Commissione europea sul rispetto del diritto dell’Unione: in corso una valutazione con gli stati, per ora si viaggia come già previsto
Il 13 ottobre la Commissione europea ha reso nota la Comunicazione sull’applicazione del diritto dell’Unione “Enforcing EU law for a Europe that delivers” ([1]).
Nel documento, piuttosto deludente ([2]), si ribadisce con una certa enfasi- soprattutto nella prima parte- il carattere strategico che una corretta ed uniforme applicazione del diritto sovranazionale riveste per l’Unione in quanto “community of law based in common values shared by Member States”. Il principio del primato del diritto dell’Unione è fondato sul principio di eguaglianza di fronte ai Trattati ed è il prerequisito per l’equità, la democrazia ed il rispetto dei diritti fondamentali; la legge sovranazionale è la base di quello che l’Unione può fare nel mercato interno, nel guidare verso una transizione per realizzare un’Europa più verde e digitale, per proteggerne i valori e garantire un’ effettiva cooperazione giudiziaria e la sicurezza nei suoi territori (che sono sembrati alla Commissione i punti più rilevanti da sottolineare delle politiche in corso, con la discutibile rimozione di quelle sociali). Per questa ragione sono stati istituzionalizzati negli ultimi anni strumenti specifici che forniscono informazioni preziose per conoscere il grado di implementazione del diritto UE come l’annuale Rule of Law report, l’European democracy action plan, la rinnovata strategia per l’efficacia della Carta di Nizza ([3]). Il sistema può funzionare solo se la Commissione come “guardiano dei Trattati” riesce idoneamente a cooperare con gli stati membri (dai giudici nazionali alle “ National competion and regulatory authorities or statutory authorities like consumer or indipendent data protection supervisory authorities”) anche se le “ infringiment procedures” (di cui il rinvio alla Corte di giustizia rappresenta l’extrema ratio) restano essenziali.
La Comunicazione offre qualche esempio di interventi sovranazionali di sollecitazione a corrette applicazione della normativa UE come nel settore del riconoscimento delle qualifiche professionali, nel coordinamento tra i sistemi di sicurezza sociale (con conferme delle posizioni della Commissione da parte della Corte di giustizia), con il meccanismo della SOLVIT cooperation per risolvere problemi transfrontalieri anche grazie all’exspertise messa a disposizione dalla stessa Commissione, per rendere il prima possibile operative le “ new value- added tax (VAT) rules for e-commerce” ( entrate in vigore nel 2021).
Azioni specifiche risultano essere state promosse per proteggere, alla luce dell’art. 2 TUE e dell’art. 21 della Carta, le persone LGBTIQ e per difendere la libertà di informazione, a supporto della migrazione legale e dell’equo trattamento di cittadini di paesi terzi o per combattere l’hate speech (con il ricorso in questi ultimi casi anche alla Corte di giustizia). La Commissione intende rafforzare la cooperazione con le Corti nazionali, soprattutto attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale che offre informazioni essenziali sul rispetto del diritto dell’Unione negli stati, e per questo ha ritenuto di dover attivare procedure di infrazione per casi di violazione dei principi dell’ autonomia, primato, effettività ed uniforme applicazione del diritto UE, così come del rispetto dell’autorità della Corte di giustizia. I rinvii pregiudiziali sono, comunque, in sensibile incremento dai 385 nel 2010 agli attuali 567. Sforzi per evitare che si giunga alle procedure di infrazione sono stati compiuti in particolare nel settore Data protection (anche attraverso le autorità di supervisione interne) e con gli European Consumer Centres per rafforzare la consumer law sovranazionale, e con un’attività crescente di comitati, networks, gruppi di esperti in svariate materie (ad es. copyright, per il cosidetto mobility package, per facilitare la cooperazione amministrativa nel mercato interno) per chiarificare il significato delle norme ed orientare gli operatori economici ed i cittadini. Si ricordano meccanismi più specifici di monitoraggio come quello di valutazione sul funzionamento effettivo del sistema Schengen o i Report annuali sulla Rule of the law; buoni risultati sembra aver dato il cosidetto EU Pilot, cioè l’avvio di una sorta di procedimento pre-infrazione per casi non particolarmente sensibili ( si citano quelli sull’uso di codici IBAN o sull’accesso cross-border ai sistemi sanitari) e comunque nei quali un negoziato appare promettente (l’80% per casi azionati con l’EU Pilot è stato risolto positivamente).
Si ribadisce nettamente l’orientamento già consolidato a partire dal 2017 secondo il quale “The primacy purpose of the infringement procedure is to ensure that the Member States give effect to EU law in the general interest, not to provide individual redress. So the Commission’s strategic approach means that infrigment procedures rarely focus on individual matters, but rather on systemic and structural issues affecting a large number of persons in a given Member States or accross the Union”. Per i casi isolati che non mostrano una connessione con questioni di principio ( ad es. il mancato recepimento di una direttiva ) o con situazioni diffuse di interesse generale resta la via nazionale del ricorso al giudice comune: per ottenere il danno o la rimozione del provvedimento interno i singoli devono rivolgersi alle autorità giurisdizionali interne non essendo la Corte di giustizia neppure autorizzata ad ordinare ad uno stato membro di pagare i danni per l’avvenuta violazione del diritto dell’Unione (questo profilo può essere solo indirettamente affrontato, essendo il giudizio della Corte rivolto allo stato nella procedura di infrazione). Questa limitazione certamente appare problematica perché i rimedi interni possono non essere sempre idonei ad offrire al singolo un equo ristoro ([4]) ed anche, se non soprattutto, perché sembra emergere una discrezionalità amplissima da parte della Commissione difficilmente ricostruibile neppure ex post nel selezionare i casi da perseguire direttamente. A pag. 21 si ammette che la Commissione riceve ben 4000 esposti all’anno su violazioni dell’Unione e che vi è un approfondimento anche para-istruttorio solo laddove questi siano “related to sistemic or structural braches of EU law in Member States” . Si aggiunge comunque che nel 90% delle ipotesi in cui si profili una violazione del diritto dell’Unione si giunge ad una soluzione concordata, prima di arrivare ad adire la Corte di giustizia. Alcuni esempi vengono forniti di ricorso con successo alla procedura di infrazione (ed anche ad alcune sentenze della Corte di giustizia) come per l’Ambient Air Quality Directive (2008/50/EC) ([5]), nella protezione delle foreste europee, nel settore dei servizi e nell’accesso al pubblic procurament, nella geo-blocking regulation (contro la discriminazione nell’e-commerce in base della nazionalità o del paese di residenza dei consumatori): da ultimo (senza nominare lo stato coinvolto) si ricorda la procedura di infrazione contro la Polonia per il pensionamento anticipato dei suoi giudici ritenuto, per le sue modalità, pericoloso per l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario. La Commissione sottolinea che il numero di infrazioni (che sono automatiche, anche per un solo giorno) per la mancata trasposizione di una direttiva entro la deadline sono in diminuzione così come quelle per una non corretta applicazione dei Trattati, della legislazione o delle decisioni, mentre sono in aumento i casi di infrazione aperti in seguito ad investigazioni adottate dalla stessa Commissione, frutto della decisione del 2016 di perseguire prioritariamente le ipotesi di interesse strategico europeo. Nelle due ultime pagine si sostiene che la Commissione avrebbe razionalmente nelle due crisi della pandemia e poi del conflitto in Ucraina ( e da ultimo con la crisi energetica) evitato che l’emergenza portasse gli stati a forme di violazione grave del diritto dell’Unione attivando però forme di flessibilizzazione delle regole (come ad esempio realizzato nella materia degli aiuti di stato con il Temporary frame work) o strumenti di pronto intervento e/o di indirizzo degli stati in settori sottoposti a tensioni straordinarie come l’immigrazione o gli scambi commerciali di gas o anche di cibo.
Si conclude annunciando che è allo studio con gli Stati membri come rendere più trasparente l’attività svolta per far rispettare il diritto dell’Unione e quali modifiche istituzionali si potrebbero introdurre in modo da poter aumentare l’effettività del sistema nel suo complesso: su questo la Commissione riferirà nel 2023.
In conclusione si tratta di un Documento interlocutorio, privo di proposte innovative, dal quale sembrerebbe emergere che nel complesso la rivolta contro il diritto dell’Unione e il suo primato promossa da Polonia ed Ungheria (cui oggi sembrerebbe volersi aggiungere il Governo Italiano) non ha portato ad una disubbidienza generalizzata o molto più intensa rispetto al passato. Nel complesso la Commissione sembra non aver perso il controllo della situazione obiettivamente resa più difficile dalle sfide alla “normatività sovranazionale” indotta dalle crisi legate alla pandemia ed alla guerra in corso nei territori europei. Forse emerge un sovraccarico della Corte di giustizia per l’accrescersi dei rinvii pregiudiziali ma nel complesso il sistema sinergico di controlli operati dalla Commissione in collaborazione con la Corte dell’Unione e gli stati membri (ed i loro organi giudiziari e amministrativi) sembra tenere, anche se la Commissione ha aperto un confronto per raggiungere una maggiore trasparenza ed efficacia nel rispetto del diritto dell’Unione. Sarà importante discutere le proposte che nel prossimo anno saranno definite perché molto alta è,invece, la convinzione nell’opinione pubblica paneuropea che vi si siano molte lacune nell’applicazione di questo diritto e che la discrezionalità di cui gode la Commissione sia eccessiva e troppo legata a valutazioni non strettamente giuridico- costituzionali. Un banco di prova saranno le imminenti decisioni se sospendere o meno i fondi del PNRR (o addirittura quelli di coesione) ad Ungheria e Polonia, decisioni rinviate in seguito ai negoziati in corso, alla luce del Regolamento sulla condizionalità del 2020 (2020/2092). Qui si vedrà come si bilanceranno saggezza politica e spirito di equilibrio con la tutela della rule of the law nei territori dell’Unione.
Giuseppe Papi Bronzini - Segretario Generale
[1] COM (2022) 518 final
[2] In una nota si avverte che la Comunicazione del 13 ottobre non sostituisce la precedente del 2016 –Com (2016) 8600- che “define the operational frame work and rules for the Commission’s action on complaint and infregements”.
[3] COM (2020) 711
[4] Come noto non è sufficiente che sia stato violato un diritto protetto dall’Unione per ottenere un ristoro a chi ne ha derivato un danno, ma occorre che ricorrano altri esigenti presupposti che attengono alla qualificazione della violazione per ottenere il risarcimento.
[5] Si valuta che l’intervento sovranazionale contro l’inquinamento abbia impedito decine di migliaia di decessi