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2-8 May 2022

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Saturday 7 May

 

 

 

 

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VI SEGNALIAMO

  • Mercoledì 4 maggio 2022, ore 10:30-12:30, Roma. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro promuove il Convegno "Il futuro della Conferenza sul futuro dell'Europa" presso la sede del CNEL e in diretta sul sito e sul canale Youtube del CNEL. Dopo i saluti istituzionali del Presidente CNEL Tiziano Treu, del Vicepresidente Floriano Botta, del Capo Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri Diana Agosti e di Mattia de’ Grassi, Gabinetto della Vicepresidente Commissione Europea Dubravka Šuica, Responsabile della Democrazia e della Demografia, intervento di Sergio Fabbrini, LUISS Guido Carli. Segue una tavola rotonda su "esiti e prospettive della Conferenza sul futuro dell’Europa". Seguono Q&A e dibattito con i rappresentanti dei CES nazionali europei e della Società Civile. Lettura di brani del discorso del Presidente David Sassoli in occasione dell’avvio della Conferenza sul Futuro dell'Europa. Conclusioni a cura del Presidente del CNEL. PROGRAMMA DETTAGLIATO.
  • Martedì 10 maggio 2022, ore 10:00-13:00/15:00-17:00. Decima riunione della "Piattaforma italiana per la Conferenza sul futuro dell’Europa" - creata dal Movimento europeo in Italia nel settembre del 2019 e a cui aderiscono oggi circa 150 organizzazioni politiche, economiche, culturali e della società civile. L'incontro si svolgerà il giorno successivo alla chiusura della Conferenza stessa che avrà luogo a Strasburgo il 9 maggio alle ore 14:00 e che sarà l’occasione per i Copresidenti della Conferenza di presentare ai presidenti delle Istituzioni - Macron, Metsola e Von der Leyen - le conclusioni dei lavori svolti. L'incontro del 10 maggio 2022, intende fare un primo bilancio insieme ai membri della Conferenza, sia delle Istituzioni che della società civile e dei cittadini. Sarà, in particolare, l’occasione per riflettere sui seguenti tre punti: 1) La risoluzione che il Parlamento europeo dovrebbe approvare e che potrebbe aprire la strada alla elaborazione di un rapporto sulla base dell’art. 48 del Trattato sull’Unione europea con richiesta al Consiglio europeo di convocare una Convenzione per la revisione del Trattato di Lisbona. 2) Il contenuto delle raccomandazioni frutto dei vari lavori della Conferenza. 3) Il seguito da dare alla Conferenza anche in vista delle elezioni europee del maggio 2024. L'invito, oltre che alle associazioni già facenti parte della Piattaforma, è aperto a chiunque possa essere interessato ai lavori della Piattaforma. La riunione si svolgerà a distanza su piattaforma zoom. Per partecipare e ricevere le istruzioni per il collegamento, inviare un’e-mail di conferma all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre il 5 maggio.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 

 

 

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Petizione per l’invio di Forze internazionali di interposizione in Ucraina

affinché tacciano le armi e si avvii un negoziato sulla pace e la sicurezza

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha finalmente chiesto un immediato e temporaneo “cessate il fuoco” in Ucraina dopo sessanta giorni in cui hanno parlato solo le armi.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha già approvato nel 1950 la Risoluzione 377A (Uniting for peace) che autorizza la stessa Assemblea Generale a adottare – a maggioranza qualificata – le misure di peace keeping. Su questa base, quindi, sia i paesi membri dell’Unione Europea che gli Stati che si sono astenuti sulle risoluzioni di condanna della Russia potrebbero chiedere la convocazione di una nuova Assemblea Generale Straordinaria che sostenga l’urgenza di una tregua immediata e che autorizzi l’invio in Ucraina delle Forze Internazionali di pace per garantirla.  

I promotori della petizione sollecitano l’attivazione dello Statuto delle Nazioni Unite, in particolare il suo Capitolo VII che autorizza l’Assemblea Generale a decidere misure di peace keeping per il tramite delle “Forze internazionali di pace” (i cosiddetti Caschi Blu) costituite in base al documento “United Nations Peacekeeping Operations: Principles and Guidelines” affinché sia garantito il rispetto del “cessate il fuoco”.

Fra i diritti essenziali o meglio come fondamento dei diritti essenziali la Carta delle Nazioni Unite del 1945, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948 e il Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966 hanno posto nei rispettivi preamboli il principio della dignità umana.

Fra i crimini che l’armata russa sta compiendo e si prepara a perpetuare in Ucraina vi è il disprezzo della dignità umana su donne, minori e uomini, su tutta la popolazione civile.

La comunità internazionale e con essa l’OSCE e l’Unione europea non sono stati in grado, pur avendone la consapevolezza ed i mezzi, di prevedere la guerra scatenata senza giustificazione alcuna dalla Russia contro l’Ucraina e di far interrompere le operazioni militari.

L’UNICA STRADA A TALE PUNTO PERCORRIBILE APPARE L’INVIO IN UCRAINA - SU DECISIONE A MAGGIORANZA QUALIFICATA DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE DELLE FORZE DI INTERPOSIZIONE (I CASCHI BLU) PREVISTE PER GARANTIRE LE OPERAZIONI DI PEACE KEEPING LA CUI MISSIONE – È BENE RICORDARLO - NON È OFFENSIVA MA È NECESSARIA PER GARANTIRE IL RISPETTO DELLA DECISIONE DI FAR TACERE LE ARMI.

La gravità eccezionale di quel che sta avvenendo dal 24 febbraio in Ucraina e il rifiuto di Vladimir Putin, in primo luogo, di accettare l’avvio di un vero negoziato di pace esige ormai l’uso di strumenti eccezionali. Si tratta di una strada evidentemente difficile, ma l’immane tragedia umanitaria deve spingere la comunità internazionale a tentare di intraprendere anche le strade più impervie e con l’occasione dimostrare al mondo l’immagine che l’ONU è una Istituzione creata a garanzia della giustizia e della libertà dei popoli. 

 

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Petition for the deployment of International Intervention Forces in Ukraine

to lay down arms and let negotiations on peace and security begin

The Secretary-General of the United Nations, Antonio Guterres, has finally called for an immediate and temporary "ceasefire" in Ukraine after sixty days of armed violence.

The General Assembly of the United Nations already approved Resolution 377a (Uniting for peace) in 1950, which authorizes the General Assembly to adopt – by qualified majority – the measures of peace keeping. Therefore, both the member countries of the European Union and the States that abstained on the resolutions condemning Russia could request the convening of a new Extraordinary General Assembly. Said Assembly could support the urgency of an immediate truce and authorize sending International Peace Forces to Ukraine to guarantee it.

The signatories of this petition urge the activation of the United Nations Statute, in particular its Chapter VII which authorizes the General Assembly to decide on peace keeping measures through the "International Peace Forces" (the so-called Blue Helmets) established since the document "United Nations Peacekeeping Operations: Principles and Guidelines" to ensure compliance with the "ceasefire".

Among the essential rights, or as the basis of essential rights, the Charter of the United Nations of 1945, the Universal Declaration of Human Rights of 1948 and the United Nations Covenants on Civil, Political, Economic, Social and Cultural Rights of 1966 have placed the principle of human dignity, mentioned in their respective preambles.

The contempt for human dignity regarding women, minors, men, and the whole civilian population, is just one of the heinous crimes committed by the Russian army. Content could reach its peak if the Moscow autocrat decided to parade the Ukrainian prisoners, humiliating them as the Soviets did on the Red Square in 1945 with the prisoners of the Third Reich.

The international community, mainly the OSCE and the European Union – while having the awareness and the means - have not been able to foresee the war unleashed by Russia against Ukraine without any justification and to bring military operations to a halt.

THE ONLY WAY FORWARD AT THIS POINT APPEARS TO BE THE DISPATCH TO UKRAINE OF INTERNATIONAL INTERPOSITION FORCES (THE BLUE HELMETS) TO GUARANTEE THE PEACE KEEPING OPERATIONS. THEIR MISSION – IT SHOULD BE REMINDED - IS NOT OFFENSIVE, BUT IT IS NECESSARY TO ENSURE COMPLIANCE WITH THE CEASEFIRE. THE DECISION SHOULD BE TAKEN BY A QUALIFIED MAJORITY OF THE GENERAL ASSEMBLY OF THE UNITED NATIONS, GOING BEYOND THE STALEMATE TAKING PLACE WITHIN THE SECURITY COUNCIL.

This intervention was also explicitly requested by the Ukrainian Parliament, which called for the deployment of a peacekeeping mission on Ukrainian territory, launching an appeal to the United Nations for international mediation. The exceptional gravity of what has been happening since February 24 in Ukraine and Vladimir Putin's refusal to accept the start of a genuine peace negotiation now requires the adoption of exceptional measures.

This is obviously a difficult road to undertake, but the immense humanitarian tragedy must push the international community to try to take even the most difficult roads and, on this occasion, to show the world that the UN is an institution created to guarantee justice, peace, and the freedom of peoples. 

 

SOTTOSCRIVI LA PETIZIONE SU CHANGE.ORG

 

 

 

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Un fulmine a ciel sereno o era prevedibile prima?

La pandemia e l’aggressione della Russia all’ Ucraina hanno evidenziato una realtà che per molto tempo e per diversi motivi sembrava essere stata ignorata da tutti i paesi occidentali: la dipendenza dell’Unione da paesi terzi per materie prime, beni e servizi necessari per il suo sviluppo economico sociale e la sua autonomia economica.  

La globalizzazione e i maggiori guadagni che quest’ultima ha fatto intravedere, hanno spinto il mondo economico verso mercati più convenienti in paesi in cui di fatto si possono aggirate le regole di cui faticosamente l’Unione si sta ancora dotando per la tutela dell’ambiente, della salute, dei lavoratori, ecc . Ovvero verso paesi che offrono risorse necessarie allo sviluppo economico (per es. risorse energetiche) a prezzi decisamente più vantaggiosi, ma che operano sulla base di principi e di uno stato di diritto molto distante da quello europeo.

Produrre in paesi extra europei, spesso risulta conveniente: i costi di produzione sono più bassi a discapito della tutela dei lavoratori e/o della qualità e pertanto si possono realizzare maggiori profitti.

Il fenomeno ben noto da diversi anni, è stato forse non ben ponderato nelle conseguenze che poteva innescare anche a livello politico, ma anzi è stato generalmente valutato in modo positivo malgrado i disequilibri che ha creato non solo in termini di inquinamento globale, ma anche di tensioni sociali proprio in quei paesi le cui imprese operavano delocalizzando. Con il trasferimento della produzione, infatti, in questi paesi è decisamente aumentata la disoccupazione, quindi è diminuita la domanda interna, quindi il PIL, e quindi il benessere sociale. Inoltre, la delocalizzazione ha permesso di poter godere di una più leggera imposizione fiscale sui redditi prodotti in paesi con regimi più favorevoli, con tutte le conseguenze che questo comportava in termini di competitività tra imprese. Non da ultimo, la dipendenza per l’approvvigionamento di materie prime da paesi autoritari che sicuramente non operano secondo i nostri criteri e valori. Questo sta causando - come hanno messo in luce sia la pandemia e sia l’aggressione della Russia all’Ucraina - notevoli criticità nell’approvvigionamento di quei beni e servizi essenziali alla produzione nazionale ed europea e quindi alla sostenibilità dell’economia.

Si può affermare pertanto che queste due crisi hanno di fatto provocato un brusco risveglio per l’Europa, che improvvisamente si vede obbligata entro tempi brevissimi a ripensare al suo modello di sviluppo, partendo proprio da un riorganizzazione immediata delle sue fonti di approvvigionamento energetico, alimentare, di prodotti strategici, ecc .

Di questa improrogabile urgenza se ne parla da tempo a livello UE. La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ad esempio nel discorso sullo stato dell’Unione del 2021, (2021 Strategic Foresight Report) intervenendo sulla ripresa economica post pandemia, si è soffermata sulle sfide che l’Unione dovrà affrontare in settori quali il commercio internazionale e in particolare le catene di valore dove si evidenziano le principali fragilità europee. La Presidente ha sottolineato che è necessario rendere l’Unione resiliente proprio in quei settori, considerati strategici per poter competere con i principali concorrenti mondiali, Cina e USA, e poter affrontare più serenamente future ed inevitabili crisi non solo pandemiche.

Tra i principali temi  di policy da affrontare per poter realizzare questo obiettivo vi sono sicuramente i cambiamenti climatici, che hanno impatto anche sulla geografia dell’agricoltura e minacciano la sicurezza alimentare, oltre che creare pressione sulla migrazione da paesi poveri; il settore digitale ormai imprescindibile quando si parla di sviluppo ed innovazione, ma dove l’UE registra notevoli ritardi rispetto a USA e Cina; il settore dell’approvvigionamento energetico dove occorre sostituire prodotti che causano emissioni di CO2 dannose all’ambiente con energie pulite, rinnovabili, ottenendo così il  doppio vantaggio di contribuire alla diminuzione del surriscaldamento del pianeta rispettando gli impegni presi a livello multilaterale e quello di rendere l’Unione autonoma rispetto a paesi terzi.  

In molti settori, considerati vitali all’economia e alla resilienza dell’Unione, quest’ultima è attualmente dipendente da paesi terzi come nel settore energetico (da Russia), nel settore di servizi cloud (totalmente in mano a fornitori non-UE con legislazioni diverse da quella europea e quindi con possibili problemi di cyber security), nel settore agroalimentare (da Ucraina), in quello dei prodotti/terre rare necessarie per lo sviluppo tecnologico (da Cina).

Il rischio politico che questa situazione può creare è intuibile, quello economico è sotto gli occhi di tutti.

Il Governo italiano sta cercando di trovare soluzioni immediate almeno al più urgente dei problemi quello dell’approvvigionamento energetico, diversificando almeno i paesi con cui sottoscrivere nuovi accordi di acquisto di gas da sostituire a quelli in essere con la Russia, anche se i nuovi produttori non offrono quella sicurezza in termini di valori e principi propri dell’Unione. Mi riferisco all’Algeria, alla Libia, all’Egitto… tutti regimi ‘discutibili’, ad esempio, in tema di rispetto di diritti umani e sicuramente con situazioni politiche interne non proprio tranquille.

Del resto, anche lo stesso segretario di stato americano al Tesoro, Janet Yellen, ha dichiarato che per motivi di sicurezza è il momento non solo di ri-localizzare molte produzioni in paesi ’amici ‘ con gli stessi valori, i c.d. friend-shoring, ma anche di ridurre la dipendenza negli approvvigionamenti e nella produzione da paesi autoritari. E’ quindi un problema dell’occidente ridurre questa corsa sfrenata senza briglie all’off-shoring.

Purtroppo, ammesso che si potrà realizzare in tempi il più possibile ridotti, non sarà affatto indolore per tutto l’occidente. Aumenteranno i costi di produzione (costi del lavoro, protezione sociale, energia, tassazione ecc ) con riflessi sui prezzi dei prodotti finiti e quindi sull’inflazione. Non tutte le imprese sapranno sostenere queste rivoluzioni strutturali e quindi i governi europei dovranno mettere immediatamente in campo una strategia di sostegno alle imprese, finalizzata magari anche ad una ripresa dell’occupazione. Lasciare la governance di questo cambio esclusivamente al mercato potrebbe in un contesto quale l’attuale (con un impatto negativo delle sanzioni alla Russia sull’economia europea) creare feriti e …morti tra le imprese e quindi sull’occupazione, assolutamente da evitare.

Non sempre il mercato agisce secondo regole di sostegno sociale, che possono essere raggiunte in un secondo momento per aggiustamenti automatici ma non indolori e comunque sicuramente non nel breve tempo. Questa situazione potrebbe inoltre dar voce ad un rafforzamento dei movimenti antieuropeisti proprio a ridosso delle elezioni europee del 2023, dove sicuramente oltre al sostegno finanziario fornito per contrastare gli effetti della pandemia, l’Europa deve dar prova di saper affrontare un prossimo periodo sicuramente difficile sul piano macroeconomico anche a causa delle conseguenze dell’aggressione in atto.

E’ auspicabile quindi, già a partire del semestre europeo in corso, una maggior flessibilità da parte degli Stati rigoristi europei che almeno difronte a questa crisi dovuta ad una situazione molto critica ‘in Europa’, che rischia di travolgere non solo l’economia e la finanza ma anche i nostri valori, sappiano astenersi da qualsiasi posizione rigida ed intransigente. Per dirla con Keynes, per contrastare una crisi economica e finanziaria, occorre intervenire prima che la situazione sfugga di mano. Le grandi depressioni economiche sono l’incubatore di regimi e di personaggi che abbiamo già avuto modo di conoscere nel passato. La storia può ripetersi, ma sta a noi evitarlo. E’ quello che ci auguriamo che l’Europa sappia fare già dalle prossime riunioni del Consiglio europeo e dalle prossime riunioni dei Ministri di settore.

Annamaria Villa

 

 

 

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