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L’OPINIONE DEL CIME SUL VERTICE EUROPEO

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Il 15 dicembre, nel quadro di una giornata insolitamente densa di autorevoli eventi dedicati all’Europa svoltisi a Roma, si è tenuta la riunione del Consiglio di Presidenza del CIME che ha analizzato, in particolare, i risultati del Vertice europeo dell’8-9 dicembre.

Un dibattito molto ampio e approfondito ha vagliato la bozza di una risoluzione proposta dal Presidente Pier Virgilio Dastoli, trovando un compromesso su un testo molto più articolato che propone anche alcune concrete iniziative da avviare per il 2012 e che contiene un appello anche al nuovo Governo italiano.

Il testo integrale di Dichiarazione approvata, è il seguente:

 


La presidenza del Consiglio Italiano del Movimento Europeo si è riunita a Roma per esaminare lo stato dell'Unione europea e le più recenti decisioni assunte a Bruxelles dal Consiglio e dal Parlamento europeo.
La presidenza del Consiglio Italiano del Movimento europeo ha ricordato, ad un anno dalla sua scomparsa, il contributo determinante di Tommaso Padoa Schioppa alla costruzione di un'Europa democratica e solidale.
Con la decisione dei capi di Stato e di governo dell'Eurozona nella notte fra l'8 ed il 9 dicembre di elaborare ed adottare nel prossimo marzo un trattato per garantire il governo dell'Euro e con la decisione della Conferenza dei capi gruppo del PE del 15 dicembre di preparare un piano alternativo a quello dei governi da approvare agli inizi del prossimo febbraio, si è aperta sotto l’urgenza una nuova fase di progettazione strategica per gli Stati e per le istituzioni europee che intendono approfondire la costruzione europea nella sua dimensione federale coinvolgendo le forze politiche, economiche e sociali e gli stessi cittadini.
La nuova partita è soltanto agli inizi.
Il CIME lancia innanzitutto un appello pressante al governo - ed in particolare al presidente del Consiglio di cui conosciamo il sincero impegno europeista - al parlamento, alle forze politiche, alla Confindustria ed ai sindacati, alle organizzazioni della società civile proponendo la convocazione urgente di una grande Conferenza nazionale sul futuro dell'Europa dalla quale far scaturire una strategia rinnovata dell'Italia nel solco dell'ispirazione di De Gasperi e Spinelli.
In questo quadro il CIME ricorda la proposta di promuovere la convocazione di assise interparlamentari come quelle che si riunirono a Roma nel novembre 1990, una proposta che è stata rilanciata dalla Camera dei Deputati nella risoluzione sull'Italia e l'Europa del 7 settembre 2011.
Il Consiglio italiano del Movimento Europeo esprime tuttavia vivissima preoccupazione per la miopia dei governi. Essi non vedono che l'adozione di misure urgenti (ancora drammaticamente parziali come è stato sottolineato ancora ieri da Mario Draghi e davanti al PE dal Presidente Barroso) per garantire stabilità, crescita e solidarietà deve essere parallelamente accompagnata dall'avvio urgente di una riflessione su una revisione globale della ripartizione delle competenze fra Unione e Stati membri al fine di attribuire alla dimensione europea il governo di beni pubblici di natura federale, sul rafforzamento della legittimità democratica delle istituzioni europee, sull'ineluttabile coerenza fra l'Unione monetaria, l'Unione economica e l'Unione politica, sulla trasposizione in politica estera, di sicurezza e di difesa delle scelte di politica interna.
Nel salutare con soddisfazione la decisione della Conferenza dei capi gruppo nel PE per un piano alternativo, il CIME sollecita il Parlamento europeo ad accompagnare l'approvazione di questo piano con la richiesta al Consiglio della convocazione di una convenzione costituente sulla base dell'articolo 48 del trattato di Lisbona.
Per impedire l'inaccettabile veto inglese - che poteva essere superato dai paesi dell'Eurozona all'interno dei trattati solo con la convocazione a maggioranza semplice di una conferenza intergovernativa - si sono di fatto prospettate formule istituzionali incompatibili con il quadro ordinario delle competenze della Commissione, del Parlamento europeo e della Corte di Giustizia.
Sul piano strettamente giuridico l’ultimo Consiglio europeo e le decisioni dell'Eurozona costituiscono una deviazione dalle procedure previste dai Trattati e come tale una violazione del principio di cooperazione leale che caratterizza le relazioni tra Stati membri e istituzioni europee come richiesto dall’art. 4 del Trattato UE secondo il quale “gli Stati membri facilitano all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione”.
All'incertezza politica si è così aggiunta una grave incertezza giuridica con l'avvio di un processo di cui non sono ancora chiari gli obiettivi, il contenuto del progetto, il metodo ed il calendario.
Anche nell'ipotesi in cui 26 paesi membri od un numero minore di essi riuscissero ad elaborare ed adottare un trattato al di fuori dell'Unione applicando il metodo Schengen o il metodo Pruem e nell'ipotesi in cui tale trattato fosse ratificato dai paesi firmatari o da una parte di essi, il nuovo trattato incontrerebbe gravi problemi di funzionamento per l’inevitabile intreccio che verrebbe a determinarsi tra le sue norme e quelle dell’Unione.
Registriamo in questo quadro un rischioso divorzio degli Stati membri dal quadro legale dell’Unione anche perché si tratterà di una diversione da quello che avrebbe potuto essere il percorso principale di un'Unione capace di garantire stabilità e disciplina di bilancio, solidarietà e crescita sostenibile, legittimità e democrazia nelle decisioni.
Il CIME confida ancora nella futura determinazione del Parlamento europeo per contrastare i rischi insiti nella decisione dei governi e per imprimere una svolta all'integrazione europea e saluta con favore gli orientamenti adottati dal Gruppo Spinelli nella riunione dell'8 dicembre auspicando un più efficace lavoro comune delle organizzazioni federaliste in Europa.
Il CIME ha deciso infine di promuovere una campagna di informazione e comunicazione rivolta all'opinione pubblica italiana sul valore culturale e sociale dell'unificazione europea che prevale sul patrimonio delle sue realizzazioni politiche ed economiche e sui rischi di regressione del processo di integrazione.

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