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Newsletter 25 Marzo/2024 - L'EDITORIALE

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CHE FARE DOPO LE ELEZIONI EUROPEE?

Il voluminoso rapporto, votato con una ristretta maggioranza dal Parlamento europeo il 22 novembre 2023 (LINK) con l’obiettivo di avviare per la prima volta dal 2009 la procedura per la revisione dei trattati, è sostanzialmente scomparso dall’agenda europea.

Non ne parlano i manifesti dei partiti europei in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 approvati dai loro congressi (LINK) o meglio

  • quello dei popolari i cui parlamentari si opposero infine a maggioranza il 22 novembre a quel rapporto costringendo tuttavia gli altri gruppi ad accettare in sede di emendamenti compromessi fortemente riduttivi rispetto all’ambizione iniziale della Commissione affari costituzionali,
  • quello dei socialisti che si esprime in modo articolato sulle politiche (policies) ma non sul modo in cui attuarle (politics) per nascondere le divergenze fra europeisti convinti ed europeisti tiepidi se non euro-nazionalisti,
  • quello dei liberali che esprime un teorico atto di fede verso una unione sempre più stretta (dixi et salvavi animam meam) e tace sul metodo e sui tempi per realizzarla tradendo così l’impegno del liberale Guy Verhofstadt spesosi a favore della Convenzione come provvisorio risultato della sua presidenza belga del Consiglio con la Dichiarazione di Laeken a dicembre 2001 che tracollò prima per la decisione dei governi di trasformare il già modesto trattato-costituzionale in un indecifrabile ermafrodita e poi con i referendum francese e olandese,
  • e poi quello dei Verdi che sceglie invece di uscire dal cul de sac in cui si è infilato il Parlamento europeo chiedendo di aprire le porte del labirinto della Convenzione preferendo la via più diretta del processo costituente.

Non vale la pena di parlare del manifesto delle sinistre europee paralizzate dal contrasto fra la maggioranza di sovranisti che rigettano per ragioni ideologiche il passato e il presente dell’Unione europea ritenendo invece che il futuro dell’Europa debba essere affidato alla improbabile vittoria del socialismo radicale a livello nazionale e una esigua minoranza di federalisti fedeli al messaggio del Manifesto di Ventotene.

Non si può naturalmente parlare dei mai concepiti e mai nati manifesti dei seguaci dell’Europa confederale delle Nazioni uniti o piuttosto disuniti nei “conservatori e – chissà perché - riformisti” e dei sovranisti puri e duri con forti pulsioni di estrema destra che appartengono nel Parlamento europeo al gruppo Identità (nazionale) a cui si accompagna grottescamente la parola Democrazia sapendo che gli uni e gli altri contestano il metodo sovranazionale dei candidati di punta (Spitzenkandidaten) alla presidenza della Commissione europea.

Non parla del rapporto del 22 novembre la comunicazione di Ursula von der Leyen del 20 marzo 2024 (LINK) sulle conseguenze dell’allargamento per le riforme interne in cui la ormai candidata di punta del PPE alla sua conferma dimentica il suo retorico “è venuto il momento della Convenzione” lanciato nell’emiciclo di Strasburgo nel lontano 15 settembre 2022 ed anche l’impegno che ha preso con il Parlamento europeo a gennaio 2024 di presentare entro la fine di febbraio una roadmap sul futuro dell’Europa avendo la Commissione preferito di condividere la scelta dei governi di garantire l’efficacia del funzionamento dell’Unione europea ampliata a trattati costanti.

Infine non ne parlano i governi che, divisi ormai su quasi tutto come è apparso nell’inconcludente Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, sono d’accordo sull’idea di impedire l’apertura del vaso di Pandora della revisione dei trattati attraverso la Convenzione perché gli Stati piccoli vogliono mantenere il potere di veto e un commissario per paese, i cosiddetti frugali sostenuti dalla Germania non vogliono cambiare le regole del bilancio, gli euro-nazionalisti non vogliono affidare maggiori competenze all’Unione europea e la Francia non vuole rinunciare alla sua gollista force de frappe in politica estera e di difesa.

Cosicché i ministri degli affari europei hanno predisposto il 19 marzo le conclusioni del successivo Consiglio europeo del 21 e 22 marzo ripetendo la formula scritta dai diplomatici e dal segretariato del Consiglio che chiude definitivamente la porta alla riforma del Trattato di Lisbona.

Bisogna preparare il terreno, coinvolgendo singoli candidati e le reti della società civile, affinché denuncino i rischi dell’immobilismo intergovernativo e diplomatico – che sarebbe comunque inevitabile se, per ipotesi assurda, si creasse nel Consiglio europeo una maggioranza semplice di capi di Stato o di governo favorevole alla procedura ordinaria dell’articolo 48 TUE – e creino le condizioni per l’avvio di un processo costituente dal basso con l’insurrezione pacifica di assemblee di cittadine e di cittadini e nelle istituzioni parlamentari nazionali ed europea promuovendo parallelamente la convocazione di una nuova Conferenza sul futuro dell’Europa che abbia al suo centro un modello di democrazia partecipativa e di assise interparlamentari aperte ai rappresentanti dei paesi candidati e dei poteri locali e regionali.

In questo quadro appare necessario convocare due contro-Vertici - in occasione della quarta (18 luglio 2024, Regno Unito) e della quinta (7-8 novembre 2024, Ungheria) riunione della Comunità Politica Europea - che abbiano all’ordine del giorno i temi della pace, della democrazia e della giustizia sociale e sollecitando l’assemblea del Forum della società civile di Marsiglia dal 25 al 27 aprile ad approvare questa proposta.

Roma, 25 marzo (anniversario della firma dei Trattati di Roma)

coccodrillo

 

 

 

 

 

 

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