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Il Movimento europeo ha posto al centro delle sue priorità, insieme all’azione per riformare il sistema di governo dell’Unione europea, la trasformazione del suo modello di produzione per rendere la sua economia sostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale e culturale.

Coerenti con quest’impegno, abbiamo espresso – in una lettera ai leader europei – la nostra preoccupazione sulla scelta dell’obiettivo del “rilancio” o della “ricostruzione” su cui si sono concentrati i governi per uscire dalla crisi provocata dalla pandemia.

Abbiamo proposto ai leader, che si preparano ad adottare decisioni essenziali per la vita delle nostre comunità, di scegliere l’obiettivo della “trasformazione” affinché appaia chiaro alle opinioni pubbliche che abbiamo imparato la lezione di questi mesi di “tempo sospeso”.

La nostra preoccupazione è cresciuta dopo l’ingiustificato e ingiustificabile rinvio di un anno della Conferenza delle Nazioni Unite sulla lotta al cambiamento climatico (COP26) che avrebbe dovuto tenersi a Glasgow nel prossimo autunno nonostante i segnali negativi di un rallentamento degli impegni legati alla realizzazione degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile e l’avvicinarsi della scadenza dell’Agenda 2030.

Abbiamo preso atto con soddisfazione del fatto che né la Commissione né il Parlamento europeo a cui si è aggiunta ora la BCE abbiano ridotto l’impegno per un “Patto Verde”, che  - a nostro  avviso – deve trasformarsi in un “Patto Sociale e Verde” dando finalmente concretezza al “Pilastro Sociale” firmato a Göteborg nel novembre 2017.

Appartiene a questo impegno la proposta della Commissione “Dal produttore al consumatore”, presentata la scorsa settimana, su cui sono stati chiamati ad esprimersi non solo i governi e il Parlamento europeo ma anche le cittadine ed i cittadini insieme alla associazioni rappresentative e alla società civile.

E’ evidente che questa proposta deve essere strettamente legata alla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) – su cui dovrebbe esprimersi il Parlamento europeo nella prossima sessione di giugno -  che non può più viaggiare alla velocità pre-COVID19 ma che deve essere radicalmente aggiornata, cogliendo l’occasione del periodo transitorio reso necessario per il mancato accordo sul Quadro Finanziario Pluriennale (a questo proposito, per ulteriori approfondimenti, vi invitiamo a visitare il sito della Direzione Generale (AGRI) Agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea, il sito della Commissione per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI) del Palamento europeo e il sito della Confederazione italiana agricoltori – CIA).

Si deve dunque avviare un dibattito pubblico su una trasformazione delle strutture economiche e sociali nel quadro di una più ampia condivisione della sovranità a livello europeo attraverso competenze federali con elementi programmatici legati ad un eco-sistema fondato sull’obiettivo della piena occupazione creando nuovo lavoro e contrastando la precarietà.

Queste trasformazioni devono riguardare l’uguaglianza delle opportunità, la lotta alle diseguaglianze e allo stato di indigenza, la politica di inclusione, la riorganizzazione dello spazio e il ruolo delle città, l’organizzazione della mobilità, la redistribuzione del tempo, il ricambio generazionale e la parità di genere, le forme della partecipazione civile, la democrazia economica, una rinnovata strategia per le PMI e per il sistema cooperativo, la formazione permanente.

Noi intendiamo avviare una nostra consultazione fra i membri collettivi del Movimento europeo sollecitando la creazione di strutture territoriali nelle regioni italiane per fornire in primo luogo ai deputati europei eletti in Italia e poi alla Commissione un nostro contributo di idee e di proposte.

 coccodrillo

 

 

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 Dopo la pandemia: trasformiamo la nostra Europa

Il Movimento europeo ha posto al centro delle sue priorità, insieme all’azione per riformare il sistema di governo dell’Unione europea, la trasformazione del suo modello di produzione per rendere la sua economia sostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale e culturale.

Coerenti con quest’impegno, abbiamo espresso – in una lettera ai leader europei – la nostra preoccupazione sulla scelta dell’obiettivo del “rilancio” o della “ricostruzione” su cui si sono concentrati i governi per uscire dalla crisi provocata dalla pandemia.

Abbiamo proposto ai leader, che si preparano ad adottare decisioni essenziali per la vita delle nostre comunità, di scegliere l’obiettivo della “trasformazione” affinché appaia chiaro alle opinioni pubbliche che abbiamo imparato la lezione di questi mesi di “tempo sospeso”.

La nostra preoccupazione è cresciuta dopo l’ingiustificato e ingiustificabile rinvio di un anno della Conferenza delle Nazioni Unite sulla lotta al cambiamento climatico (COP26) che avrebbe dovuto tenersi a Glasgow nel prossimo autunno nonostante i segnali negativi di un rallentamento degli impegni legati alla realizzazione degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile e l’avvicinarsi della scadenza dell’Agenda 2030.

Abbiamo preso atto con soddisfazione del fatto che né la Commissione né il Parlamento europeo a cui si è aggiunta ora la BCE abbiano ridotto l’impegno per un “Patto Verde”, che  - a nostro  avviso – deve trasformarsi in un “Patto Sociale e Verde” dando finalmente concretezza al “Pilastro Sociale” firmato a Göteborg nel novembre 2017.

Appartiene a questo impegno la proposta della Commissione “Dal produttore al consumatore”, presentata la scorsa settimana, su cui sono stati chiamati ad esprimersi non solo i governi e il Parlamento europeo ma anche le cittadine ed i cittadini insieme alla associazioni rappresentative e alla società civile.

E’ evidente che questa proposta deve essere strettamente legata alla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) – su cui dovrebbe esprimersi il Parlamento europeo nella prossima sessione di giugno -  che non può più viaggiare alla velocità pre-COVID19 ma che deve essere radicalmente aggiornata, cogliendo l’occasione del periodo transitorio reso necessario per il mancato accordo sul Quadro Finanziario Pluriennale (a questo proposito, per ulteriori approfondimenti, vi invitiamo a visitare il sito della Direzione Generale (AGRI) Agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea, il sito della Commissione per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI) del Palamento europeo e il sito della Confederazione italiana agricoltori – CIA).

Si deve dunque avviare un dibattito pubblico su una trasformazione delle strutture economiche e sociali nel quadro di una più ampia condivisione della sovranità a livello europeo attraverso competenze federali con elementi programmatici legati ad un eco-sistema fondato sull’obiettivo della piena occupazione creando nuovo lavoro e contrastando la precarietà.

Queste trasformazioni devono riguardare l’uguaglianza delle opportunità, la lotta alle diseguaglianze e allo stato di indigenza, la politica di inclusione, la riorganizzazione dello spazio e il ruolo delle città, l’organizzazione della mobilità, la redistribuzione del tempo, il ricambio generazionale e la parità di genere, le forme della partecipazione civile, la democrazia economica, una rinnovata strategia per le PMI e per il sistema cooperativo, la formazione permanente.

Noi intendiamo avviare una nostra consultazione fra i membri collettivi del Movimento europeo sollecitando la creazione di strutture territoriali nelle regioni italiane per fornire in primo luogo ai deputati europei eletti in Italia e poi alla Commissione un nostro contributo di idee e di proposte.

 coccodrillo

 


 

Iniziative della settimana

Tutto è ancora davanti. L’anno che celebra i settant’anni dalla Dichiarazione Schuman può avere un senso se l’Europa riuscirà di migliorare la sua capacità di coordinamento. Come si potrà leggere nel testo “Bene la scossa di Macron e Merkel, ma è tutta l’Europa che deve muoversi”, richiamato in apposita sezione, già dal titolo è chiaro questo assunto. Non si può pensare solo alla trazione franco tedesca, ma tutta l’Europa dev’essere coinvolta nel processo di integrazione futura e l’emergenza coronavirus ha posto sul tavolo questo assunto come prioritario. Sono necessarie più risorse e se ne parlerà il prossimo 27 maggio, quando la Commissione presenterà le sue proposte in vista del bilancio 2021 - 2027 e, per questa settimana, il nostro invito è quello di concentrare l’attenzione su questo prossimo appuntamento istituzionale. Sullo sfondo, inoltre, si intravede già il legame tra quanto andrà discusso in tale sede e il prossimo Consiglio europeo del 18 e 19 giugno e, rispetto a questo ulteriore impegno istituzionale, suggeriamo di soffermarsi sui passaggi conclusivi del testo sopracitato, che qui riportiamo: “Se potessimo far avere loro un consiglio, diremmo loro di presentarsi insieme davanti al Parlamento europeo il 27 maggio quando la Commissione presenterà le sue proposte sul bilancio pluriennale e sul piano di rilancio cercando l’alleanza dei populares (era il “partito” che sosteneva Giulio Cesare, ndr) nell’Assemblea dove il 15 maggio si è già espressa un’ampia maggioranza che potremmo definire costituente e sostenendo il tentativo della Commissione di uscire dalle strettoie del voto all’unanimità e delle ratifiche nazionali. Diremmo loro di chiedere al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di rendere pubblico il dibattito sul piano di rilancio al Vertice dei 27 del 18 e 19 giugno in modo tale che ogni capo di Stato e di governo si assuma la responsabilità delle sue scelte davanti all’opinione pubblica europea e non solo davanti a quella del proprio paese. Diremmo loro di chiarire quali sono le riforme necessarie per rendere l’Unione sovrana per permettere alle cittadine ed ai cittadini europei di riconquistare – insieme – la loro sovranità indicando il metodo e l’agenda per realizzarle che deve escludere le decisioni unanimi e a porte chiuse del Consiglio europeo”.

Inoltre, un altro elemento di maggiore chiarezza dovrà giungere nei rapporti con il Regno Unito. Si va verso i quattro anni da voto al referendum sulla Brexit, ma si ha ancora la sensazione che vi sia “fog in the channel”, “nebbia sul canale”. Dopo i recenti incontri istituzionali, non si ha ancora ad oggi chiarezza sui contenuti degli accordi per l’uscita su molti punti: competitività, aiuti di stato, politiche ambientali, diritti dei lavoratori sono aspetti su cui si è ravvisata la delusione di Michel Barnier, capo della delegazione europea nelle trattative. Ma anche il Regno Unito, attraverso le parole del capo della delegazione britannica, David Frost si è detto insoddisfatto per i «molti pochi progressi»; ritiene inoltre che non si riesca a capire «perché l’Unione insista su un approccio ideologico che rende più difficile raggiungere un accordo che giovi a entrambe le parti». Anche a questo aspetto è dedicata la newsletter della settimana, poiché riteniamo che i rapporti con un quasi ex Stato membro, di fronte al primo caso della storia di uscita dall’Unione, siano da tutelare quanto più possibile e che anzi, per il futuro, sia necessario porre nuove basi nei rapporti reciproci, in vista addirittura di un’ipotetica riadesione futura.

Poniamo poi alla vostra attenzione questo interessante appello promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, che trae un insegnamento dall’emergenza coronavirus: non deve esistere una sanità selettiva e anzi l’Unione europea, che ha fatto fatica, allo scoppio della pandemia, a darsi un coordinamento che sarebbe dovuto essere più tempestivo, può vedere in un assunto del genere un obiettivo da perseguire, perché coerente con il principio di solidarietà sancito dai Trattati. Come si può leggere nel testo, "In numerosi Paesi di fronte all’esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una “sanità selettiva”, che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l’avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbe una forma di “scelta” in favore dei più giovani e dei più sani".

Rassegnarsi a tale esito - si sottolinea - è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno “stato di necessità” che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione “legale” del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo”.

A pochi giorni dal 23 maggio scorso, un pensiero si indirizza infine all’esercizio della memoria. Per l’Italia, questa data rappresenta tragicamente, nell’immaginario collettivo, il giorno della strage di Capaci di ventotto anni fa, che ha segnato e segnerà in maniera indelebile gli equilibri del nostro Paese. Ma è anche il giorno dedicato ad Altiero Spinelli, che mancò proprio il 23 maggio del 1986. A lui sono stati dedicati, sabato scorso alle ore 15 prima e alle 21 poi, due eventi da parte dell’UEF il primo e Giovani Federalisti Europei, delle sezioni del MFE di Genova, MFE / GFE di Forlì, MFE di Valpolicella e dell’Istituto Paride Baccarini, in forma di meeting on line. Letture e video tratte dal film “Un mondo nuovo” hanno ripercorso la vita, la formazione e il percorso nella direzione federalista di uno dei padri fondatori dell’Europa unita, con la presenza, per il Movimento Europeo, del Presidente Pier Virgilio Dastoli e del Segretario Generale Paolo Ponzano. La statura di Altiero Spinelli è tale da non poter essere riassunta in poche parole, ma è opportuno ricordare soprattutto quanto oggi si avverta l’esigenza di riscoprire quell’impegno e anche quella tensione ideale, che portarono Spinelli a dedicare la sua vita alla costituzione di un’Europa in senso federale. Per quanto molto rimanga da attuare ed anzi sia iniziata, con gli anni 2000, una fase difficile del percorso, ripartire dagli scritti, dalle idee e dalla spinta originaria rappresenta, per tutti coloro che si riconoscano in questa visione, un buon modo per guardare con più fiducia al futuro.

 23.05.2020

 


 

Documenti chiave

 


 

Testi della settimana

 


 

Un glossario per l'Europa

Vi ricordiamo, per orientarsi nell’ambito delle istituzioni europee, questa guida del cittadinoScaricabile su tutti i numeri della newsletter, è stata realizzata all’interno di un programma di formazione promosso dalla DG Comunicazione della Commissione Europea. Tramite questo strumento, è possibile risalire al ruolo delle istituzioni e degli organi dell’Unione e ricostruire il cammino svolto in questi settant’anni, attraverso i principali cenni storici.

Indicata sia per neofiti che per addetti ai lavori.

 


 

Attiriamo la vostra attenzione

foto 1

Immagine tratta da: salvisjuribus.it

All’indomani del ricordo della strage di Capaci, ricordiamo che l’Europa è uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia da tutelare. A tal fine, è necessario portare avanti una collaborazione istituzionale europea sempre più efficiente e tempestiva, ma è necessaria  anche la partecipazione dei cittadini, con la segnalazione di attività ritenute illecite.

foto 2

Settimana conclusiva dell’Evento della Gioventù europea 2020. Iniziato il 7 aprile, a pandemia in corso, vedrà la sua ultima settimana da lunedì 25 a venerdì 29. Per seguire i prossimi eventi, clicca qui.

 


 

Carta dei diritti fondamentali

20200525 CharterOfRights Article10Libertà di pensiero, di coscienza e di religione: questi tre aspetti della manifestazione di libertà dell’individuo sono condensate nell’articolo 10. Al comma 2 dell’articolo, vi si aggiunge anche il diritto all’obiezione di coscienza, da intendersi quale possibilità di rifiutare l’adempimento di un proprio dovere qualora entri in contrasto con le proprie convinzioni etiche, morali o religiose. Poniamo un attimo l’aspetto su questo secondo comma: occorre subito notare come la Carta delinei il perimetro entro cui l’obiezione di coscienza possa manifestarsi. Si deve motivare il proprio rifiuto, condizione che prefigura la non possibilità di ricorrere ad esso per qualunque causa. Ma non solo. La Carta, in maniera sottile, ricorre alla parola “possibilità”, che meglio di altre viene incontro nel comprendere i confini di questa libertà. D’altro canto, nel limitarla, al tempo stesso la afferma: si dà quindi per l’individuo la possibilità di un pensiero attivo e consapevole, responsabile, rispetto all’adempimento di un proprio dovere, perché si riconosce che gli effetti di un obbligo istituzionale debbano anch’essi trovare un limite, altrimenti si sconfinerebbe nell’autoritarismo, che non può certo conciliarsi con i principi ispiratori dell’unità europea.

Sempre a partire dal diritto alla libertà di pensiero, sembra inoltre che la Carta si concentri maggiormente sul diritto a cambiare religione o convinzione. Il comma 1 vi è dedicato, perché fa riferimento a questi aspetti della libertà e li contestualizza: “individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti”. Considerando che si tratta di aspetti su cui è possibile reperire studi, ricerche in testi e saggi universitari, qui poniamo l’attenzione sul fatto che, a partire da situazioni che fanno riferimento a scelte individuali, è poi la società europea nel suo insieme a confrontarsi con l’esistenza di tali diritti. Pensiamo al diritto di famiglia su scala europea, già trattato nella newsletter n. 15, e a come oggi ci si trovi a confrontarsi anche in situazioni in cui le scelte in ambito religioso producano effetti giuridici sul proprio contesto familiare. Pensiamo poi al fenomeno migratorio e al contatto sempre più frequente che genera tra persone con convinzioni religiose diverse e all’affermazione di una coesistenza pacifica. A complemento dell’articolo 10 della Carta, troviamo anche l’articolo 9 della CEDU, che fissa in maniera più esplicita i principi che determinano la possibilità di esercitare il diritto a manifestare la propria religione, che “non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui”.

 


 

L’Europa dei diritti

Ci può essere un rapporto tra la libertà di manifestare la propria convinzione religiosa e lo svolgimento di una prestazione lavorativa? Naturalmente sì. Si tratta di un rapporto delicato, peraltro, che riguarda il diritto della persona a poter realizzare la propria personalità. Questa settimana poniamo all’attenzione due sentenze della Corte di Giustizia dell’Ue che hanno fornito interpretazioni in merito all’applicazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

Nel primo caso, si è trattato di fornire chiarimenti in merito alla presente controversia: un datore di lavoro tiene conto del desiderio di un cliente che i servizi di tale datore di lavoro non siano più assicurati da una dipendente che indossa un velo islamico. Questa circostanza può essere considerata come un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa? La risposta della Corte a tale quesito è stata negativa. Clicca qui per leggere il testo integrale della sentenza.

Nel secondo caso, si è dovuto fornire interpretazioni in merito ad una situazione leggermente differente. All’interno di un’azienda privata, una lavoratrice è tenuta a rispettare una regola non scritta in base al quale le è impedito di indossare il velo durante lo svolgimento della sua prestazione, che consiste nel fornire ricevimento e accoglienza alla clientela. Dopo tre anni di servizio, decide di comunicare al datore di lavoro che non intende più rispettare tale regola; viene avvertita che ciò non sarebbe stato tollerato. La dipendente decide comunque di indossare il velo; il comitato aziendale approva quindi una modifica del regolamento interno in forza della quale «è fatto divieto ai dipendenti di indossare sul luogo di lavoro segni visibili delle loro convinzioni politiche, filosofiche o religiose e/o manifestare qualsiasi rituale che ne derivi». Ciò porta, a causa del perdurare del comportamento contrario della dipendente, al suo licenziamento. Si apre un procedimento prima presso la Corte belga, per stabilire se il licenziamento fosse o meno discriminatorio. Si arriva a consultare quindi la CGUE, che in sentenza stabilisce che  “il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale direttiva”, tuttavia può costituire discriminazione indiretta, “qualora venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro da essa previsto comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia, a meno che esso sia oggettivamente giustificato da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti, e che i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare”.

Clicca qui per leggere il testo integrale della sentenza.

 


 

Economia in pillole

Segnaliamo l’approvazione degli aiuti regionali alle aziende, da parte dell’Antitrust europeo; si tratta di un piano del valore di 9 miliardi di aiuti pubblici attraverso le regioni, gli enti locali e le camere di commercio. Sulla Gazzetta Ufficiale di martedì 19 maggio, sono reperibili le norme che traducono il cosiddetto “Temporary Framework”; si tratta del D.L. 19 maggio 2020, n. 34  e, in particolare, i suoi articoli da tener presente sono quelli dal 54 al 63. Gli strumenti previsti per intervenire sono sia in forma di sussidi a fondo perduto, sia di garanzie sui prestiti, sugli interessi legati ai prestiti, sia anche di aiuti diretti ad evitare licenziamenti. Tale sostegno potrà essere utilizzato per attività direttamente connesse all’emergenza, per esempio la produzione di dispositivi medici o la ricerca sul vaccino.

Riteniamo altresì segnalare che si è avuto, il 20 maggio, l’insediamento del nuovo Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi e, naturalmente, ci si è chiesti quale sarà la sua linea e i giornali hanno riportato numerose affermazioni del neo eletto connesse alla notizia. Per sintesi, richiamiamo qui il punto di vista di Bonomi sul ruolo di Confindustria che, ha affermato, «non è né maggioranza, né opposizione, sta sui temi economici e quindi sull’industria, che è un tema di tutto il paese. È qui che non sento nessuno che abbia il piacere di sedersi con me ad un tavolo e confrontarsi». Il neo Presidente ha poi posto l’accento sulle riforme strutturali che sono necessarie all’Italia, nei settori del fisco e della burocrazia. E ha posto all’attenzione tra l’altro un tema di contabilità pubblica, sostenendo che sia necessario un grande piano di rientro dal debito pubblico per l’Italia, sia per attirare investimenti sia perché «Il giorno che la Bce sarà costretta a rallentare i suoi acquisti ci troveremo in grande crisi sui mercati internazionali».

 


 

Consigli di lettura

Considerata l’attualità dell’argomento, questa settimana suggeriamo alla vostra attenzione un testo pubblicato nel luglio 2017, di analisi all’indomani del voto del Regno Unito del 23 giugno 2016. Pubblicato dal giornalista Massimiliano Nespola, - responsabile di questa newsletter - “Dura Brexit, sed Brexit” (Arduino Sacco Editore) è una raccolta di articoli di approfondimento e interviste a docenti universitari e rappresentanti istituzionali, che raccolgono un anno di lavoro. La ricerca inizia nel giugno 2016 e termina a un anno di distanza; in realtà, l’autore ha continuato ad occuparsene anche successivamente. Da subito, si è ravvisato il fatto che si sarebbe aperto uno scenario tortuoso e di non facile risoluzione, che forse si è anche sottovalutato. Come afferma l’autore: “Non sembrava possibile, né saggio, ma il 23 giugno 2016, con una vittoria di misura, il Regno Unito ha scelto l’uscita dall’Unione europea. Per quanto la sua posizione, all’interno dell’Europa, sia sempre stata di riserva, si parla di un grande Stato che viene a mancare nella costruzione dell’agenda europea. Ecco perché si avverte la necessità di capire quali mutamenti si siano verificati all’interno di essa e, soprattutto, con quale effetto sulla collettività”.

 


 

 Agenda della settimana

Monday 25 May

Tuesday 26 May

Wednesday 27 May

Thursday 28 May

Friday 29 May

 

 


                                      

 

 

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18-23 May 2020

 

Monday 18 May

Tuesday 19 May

Wednesday 20 May

Thursday 21 May

 


                                      

 

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Questa settimana, riteniamo interessante proporre la lettura di questo testo, “Il lungo addio – La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti”, per due motivi. Il primo è che, come si può intuire dal titolo, tratta le dinamiche globali contemporanee e lo spostamento dell’asse delle interrelazioni secondo logiche un tempo impensabili. Inoltre, considerato il fatto che pone all’attenzione l’unilateralismo della politica americana di Trump, sarà interessante monitorare le evoluzioni che ci saranno da qui a quando, nei prossimi mesi, la campagna elettorale statunitense entrerà – compatibilmente con l’emergenza coronavirus – nella sua fase più calda.

Questo testo, da un lato, disegna un’Europa costretta a stringere rapporti d’interesse con Russia e Cina e dall'altro si sofferma su un nuovo bipolarismo tra USA e Cina, riscontrabile specialmente nel settore delle nuove tecnologie, in cui si assiste oggi ad un'aspra competizione.

 

 

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Ci troviamo in un momento cruciale per il futuro. Si tenta al contempo di uscire dall’emergenza e di disegnare una prospettiva e le politiche economiche rappresentano una priorità. Un primo segnale positivo deriva dal voto a larga maggioranza sulla risoluzione presentata in sessione plenaria, per un intervento economico adeguato, il recovery fund di 2mila miliardi di cui abbiamo già parlato nell’editoriale. Le numerose iniziative messe in atto dalle istituzioni europee per soccorrere gli Stati potranno ovviare al disagio di questi mesi, nell’attesa di una rapida soluzione del problema coronavirus, grazie all’individuazione di un vaccino. Ma si naviga a vista in uno scenario in cui non mancano né proposte, né ostacoli, individuabili riportando tre punti di vista autorevoli. In primo luogo, il Presidente dell’Eurogruppo Mário Centeno, al termine della riunione dei ministri dell’economia di venerdì, ha teso a sottolineare che gli interventi attuati in questi mesi rappresentano “misure di emergenza” e che “abbiamo bisogno di qualcosa di più, per velocizzare la ripresa economica e assicurare una crescita comune e non separatamente” [...]. “Sento un ampio consenso sull'uso della ripresa come opportunità per accelerare la modernizzazione delle nostre economie, in Italia in particolare, la transizione verso un'economia verde e digitale. Anche le politiche per riavviare il mercato unico e preservare l'integrità delle catene di approvvigionamento, che dimostrano l'interdipendenza delle nostre economie, rappresentano una priorità”. In merito al recovery fund, segnaliamo poi una proposta originale formulate dal Presidente della Open Society Foundations, George Soros, che, intervistato sul “Sole 24 Ore” di questa domenica, sostiene che per attuare le sue politiche di intervento sull’economia, la BCE dovrebbe optare per “l’emissione di bond perpetui […] anche se ora penso che andrebbero chiamati consols (titoli consolidati) perché è con questo nome che le obbligazioni perpetue sono state utilizzate con successo dalla Gran Bretagna a partire dal 1751 e dagli Stati Uniti dagli anni settanta del  1800. I bond perpetui sono stati confusi con i “coronabond”, che il Consiglio europeo ha respinto – e a ragion veduta poiché implicano una mutualizzazione del debito accumulato che gli stati membri non sono disposti ad accettare. Tale confusione ha avvelenato il dibattito. Ritengo che la situazione attuale rafforzi la mia proposta relativa ai titoli consolidati. La corte tedesca ha dichiarato che gli interventi della Bce erano legali in quanto rispettavano il requisito di proporzionalità degli acquisti di titoli rispetto alla partecipazione degli stati membri nel capitale della Bce. Ma l’implicazione ovvia era che gli acquisti non proporzionali allo schema di sottoscrizione del capitale potessero essere messi in discussione e considerati ultra vires dalla corte. I bond da me proposti aggirerebbero questo problema poiché verrebbero emessi dall’Ue come entità complessiva, sarebbero automaticamente proporzionali e tali resterebbero. […]  La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dice che l’Europa ha bisogno di circa un trilione di euro per combattere questa pandemia, a cui andrebbe aggiunto un altro trilione di euro per il cambiamento climatico. Se venissero autorizzati dagli Stati membri, i titoli consolidati potrebbero coprire questi importi. Purtroppo, la Germania e gli Stati della “Lega anseatica” guidata da Paesi Bassi sono nettamente contrari.Ma dovrebbero rivedere la loro posizione”. È qui che si riscontra il nocciolo duro del problema attuale, come affermato anche dal Vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, ieri: “In cinque non fanno la popolazione dell’Italia, contano per un decimo di quella dell’Unione europea e un sesto del suo reddito. Eppure sono l’ostacolo più grande nella più grande delle tragedie. Olanda, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia, in ordine di sprezzante intransigenza, sono emerse in queste settimane a Bruxelles come le grandi riduttrici: schierate a colpi di veti per rendere il più piccolo e inutile possibile ciò che va sotto il nome di Recovery Initiative, in realtà un arcipelago di programmi che dovrebbero formare la risposta europea alla più profonda e imprevedibile recessione in tempo di pace. Non solo questi cinque Paesi riescono a contenere e sfilacciare i contorni di questo pacchetto per l’Unione europea che, ormai è chiaro, sarà un bel po’ sotto i mille miliardi. Tornano anche a scucire quanto già tessuto. In questi giorni sono intenti a ridurre il celebrato programma di garanzie per 200 miliardi della Banca europea degli investimenti”. Una situazione superabile, aggiungiamo in conclusione, eliminando in questi casi il potere di veto, che paralizza la possibilità di scelte coraggiose.

 

 

 

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