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Newsletter 12 Giugno/2023 - L'EDITORIALE

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L’accordo di Lussemburgo è anti-storico e un pessimo segnale per l’Europa

Il cosiddetto accordo raggiunto a Lussemburgo dai ministri degli interni dei ventisette paesi membri dell’Unione europea con l’imprimatur della Commissione europea non è “storico”, come è stato giudicato da alcuni ministri e da una parte della stampa, ed è un pessimo segnale per la realizzazione di una politica migratoria europea che sia finalmente adottata nell’interesse dell’Unione europea e delle decine migliaia di persone che sono sospinte (push factor) al di fuori dei loro paesi da guerre, carestie, disastri ambientali ed espropriazione delle terre.

Non è storico perché – contrariamente alla narrazione diffusa dal governo italiano - il tema delle politiche migratorie è sui tavoli delle istituzioni europee da quasi dieci anni ed i governi nazionali, la Commissione europea insieme al Parlamento europeo ne parlano in continuazione senza giungere a delle conclusioni adeguate ad affrontare una questione che non è emergenziale ma strutturale.

Negli ultimi anni è prevalso un approccio che si è sempre più concentrato sull’obiettivo di difendere le nostre frontiere esterne, facilitare i rimpatri nei paesi di provenienza e ostacolare le partenze non solo con la giusta lotta ai trafficanti di essere umani ma con una crescente ostilità verso le organizzazioni non governative che operano in mare o nei paesi di origine.

Dall’accordo di Lussemburgo è giunto dunque un pessimo segnale che conferma la linea adottata dal Consiglio europeo del 9 febbraio e che è sostanzialmente condivisa dalla Commissione europea schierata dalla parte dei governi che sfruttano per ragioni elettorali le paure ancestrali di molte popolazioni europee verso inesistenti rischi di essere sopraffatte dai flussi migratori ignorando il fatto che la grande maggioranza dei richiedenti asilo emigrano in primo luogo nei paesi vicini dell’Africa e poi nel resto del mondo soprattutto nei paesi in via di sviluppo con una percentuale molto limitata in Europa.

L’accordo ha suscitato riserve, dubbi e reazioni negative innanzitutto in Germania dove nella stessa SDP si sono levate voci critiche nei confronti della ministra (SPD) degli interni Nancy Faeser, nel Parlamento europeo dove i Verdi lo hanno giudicato “disumano” ma anche in Italia dove nella migliore delle ipotesi si è scritto che è stato un “mezzo accordo” ma si sono sottolineati anche i rischi che tutto evapori per l’ostilità di chi ha votato contro (Polonia e Ungheria) o si è astenuto (Malta, Bulgaria, Lituania e Slovacchia) dato che molti punti dell’accordo poggiano sul carattere volontario della sua attuazione.

Delle reazioni in Italia vale la pena di citare l’editoriale di Innocenzo Cipolletta (“L’accordo sui migranti è solo un palliativo”, Domani 10 giugno) e l’intervista di Mario Morcone su La Stampa (“I rimpatri sono una soluzione illusoria: questa politica non parla mai di integrazione”) oltre ai molti commenti quando si è posata la polvere del trionfalismo in cui si dice che “l’accordo già vacilla”.

Noi ci aspettiamo che la maggioranza del Parlamento europeo usi fino in fondo il suo potere legislativo di codecisione per impedire che l’Unione compia un inaccettabile salto all’indietro in aperta violazione dell’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali consacrato alla difesa della dignità umana.

Roma, 10 giugno 2023

coccodrillo

 

 

 

 

 

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