Il 22 agosto i cinque relatori della Commissione Affari Costituzionali hanno finalmente dato il loro ok al rapporto di 116 pagine sulla revisione del Trattato di Lisbona firmato nel 2007 e entrato in vigore nel 2009.
Contrariamente a quel che scrive Politico il rapporto non è stato firmato dal relatore ECR e cioè il gruppo politico a cui aderiscono Fratelli d’Italia, Vox spagnolo e PiS polacco, un relatore il cui nome fu imposto dal Ppe.
Il Ppe deve ora decidere se vuole dissociarsi da una eventuale maggioranza di destra-centro che escluda i socialisti e i verdi sapendo che del gruppo dei relatori non faceva parte un rappresentante di Identità e Democrazia e cioè il gruppo a cui aderiscono la Lega, Rassemblement National e Afd.
Se questa coalizione europeista fosse confermata si tratterebbe di un segnale politicamente significativo per l’Italia perché la maggioranza del governo di destra-centro si presenterebbe divisa alle elezioni europee sulle priorità del futuro dell’Europa fra Forza Italia da una parte e la Lega e Fratelli d’Italia dall’altra.
Giorgia Meloni, che vorrebbe inviare a Bruxelles Raffaele Fitto al posto di Paolo Gentiloni, dovrà decidere se vuole rimanere in minoranza in Europa con il PiS, Vox, la Lega, Rassemblement national e Afd ma anche con l’ungherese Fidesz o se vuole dissociarsi nel gruppo ECR dai polacchi (che andranno al voto il 15 ottobre per eleggere il parlamento e decidere per referendum su una politica migratoria lontana dagli interessi italiani) e allearsi con Ppe, socialisti, verdi, liberali e sinistre.
Da parte sua il leader bavarese del Ppe Manfred Weber (impegnato nelle elezioni nel suo Land l’8 ottobre ed in dibattito tedesco sui rapporti con Afd) dovrà decidere se abbandonare l’ipotesi dell’accordo di Palazzo Chigi con Giorgia Meloni o cercare di convincere tutto il Ppe a intraprendere la strada perigliosa del modello di destra-centro italiano, svedese e finlandese.
Il Ppe non ha tuttavia ancora deciso perché la conferenza stampa di presentazione del rapporto sulla revisione del Trattato di Lisbona non è stata ancora convocata e il tema non appare all’odg dell’Afco il 7 settembre.
Vale la pena di ricordare che nel 1980 il Parlamento europeo era diviso fra coloro che si illudevano di essere ascoltati dai governi se avessero scelto la via apparentemente pragmatica di una revisione parziale dei Trattati di Roma del 1957 e del negoziato intergovernativo o chi riteneva che bisognasse intraprendere la via più ambiziosa e innovativa di scrivere un nuovo Trattato secondo il metodo democratico costituente.
Come sappiamo prevalse questa seconda via e il Parlamento europeo approvò il 14 febbraio 1984 a larga maggioranza il progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea.
Di fronte all’immobilismo dei governi noi riteniamo che il prossimo Parlamento europeo debba trasformare il rapporto dell’Afco in un nuovo testo che sostituisca integralmente il Trattato di Lisbona aprendo la prospettiva di una vera costituzione europea e evitando l’ostacolo della Convenzione e di un negoziato intergovernativo, avviando un dibattito con i parlamenti nazionali e riproponendo il metodo di un referendum paneuropeo che fu chiesto nel 2002 dalla maggioranza dei membri della Convenzione presieduta da Valery Giscard d’Estaing.
Pier Virgilio Dastoli
1° settembre 2023