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Questa settimana vi proponiamo il caso di una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 23 maggio 2019. Parlarne ci sembra interessante perché la controversia ripercorre alcune tappe della crisi greca e si collega anche al capitolo del MES. I fatti risalgono all’ottobre 2009, data dell’annuncio da parte del governo ellenico che “Il disavanzo pubblico ammontava al 12,5% del prodotto interno lordo (PIL) e non al 3,7% com’era stato reso pubblico in precedenza. Tale annuncio ha fortemente accentuato l’incertezza relativa ai fondamentali economici della Repubblica ellenica e ha in tal modo provocato diversi declassamenti successivi del suo rating finanziario e un aumento costante dei tassi di interesse richiesti dai mercati finanziari per finanziare il debito pubblico greco”. Ne è seguito il declassamento da parte delle agenzie di rating, a fine aprile 2010. Si è poi deciso di intervenire in aiuto della Grecia, con un accordo degli Stati membri per fornire 80 miliardi di euro, “nell’ambito di una dotazione finanziaria di EUR 110 miliardi erogata in comune con il FMI” (2 maggio 2010).

“Il 9 maggio 2010, nell’ambito del Consiglio Ecofin, è stato deciso di prendere un insieme di misure tra le quali, da un lato, l’adozione del regolamento UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU 2010, L 118, pag. 1), sulla base dell’articolo 122, paragrafo 2, TFUE e, dall’altro, la creazione del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF). Il 7 giugno 2010 è stato istituito il FESF e gli Stati membri della zona euro e il FESF hanno firmato l’accordo quadro che stabilisce le condizioni alle quali il FESF avrebbe fornito un sostegno alla stabilità”.

L’iter ha poi visto l’avvio delle negoziazioni per un nuovo programma di sostegno finanziario, a metà 2011. Per perseguire tale obiettivo, vi  sarebbe stato anche il contributo di creditori privati che, nel giugno e luglio 2011, assieme agli Stati membri della zona euro, “hanno presentato proposte di ristrutturazione del debito pubblico greco”. Per meglio delineare il quadro regolatorio, la Repubblica ellenica ha quindi presentato un progetto di legge, la n. 4050/2012, che “introduce norme che modificano le condizioni applicabili agli strumenti di debito negoziabili emessi o garantiti dallo Stato greco nell’ambito di accordi con i loro detentori” e che, previo parere della BCE, è stata approvata.

Questi fatti sono stati all’origine di una controversia tra la BCE e alcuni detentori di strumenti di debito greci. Ritenendo di aver subito un danno economico, questi ultimi hanno presentato ricorso il 16 febbraio 2017 presso la Corte. LA BCE ha contestato sia la ricevibilità del ricorso che le ragioni dei ricorrenti. Con sentenza del 23 maggio 2019, la Corte ha riconosciuto le ragioni della BCE.

Per leggere nel dettaglio il testo della sentenza, clicca qui.

 

 

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Questa settimana, tenuto anche conto della situazione in cui si stanno definendo risposte istituzionali a tutela dei cittadini, riteniamo opportuno parlare dei diritti dei minori, per come inquadrati nella Carta. Vediamo quindi i vari aspetti trattati dall’articolo 24. Vi si parla di diritti e libertà del minore. Contrariamente alla parola utilizzata (“minore”), quella del bambino è una figura preminente, in famiglia e in società. Tale è considerato il suo interesse, nella Carta, e ciò deve avvenire “In tutti gli atti, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private”, ponendo l’accento sia sul diritto di famiglia che sui diritti sociali. Il minore, quindi, è portatore di interessi superiori, per esempio, come afferma il comma 1, quello alla “protezione e alle cure necessarie” per il suo benessere. E, nella tutela dei suoi interessi, ha un ruolo attivo. Ha infatti diritto di scegliere, in merito ai rapporti con la prima figura che ha su di sé la responsabilità di tutelare il minore: secondo il terzo comma dell’articolo 24, infatti, “Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”. Similmente, come afferma il primo comma, i bambini “possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano, in funzione della loro età e della loro maturità”. Per la protezione dei diritti dei minori, in ogni caso, è necessario l’intervento delle istituzioni e, in casi particolari, è considerato necessario che la formazione del minore avvenga in un contesto differente da quello originario. Giunge qui spontaneo un riferimento all’impegno del magistrato Roberto Di Bella, che ha terminato a fine dello scorso anno la sua attività, a Reggio Calabria, finalizzata proprio ad assicurare un futuro a minori coinvolti in situazioni dalle quali non potrebbero uscire da soli, cioè bambini nati in famiglie di ‘ndrangheta, per la cui salvezza l’unica via d’uscita è quella di affidarsi alla protezione dello Stato, venendo così allontanati per sempre dal proprio contesto di origine.

Si parla quindi di una serie di aspetti su cui si pone particolare attenzione, nella Carta, dando ai diritti del minore una tutela rafforzata. C’è da chiedersi, nell’era coronavirus, se effettivamente questi diritti siano sempre rispettati. In occasione del dibattito “Europa solidale” del 21 aprile scorso, per la cui trattazione più dettagliata si rimanda alla sezione “Iniziative della settimana” di questa newsletter, Brando Benifei, Vicepresidente del Movimento Europeo Internazionale, ha voluto focalizzare l’attenzione anche su questo aspetto. Ha altresì rimarcato come in molti luoghi al mondo, di fatto, i diritti dell’infanzia non siano adeguatamente tutelati e ciò fa riflettere anche su come questa nostra Europa, spesso criticata se non proprio contestata, sia riuscita a garantire a moltissimi bambini un tetto, una famiglia, la possibilità di studiare, di formarsi e crescere, la possibilità di scelta, insomma. Considerato quello che succede nel mondo, considerata la difficoltà di veder affermati i diritti in molte sue parti, considerato il lavoro minorile imposto ai bambini in molti luoghi al mondo, si può affermare che questi diritti sono una conquista da tutelare con particolare impegno, con l’auspicio anzi che le nuove generazioni possano crescere anche più di ieri nella certezza di veder tutelati i propri diritti.

 

 

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In un momento chiave per dare un volto al futuro, usciti dall’emergenza, segnaliamo alcune iniziative svoltesi nella settimana trascorsa che meritano di essere tenute presenti. Iniziamo con il tema della solidarietà, uno dei valori al centro dei programmi per gli interventi di sostegno agli Stati membri: a tal proposito, il 21 aprile, a partire dalle ore 19.00, si è svolto un evento – dibattito organizzato su Facebook da Brando Benifei, Vicepresidente del Movimento europeo internazionale, dall’ANCI, dal Sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, e dal Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Numerose le testimonianze sia di rappresentanti che di attivisti, per comprendere come la situazione attuale rappresenti seriamente un rischio per le aree più deboli; rispetto a quanto succede, è fondamentale una risposta istituzionale adeguata, unita allo spirito solidale tra i cittadini, in grado di superare ostacoli enormi e di facilitare il raggiungimento dell’obiettivo di uscire dall’emergenza. Grazie alle tecnologie, in una sorta di tv iper interattiva rappresentata dal web, vi è oggi la possibilità di far arrivare ovunque informazione e supporto; ma ciò non può sostituire il valore delle azioni umane nel senso della solidarietà, un antidoto molto forte contro qualunque crisi. 

Un’altra occasione di dibattito e formulazione di proposte da segnalare è quella del 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra. In relazione all’attivismo del gruppo “Science for democracy”, molto sensibile a questa tematica, che vede tra i suoi principali esponenti Marco Cappato, si è tenuto un incontro on line sull’iniziativa dei cittadini europei per la lotta al riscaldamento globale (per cui si rimanda al sito https://www.stopglobalwarming.eu). È da segnalare la partecipazione da parte del prof. Alberto Majocchi, membro del Consiglio di Presidenza del Movimento Europeo – Italia. Nel 2020, anno di bilanci e di ripartenza per gli obiettivi fissati negli anni scorsi dalla direttiva 2009/29/CE, relativi al piano 20 – 20 – 20, è necessario, come sostiene il prof. Majocchi, dare una mano per spingere la classe politica ad andare in questa direzione. È necessario altresì impiegare maggiormente le energie rinnovabili e mettere in atto delle politiche perché il danno ambientale da inquinamento possa essere compensato pagando un prezzo: per l’uso di carbonio, si può considerare ragionevole un prezzo di 50 € per ogni tonnellata emessa di Co2. Occorre poi che le imprese europee non siano penalizzate rispetto a tutte le altre, che non paghino un prezzo per il carbonio e ciò dovrebbe valere specialmente nei rapporti con la Russia. Inoltre, il prof. Majocchi ha posto l’attenzione sulla necessità di finanziare investimenti verdi, ma anche di offrire sostegno alle categorie sociali più deboli: con i proventi derivanti dal prezzo pagato per le emissioni di carbonio, si potrà venire incontro a tali categorie, agendo sulla leva fiscale.

Un altro importante intervento del Movimento Europeo si è avuto in occasione del secondo Consiglio per la Democrazia Partecipativa, organizzato dall’associazione Eumans il 23 e 24 aprile. Nella sessione dedicata al dibattito sullo stato di diritto, il compito di introdurre il tema e di illustrare la situazione europea è stato affidato al Presidente del Movimento europeo, Pier Virgilio Dastoli; il suo discorso è iniziato delineando un quadro in cui i problemi non mancano, perché si assiste ad una frammentazione del sistema dello stato di diritto: i cittadini non conoscono adeguatamente gli strumenti per intervenire a sua tutela. Peraltro, nei Trattati di Roma del 1957 non se ne faceva menzione ed è solo con il progetto di Trattato Spinelli del 1984 che se ne è iniziato a parlare. Lo stato di diritto è parte integrante del Trattato di Lisbona ma le controversie attinenti non possono essere risolte invocando la Corte di Giustizia dell’Unione europea. Il Presidente Dastoli ha inoltre menzionato il cosiddetto dilemma di Copenaghen, così chiamato perché definito dal Consiglio europeo svoltosi in tale città, nel 1993, in vista dell’allargamento dell’Unione. Vi è cioè una contrapposizione tra gli stretti controlli posti nel processo di stabilizzazione e associazione di un nuovo Stato membro prima del suo ingresso nell’Ue e la mancanza di monitoraggio dopo la sua adesione. Il Movimento Europeo ha promosso una iniziativa dei cittadini europei per il rispetto dello stato di diritto, per spingere la Commissione ed il PE ad aprire una discussione e trovare soluzioni adeguate. Anche in tale azione si sono evidenziate una serie di criticità: arrivare a un milione di firme è complicato, inoltre finora nessuna delle iniziative che hanno raggiunto questa cifra è stata accettata dalla CE, che è molto reticente ad accettare delle ICE e peraltro non è obbligata ad agire. Oltre all’ICE, il Movimento europeo ha presentato una petizione al PE chiedendo alle istituzioni di monitorare il rispetto dello stato di diritto. Non si possono introdurre strumenti giuridicamente più vincolanti che obblighino gli Stati membri a modificare i loro sistemi giuridici. Si può stabilire un metodo politico pubblico per aprire il dibattito e rendere cosciente l’opinione pubblica. È necessario quindi stimolare la partecipazione dei cittadini europei sullo stato di diritto, anche a fronte del rischio di soluzioni poco democratiche a per uscire dalla pandemia. Sarebbe inoltre opportuno, per una UE più democratica, far sì che il PE abbia potere di iniziativa legislativa. Allo stato attuale, solo la Commissione europea può proporre atti normativi. Afferma Dastoli che l'ICE dovrebbe essere indirizzata al PE perché è più sensibile ai cittadini rispetto alla CE.

 

 

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Stiamo vivendo in un tempo sospeso in attesa che finisca l’emergenza, che la scienza e la società, chiusa alla quotidianità del vivere insieme, mettano fine alla aggressività letale del virus con la speranza che la scoperta di un vaccino prevenga in Europa e nel mondo una nuova pandemia.

In questo tempo sospeso, siamo coscienti di ciò che è stato prima della pandemia e di ciò che è condizionato oggi dalle regole emergenziali che sono state suggerite dagli scienziati e decise – non senza polemiche – dalla politica.

In questo tempo sospeso è stata in parte sospesa la quotidianità della vita sociale della democrazia partecipativa, con la rilevante eccezione delle attività di volontariato. È stata in parte sospesa anche la quotidianità della vita politica della democrazia rappresentativa, con una forte riduzione del potere delle assemblee parlamentari quasi sempre nel rispetto delle costituzioni, al contrario di quel che è avvenuto in Ungheria dove il Orszaghaz (l’Assemblea nazionale) si è auto-sospeso a tempo indeterminato a favore del governo illiberale di  Viktor Orbán nonostante le proteste al di fuori dell’Ungheria.

Dopo la pandemia non potremo e non dovremo più tornare alla “normalità”, perché gli effetti della sospensione del tempo dovranno sollecitarci a riflettere sul modello delle nostre società e su alcuni aspetti essenziali del vivere insieme.

Pensiamo alla riorganizzazione dello spazio e al ruolo delle città, all’organizzazione della mobilità e alla redistribuzione del tempo, al ricambio generazionale e alla parità di genere, alle forme della partecipazione civile, alla democrazia economica, alla formazione permanente, allo sviluppo della comunicazione e al pluralismo dell’informazione.

La necessità di una prosperità condivisa, della lotta alle diseguaglianze e alla ricerca di forme più diffuse di uguaglianze delle opportunità, con particolare riferimento alle opportunità di genere e alle opportunità generazionali, richiederà un ruolo accresciuto della dimensione europea verso maggiori interdipendenze fra le nostre società e perché il valore della democrazia – reso opaco nel tempo sospeso – può essere recuperato in modo simmetrico solo a livello europeo.

Nonostante un’opinione largamente diffusa e apparentemente razionale secondo cui la priorità del dopo-pandemia dovrà essere data solo agli aspetti economici e finanziari del piano di ricostruzione (il Recovery Plan), noi siamo convinti che il tempo della politica europea non potrà essere più sospeso.

Accanto alla ricostruzione economica e sociale, bisognerà mettere mano alla ristrutturazione della casa comune europea riaprendo il “cantiere Europa” (aperto ai “non addetti ai lavori”) che è stato chiuso all’interno dell’Unione europea nel 2007 con la firma del Trattato di Lisbona,  mentre sono stati aperti al di fuori dell’Unione europea dei cantieri intergovernativi che hanno prodotto guasti di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze.

Il tempo della ristrutturazione della casa comune non può seguire i tempi troppo lenti e troppo lunghi di una Conferenza europea sul futuro dell’Europa, nata prima della pandemia senza legittimità democratica (accountability) e capacità di decidere (power to deliver) e destinata a durare due anni per poi offrire solo delle “raccomandazioni” al Consiglio europeo.

Noi siamo convinti che la legittimità democratica europea e la capacità di decidere (a maggioranza) risiedono nel Parlamento europeo, che può esprimersi a nome delle cittadine e dei cittadini che lo hanno eletto e assumere la leadership – come esso stesso ha scritto nella risoluzione del 15 gennaio 2020 – di un processo che noi riteniamo debba essere costituente per aprire la via verso la realizzazione della finalità federale dell’integrazione europea iscritta da Jean Monnet nella Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.

Poiché si dovrà verificare se esiste la volontà in tutti i paesi dell’Unione europea e nei paesi candidati all’adesione ad accettare il passaggio dall’Unione ad una Comunità federale, noi  riteniamo che la Conferenza sul futuro dell’Europa - aperta alla partecipazione di  rappresentanze dei parlamenti nazionali e di organizzazioni europee della società civile - possa essere uno spazio pubblico transnazionale in cui il Parlamento europeo possa verificare il livello e l’ampiezza di questa volontà durante il suo lavoro costituente.

Sarà essenziale il coinvolgimento dei partiti politici a livello europeo a cui il trattato attribuisce il compito di contribuire “a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione” (art. 10 TUE).

Noi auspichiamo che il Presidente del Parlamento europeo  David Sassoli e i leader dei gruppi politici affermino di comune accordo questa volontà costituente il 9 maggio 2020 a settanta anni dalla Dichiarazione Schuman.

Noi auspichiamo che l’assemblea adotti il 9 luglio 2020, a quaranta anni esatti dall’avvio dell’azione sostanzialmente costituente del Parlamento europeo su impulso di Altiero Spinelli, adotti una risoluzione che fissi in termini di contenuto, di metodo e di agenda i confini del suo lavoro costituente.

Il Presidente del Parlamento europeo potrebbe invitare ad assistere al dibattito e al voto i presidenti dei  parlamenti nazionali dei 27 e dei paesi candidati, una delegazione dei giovani che avrebbero dovuto partecipare alla fine di maggio allo European Youth Event e, come rappresentanti dell’Europa delle idee, i Premi Nobel europei in tutte le discipline.

Al termine del processo la parola deve tornare proprio alle cittadine e ai cittadini europei attraverso un referendum pan-europeo.

coccodrillo

 

 

ENGLISH VERSION

 After the pandemics we have to suspend the suspended time of the Political Union

We are leaving in a time suspended waiting the pandemics will end, that the scientific world and the society closed to the every day life of living together will stop the lethal aggression of the virus with the hope that a vaccine could prevent a new pandemics. 

In this suspended time we are aware about what has been before the pandemics and what is influenced today by the emergency rules suggested by the scientific world and decided – not without contrasts – by the governments.

In this suspended time the every day life of the social life in the participatory democracy has been suspended with the relevant exception of the voluntary activities.

The every day life in the representative democracy has been also suspended with a strong reduction of the parliamentary assemblies’ powers normally with the respect of the constitutions apart in Hungry where the Orszaghaz (the Hungarian national assembly) has been self-suspended for a indefinite time in favour of the illiberal government of Viktor Orbán, despite the protests in and outside the country.

After the pandemics we can’t and we shouldn’t come back to the “normal” life, why the effects of the suspended time should urge us to reflect on the model of our societies and on the essential aspects of our common life.

We are thinking about the re-organization of the public space and the role of the cities, the organisation of the mobility, the redistribution of the time, the generational change and the gender balance, the civic participation, the economic democracy, the long life learning, the development of the communication policy and the media pluralism.

The needs of a share prosperity, the fight against inequalities and the research of larger equal opportunities for the women and the young people will require an increasing role of the European dimension because of the greater interdependencies between our societies and why the value of democracy – weakened by the suspended time – can be regained in a symmetric way only at European level.

Despite the fact that a larger opinion is supporting the idea of the exclusive priority of the economic and financial elements of the recovery plan, we are sure that the time of the political Union can no longer be suspended and that we have to put hand to the restructuring the common European house re-opening the European building-site (without the no entry sign to unauthorized persons).

This building-site has been closed in 2007 with the signature of the Lisbon Treaty but other intergovernmental building-sites have been opened outside the European Union producing failures of which we still pay today the consequences.

The time of the European common house renovation can’t follow the too slow and too long time of the European Conference on the future of Europe, an idea born before the pandemic without accountability and power to deliver, intended to last two years and to offer “recommendations” to the European Council.

We believe that only the European Parliament has the accountability and the power to deliver by majority speaking on behalf of EU citizens and assuming the leadership of a constituent process in view of the federal achievement of the European integration written by Jean Monnet in the Schuman Declaration the 9th of May 1950.

Since it will have to verify if there is a will to accept the transition from the EU to a Federal Community in all the EU and the candidate countries, we believe that the European Conference on the future of Europe – open to the national Parliaments and the CSOs – could be the public transnational space where the EP would check the level and the amplitude of this will during its constituent work.

It should be a priority the engagement of the political parties at European level “to create a European political awareness and to express the will of the EU citizens” (art. 10 TEU).

We suggest that the President of the EP, David Maria Sassoli, and the leaders of the Political Groups act together their common agreement of the constituent will the 9th of May 2020 seventy years after the Schuman Declaration.

We suggest that the Assembly adopt the 9th of July 2020 - forty years after the first constituent act the EP on the initiative of Altiero Spinelli – a resolution establishing the terms of reference of the content, the method and the agenda of its constituent work.

The President of the EP could invite to this plenary session the presidents of the national parliaments of the 27 MS and the candidate countries, a delegation of the young people selected for the European Youth Event and the EU Nobel Prizes representing the Europe of ideas.

At the end of the constituent process the voice will come back to the EU citizens through a pan-European referendum.

 

 

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